incisore, pittore e architetto francese Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Jean Pierre Louis Laurent Hoüel (1753 – 1813), incisore, pittore e architetto francese.
Se pensiamo che qui è rappresentata soltanto la parte inferiore, che in questo genere di edificio è la parte più stretta, si potrà benissimo immaginare quanto doveva essere esteso, elevato, maestoso ed imponente. [...] non si rischia di sbagliare immaginandolo come uno dei monumenti più straordinari che siano stati mai costruiti. [a proposito dell'anfiteatro romano di Siracusa] (da L'Anfiteatro romano; citato in www.galleriaroma.it)
Mirabella, nato a Siracusa e autore di una storia della città, c'informa che questa grotta, chiamata Orecchio di Dionisio, in origine era una cava come le altre designata con il nome di Piscidina. Ci racconta che vi si rinchiudevano prigionieri importanti durante il regno di Dionisio e che il carceriere mettendosi in un certo punto del cunicolo, a loro insaputa, riusciva ad ascoltarne i discorsi anche se parlavano a voce bassa, per l'effetto straordinario di un'eco prodotta dalla forma della grotta. Una volta al corrente dei loro segreti, li riferiva a Dionisio. Questo è quanto si racconta, ma anche la forma appuntita della grotta, forse, ha contribuito a darle il nome di orecchio da cui poi è nata la leggenda. Fuori, all'imboccatura del cunicolo, doveva essere! una scala che conduceva al di sopra della rupe, dove si trovavano le costruzioni che completavano gli alloggi della prigione, di cui la grotta era la segreta. In questo Orecchio o Piscidina, il tiranno Dionisio rinchiuse il filosofo Filosseno, verso cui aveva mostrato tanta amicizia, perché non aveva lodato i suoi versi. (da Veduta esterna della grotta chiamata Orecchio di Dionisio; citato in www.galleriaroma.it)
All'inizio della Cava [Cava d'Ispica] si eleva un piccolo rilievo che contiene la più grande grotta sepolcrale della Sicilia: essa è lunga 23 tese [...]; è composta di tre navate parallele: quella centrale è la più lunga; quelle laterali hanno delle piccole grotte, tutte più o meno piene di loculi. Io ne ho contati 450; sono disposti in tutti i sensi, di ogni grandezza e per ogni età... Queste tre navate hanno un solo ingresso.[1]
C'è nei pressi di Spaccaforno un'isola di roccia tutta circondata d'acqua: la facilità di difenderne l'accesso, l'ha resa abitabile fin dai tempi più antichi. Una colonia greca vi si è stabilita. Adesso vi sono visibili solo grotte: alcune adibite ad ospitarvi i vivi, altre i morti. Una scala scavata all'interno della roccia, per scendere dall'alto fino in basso, al fine di attingere l'acqua senza essere visti e senza correre alcun pericolo, fa supporre, per la sua bellezza, che gli abitanti di questa rocca conoscessero le arti e le sapessero usare. Questa scala è veramente ben fatta: non mi è stato possibile discendere fino in fondo, perché è riempita di massi...[2]
La Sicilia, che gli antichi poeti hanno cantato come terra del mito perché offriva accanto ai grandi fenomeni naturali le prime testimonianze delle arti, è uno dei paesi d'Europa più interessanti, più degni di essere descritti nei particolari. (p. 17)
Di tutte le isole del Mediterraneo la Sicilia è la più grande, la più fertile, la più popolata. Situata alla punta estrema dell'Italia, verso occidente, forma un braccio di mare che si chiama Stretto di Messina, largo, nella parte settentrionale, non più di tre quarti di lega; proprio in questo canale ci sono i famosi promontori di Cariddi e di Scilla: Cariddi vicino al porto di Messina, Scilla sulla penisola. La Sicilia è triangolare; la sua parte più ampia è di circa sessantasei leghe. È divisa in tre «valli», termine che significa «provincia». Queste valli hanno avuto nome dalle città che sono o che sono state loro capoluoghi: il vallo di Mazzara [Mazara] a sud, il vallo di Noto al Oriente e il vallo di Emonè [Demone] a nord. (p. 19)
