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scrittrice italiana (1925-2001) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Luce d'Eramo, pseudonimo di Lucette Mangione (1925 – 2001), scrittrice italiana.
Una cosa strana con Zavattini: ascoltandolo si ha l'impressione che rincorra mille spunti, che salti i passaggi e si svii continuamente; la sua pare una conversazione intuitiva, dove ogni concetto ruzzola in primo piano, subito scontrato da un altro che lo scansa, come nel gioco delle bocce.
È stato straordinariamente semplice fuggire.
Nel campo di Dachau appartenevo alla squadra adibita a nettare le condutture di scarico della città di Monaco. Caricati su camionette in plotoni di venti persone con bastoni e spazzoloni, partivamo ogni mattina alla volta della città.
Pulire le fogne è un lavoro più variato di quanto non appaia a prima vista: ci sono diverse gradazioni.
Villa Borghese odorava di muschio umido in quel primo mattino di fine inverno. Carlo Ramati frenò davanti all'ingresso principale del Giardino zoologico e spense il motore. Aveva la bocca secca come ogni volta che gli veniva affidata un'operazione a rischio. "Priorità assoluta. Segretissimo. Comunicare soltanto per filo vivo". Il direttore del servizio era stato tassativo. Non per niente gli aveva dato appuntamento fuori, alle 7 del mattino, al laghetto dei Cigni. "Badi, l'inchiesta è riservatissima", gli aveva ancora ripetuto in pochi minuti.
"Per conto di chi?" aveva chiesto Ramati.
"Oltre oceano" aveva sorriso Defarri.
La scossa lo fece sussultare. Aprì gli occhi. Gente gli si pigiava davanti, un uomo di schiena stava alzando le braccia.
Mise a fuoco il pensiero assieme allo sguardo: era seduto nello scompartimento d'un treno, quelle persone in piedi erano i suoi compagni di viaggio, quell'uomo che adesso tirava giù la valigia era salito con lui, a Francoforte. Subito connetté e all'istantanea vista mentale del corpo senza vita di Gustav ebbe un piccolo brivido. Come aveva potuto addormentarsi, quando?, s'era svegliato solo all'arrivo.
Silvana Lanzi s'accorse d'aver mangiato quasi metà delle sue tagliatelle al ragù, mentre l'uomo che le sedeva di fronte continuava a girare la forchetta nel piatto. S'asciugò la bocca, bevve un sorso di vino e disse col bicchiere in mano: «A quest'ora di sera ho sempre fame».
Bruno Gordini le tese uno sguardo socchiuso: «Prego?».
Silvana si sentì sciocca nel ripetere: «A quest'ora di sera ho sempre fame».
Il marito gesticolava, saltò per primo sul treno, si precipitò nello scompartimento con una gioia chiassosa sul volto pallido e contratto.
«Hai viaggiato bene? Hai riposato almeno? Sono uscito due ore prima dall'ufficio per venire ad accoglierti. Sei stanca, vero?»
La abbracciò (anche i suoi baci muti le rintronarono nel cervello). Chiamò i facchini, rovesciava i bagagli fuori dal finestrino con rapidità incalzante, li contava ad alta voce.
«I bambini?» chiese Cristina.
«In montagna, benissimo. Giusto, i miei genitori ti salutano, ben tornata.»
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