Intervista di Ferran Mateo, it.rbth.com, 11 luglio 2013.
[...] le crisi sono un dono del destino. Soltanto attraverso una crisi l'uomo matura, passa a un altro livello, è come se smettesse un abito che gli è diventato stretto.
L'inconscio collettivo prende forma da una storia millenaria e non penso che 70 anni di regime sovietico abbiano stravolto le cose. Anche il feudalesimo, la servitù della gleba abolita nel 1861 e 300 anni di dominazione tataro-mongola hanno lasciato il segno. Metà dell'aristocrazia russa aveva cognomi tatari. Capisce quindi cosa comporti, quale grado di dipendenza dai conquistatori tatari ci fosse nello Stato russo? Chi può giudicare dove passa il confine tra l'Occidente e l'Oriente nell'anima russa? E cosa si trovi sul fondo dell'insondabile inconscio collettivo?
Condivido l'opinione secondo cui l'intellighenzia russa, nel senso classico del termine, sia finita. Come del resto il proletariato. Ci sono gli intellettuali, ci sono i funzionari e una massa scontenta di chi sta al potere; quest'ultima forse è anche aumentata rispetto ai tempi della società sovietica. I vecchi cliché non funzionano più, oggi non ci sono proposte di cambiamento, solo un'enorme nuvola di vuota demagogia sul pericoloso terreno della rinascita nazionale, dell'idea nazionale e della nostalgia per lo splendore passato. Lo spazio culturale si assottiglia, ma è un processo che notiamo anche in Europa. Lo scrittore ha soltanto un compito degno di rispetto: guardare il mondo che lo circonda e rispecchiarlo secondo le sue possibilità. È quello che faccio.
Nessuno dubitava che l'attuale presidente avrebbe vinto un confronto del tutto fittizio. Non esistono figure che per caratura e profilo politico potessero reggere il confronto col vincitore. L'unico degno antagonista, Boris Nemtsov, è stato ammazzato tre anni fa in pieno centro, sopra un ponte sulla Moscova. Un secondo eventuale pretendente, nonché paladino della lotta alla corruzione — Aleksej Navalnyj — non è stato nemmeno ammesso al confronto.
[Su Vladimir Žirinovskij] [...] il vecchio demagogo può andar bene giusto per divertire l'audience con le sue buffonate.
[Su Grigorij Javlinskij] È un liberale vero e una persona simpatica, ma è sempre e comunque due passi indietro rispetto ai tempi.
Sia come sia, l'attuale presidente si troverà ad affrontare l'ennesimo mandato. Nel totale rispetto delle leggi vigenti e dei principi della democrazia — la nostra, però, che è un po' sui generis, che è una democrazia "sovrana". Del resto da noi — dice lui — è TUTTO sui generis: la democrazia, l'economia, la difesa dai nemici che vogliono fare di noi un sol boccone e altro non aspettano che di calpestare i nostri (non meglio precisati) valori… La domanda sorge spontanea: fra questi valori che posto occupa la libertà?
La prigione è l'apice della non-libertà, della prigione ci si libera spesso solo morendo. E di chi è stato privato della più elementare fra le libertà, la letteratura russa ci ha mostrato le sofferenze indicibili e profonde, sviscerando ogni sfumatura del processo di annientamento e disgregazione dell'individuo in condizioni di non-libertà estrema, di reclusione forzata.
La voce di coloro che invocano "l'uomo forte" e rimpiangono il nostro "glorioso passato" (spesso associandolo a Stalin) si fa sempre più stentorea. I russi sembrano rimpiangere le prigioni, le deportazioni e la "cortina di ferro". La Russia ancora cerca la sua via, una via tutta sua. A doverla indicare sarà il presidente, il "vecchio" che ridiventa nuovo o un eventuale "nuovo" che nuovo sia sul serio. Ma il rischio è di perdere per strada quelle libertà che tanto poco valgono per buona parte dei nostri concittadini. Accendiamo la televisione, ché sono tutti contenti...
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Intervista di Enrico Franceschini, repubblica.it, 2 marzo 2022.
Putin ha parzialmente ragione [sull'Ucraina]. Dal punto di vista storico, uno stato ucraino non è mai esistito. Ma è anche sbagliato affermare che l'Ucraina ha sempre fatto parte della Russia. La Russia è nata dalla cosiddetta Russia di Kiev nell'anno 998. Per cui è sul territorio dell'Ucraina che si è sviluppata la Russia originaria. Ma allora non esisteva uno stato chiamato Ucraina.
[Su Vladimir Putin] A me sembra che il suo sia un modello di comportamento diverso da quello di un monarca o di Stalin. Francamente, non so come si comporti veramente. Il suo stile di vita, le sue abitudini, i suoi gusti, mi sono sconosciuti. In passato ci facevano vedere immagini di Putin che andava a caccia di animali selvatici. E ora abbiamo le sue prestazioni in tivù.
L'intellighenzia russa è in uno stato di profonda depressione. C'è chi firma lettere di protesta, ma ancora non sappiamo che misure prenderanno le autorità contro chi le ha firmate. Lo sapremo presto. L'intellighenzia esiste ancora. Ma respira appena.
Temo di non avere grandi speranze sull'emergere di un nuovo leader. Uno era già emerso, Aleksej Navalnyj, ma è stato eliminato dall'arena politica.
C'è un modo di dire, in Russia come altrove: la storia non si fa con i se. È andata come è andata, e non ha senso immaginare cosa sarebbe accaduto se la Russia avesse seguito un cammino diverso. Altrimenti potremmo chiederci anche cosa sarebbe successo se Lenin, nel treno piombato che lo portava dalla Germania alla Russia prima della rivoluzione bolscevica, si fosse strozzato con una lisca di pesce e fosse morto.