Non vi è paese che più sia stato provato da rivolgimenti politici. I Fenici furono i primi stranieri che dominarono in Sicilia, vi fondarono delle colonie; i Greci vi si stabilirono poco tempo dopo l'assedio di Troia, i Cartaginesi ne contesero il dominio ai Greci per molti secoli; i Romani cacciarono i Cartaginesi e riunirono tutti i diversi governi dell'isola sotto il loro potere unico e assoluto. Durante il periodo della decadenza dell'Impero, i Vandali la saccheggiarono e l'asservirono; Bellisario la fece tornare per breve tempo sotto la dominazione degli Imperatori di Costantinopoli. Presto essa divenne preda dei Saraceni; i Normanni la tolsero a questi e vi fondarono un regno che acquisì forza e qualche splendore. Ma gli Svevi dovevano a loro volta regnarvi per lasciare il posto ai Francesi; questi vi perirono nel famoso massacro conosciuto con il nome di «Vespri Siciliani». Gli Aragonesi vi furono accolti come signori, e da quest'ultima rivolta, la Sicilia è sotto il dominio del ramo di Spagna che regna a Napoli. E fra tutti questi mutamenti mai si ravvisa un'epoca in cui il popolo siciliano abbia avuto soltanto l'idea di governarsi da solo; sembra che tutti i popoli abbiano il diritto di governarsi da soli; e invece pare che tutti i popoli abbiano il diritto di governare questo bel paese tranne quello che lo abita. E tuttavia questo popolo, degradato dalla costante schiavitù, ha un carattere tutto proprio, che lo ha spesso reso temibile ai suoi dominatori, che lo ha spinto a grandi eccessi e che lo ha talvolta reso degno della genialità delle arti che altri gli avevano fatto conoscere. (p. 20)
Dovevo rivolgermi ad un farmacista, don Melchiorre Oliveri; mi ricevette con molta cordialità, e mi fece ospitare nel convento degli Agostiniani procurandomi tutto ciò che mi occorreva. Mi servii di un'altra lettera di raccomandazione per don Antonio Delione che l'indomani mi usò gentilezza, abituale in Sicilia nei confronti degli stranieri, quella cioè di far loro dei doni; mi regalò del vino eccellente, frutta e biscotti. Simili cortesie le ebbi da molte persone. Acquisivano così il diritto di farmi frequenti visite e di condurre tutti i loro conoscenti per vedere le opere alle quali lavoravo. I Siciliani, in genere, sono molto curiosi e non temono di essere importuni. Con tale disposizione a veder tutto, questo popolo dovrebbe essere sapientissimo. (p. 24)
Dovevo recarmi a Selinunte: presi informazioni necessarie su tutto quanto concerne questa città fiorente un tempo e oggi completamente in rovina. Se ne scorgono facilmente i resti a sud di Castel Vetrano. Me li fecero osservare dai confini di una ricca campagna coperta di colture di ogni genere e soprattutto di alberi da frutta, che affascinavano lo sguardo per la varietà delle forme e dei colori. Il mare chiude maestosamente la prospettiva. Sulla riva si sgorgono le colonne di un tempio, il più grande dell'antica Selinunte, che dominano tutto ciò che circonda. La gente del paese le chiama Pilieri giganti, le colonne dei giganti, per la loro smisurata grandezza. (p. 25)
Ecco due giovani contadine su dei covoni di grano che sembrano muoversi e venirmi incontro. I fasci erano ammucchiati su una carretta senza ruote o meglio su una treggia, mezzo di trasporto assai più semplice e antico, abbastanza diffuso nelle campagne siciliane, dove il terreno è quanto mai accidentato. Delle fanciulle, una era in piedi, l'altra accanto a lei; due buoi possenti muscolosi, forniti di lunghe corna tiravano il carro; un contadino lo guidava; dei mietitori seguivano a piedi portando in spalla gli arnesi della loro fatica. Le fanciulle cantavano e ridevano, tutti comunicavano gioia; in un momento così bello tutto mi affascinava, mi incantava. La serenità del cielo, la bellezza della campagna, una certa esaltazione della mia fantasia come stregata da un tale spettacolo, mi richiamarono alla mente i tempi in cui nelle campagne era possibile incontrare gli déi. E quelle fanciulle mi parvero per un momento Cerere e Pale, che pastori e mietitori accompagnavano cantando inni alle grazie. (p. 31)
La maggior parte delle città siciliane si fregia di una definizione: Palermo è chiamata Felice. A meritare l'appellativo è stata forse la bellezza della sua posizione. Situata a nord dell'isola, ha due porti volti ad occidente, uno molto grande destinato all'ormeggio delle navi, l'altro in cui si caricano e si scaricano le mercanzie. Un lungomare superbo, rettilineo, lungo un miglio, va da occidente a levante ed è chiamato La Marina. Da un lato lo sguardo si perde nel mare; dall'altro si arresta alle mura adorne di pilastri sormontati da una balaustra dietro cui si intravede una lunga fila di palazzi. L'insieme affascina. Ora il lungomare, che è la più bella passeggiata di Palermo, è arricchito da un giardino pubblico all'estremità orientale, adorno di una fontana sormontata da un colosso di marmo bianco in cui zampilla acqua. (p. 42)
Viali alberati abbelliscono la periferia di Palermo. La città ha le porte principali volte verso i quattro punti cardinali e poste all'estremità di due larghe strade perfettamente rettilinee, che si incrociano ad angolo retto al centro dell'abitato. La più frequentata si chiama Cassero; inizia alla fine del lungomare, dalla porta di settentrione, e termina alla Porta Nuova, dove ha inizio la strada per Monreale. A chi entra per la Porta Nuova si apre dinanzi una grande piazza sulla quale insieme a vasti monasteri, sorgono l'Arcivescovado e la residenza del Viceré. Di fronte si eleva la statua di Filippo IV, su di un piedistallo riccamente adorno di figure e fregi, tutto in marmo bianco. Palermo è piena di monumenti pubblici, chiese, monasteri, palazzi, fontane, statue, colonne: non tutti sono belli né tutti sono stati costruiti nei secoli in cui si ebbe il gusto del bello; ma tutto dimostra che questo popolo ha amore per l'arte e possiede il genio della decorazione. (p. 42)
Le acque sorgive sono molto abbondanti. Non c'è quartiere di Palermo che non sia adorno di fontane, la maggior parte di marmo, tutte abbellite di sculture e ricche di gran quantità d'acqua. Così la posizione della città è splendida: lo spettacolo del mare, delle colline, delle montagne con effetti deliziosi e pittoreschi rende questo luogo il più idoneo a risvegliare e a coltivare vocazioni artistiche. (p. 43)
Si intuisce che Palermo, libera dell'Inquisizione, che il Marchese Caracciolo ha appena abolita, e da altri ostacoli che non dovrebbero resistere a lungo, diverrà una delle più belle città del mondo e l'isola, di cui essa è capitale, coltivata come un giardino, potrà considerarsi il soggiorno più delizioso della terra. Nulla le ha negato la natura; e perciò nei bei tempi antichi, quando il suo popolo ha potuto manifestare il genio di cui era ricco, sono stati creati tanti monumenti celebri. (p. 43)
↑ Citato in La Larderia, Associazione Cava d'Ispica.
Jean-Pierre-Laurent Houel, Il viaggio in Sicilia (Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari, où l'on traite des Antiquités qui s'y trouvent encore; des principaux Phénomèn que la Nature y offre; du Costume des Habitans, & de quelques usages), Edizioni di storia e studi sociali, 2013.