teologo e cardinale francese Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Jean Daniélou (1905 – 1974), teologo e cardinale francese.
Chiese la grazia, Maria, perché la grazia è la sola cosa di cui noi abbiamo bisogno.
Ciò che muore nel cuore di Maria, la sera della Passione, è questo amore ancora lontano, ancora carnale per il Cristo particolare; ciò che risuscita nel cuore di Maria nel giorno della Resurrezione è la sua maternità universale verso tutti gli uomini.
Gli uomini di oggi si sentono cittadini d'un mondo immenso: noi possiamo affermare che il cristianesimo è un mondo ancora più immenso.
L'abisso esistente tra Antico e Nuovo Testamento è l'abisso che esiste tra l'annunzio di una qualche cosa e la realtà della cosa stessa.
La fede in un senso della storia, questo profondo credere che attraverso tutte le rivoluzioni, tutti i drammi nostri, vi è qualche cosa in maturazione, qualche cosa che si forma e cammina in direzione del bene, è visione di carattere essenzialmente cristiano.
La missione di Maria nel piano di Dio è, tra gli aspetti della Incarnazione, uno dei più sconcertanti per la ragione umana, ed ecco perché i nostri istinti razionalistici cercano di dimenticarlo.
Lei [Maria] è mediatrice di tutte le grazie avendo per missione, finché durerà il mondo, quella di formare il Cristo nelle anime, è proprio ed eminentemente nelle anime di orazione che svolge l'opera sua.
Lontano dalle città, nella solitudine e nella tranquillità silenziosa delle montagne, Maria appare a occhi di bimbi, come una indicazione di quella pace divina che lo sforzo umano non saprà mai conquistare.
Maria continua a camminare nel mondo, come dicevano i Padri, per essere sempre Colei che prepara la venuta di Gesù.
Bisogna concepire il mondo intero, il mondo visibile, come un insieme di segni coi quali il Verbo «fa segno» agli uomini, indica loro che c'è qualcosa d'altro.
Ci sono pochissimi uomini veramente atei, e che nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a forme deviate, false di religione.
È importante osservare che il cristianesimo non solo è una religione che porta un contributo alla storia, ma che è la sola a concepire le cose in maniera storica nel significato stretto della parola, nel senso cioè che il cristianesimo è la sola religione nella quale la storia ha un valore.
Il cristianesimo è cattolico per definizione, vale a dire che per definizione abbraccia il mondo; ed una spiritualità cristiana che non sia radicalmente orientata all'edificazione del corpo mistico totale non è una spiritualità cattolica.
La differenza tra un profeta e un saggio o un filosofo: questi due ultimi sono uomini che ci rivelano verità eterne, mentre il profeta è un uomo che annuncia un avvenimento futuro.
La disposizione religiosa completa è l'unione del timore e dell'amore.
La prima cosa necessaria è evidentemente d'incarnare il cristianesimo in tutto quanto c'è di buono in quei mondi, nel pensiero dell'India, nel pensiero della Cina, nel pensiero del mondo nero, cosi come s'è incarnato nel mondo romano e nel mondo greco.
Nei santi cristiani si nota il fatto meraviglioso che essi non sono esseri d'una tempra umana eccezionale, sono spesso fragili fanciulli (una S. Teresa di Lisieux e quante altre!) che hanno la nostra stessa umanità, ma che hanno più di noi confidenza in Dio e, appoggiandosi a questa confidenza e niente affatto a se stessi, sono capaci di affrontare tutte le difficoltà della via alla santità.
Non c'è che l'umiltà che apra a Cristo. Fin che manca il riconoscimento della propria insufficienza e l'invocazione conseguente, Cristo non può entrare in un'anima e in un mondo.
Per Cristo e per il cristiano, la grandezza sta in questo, che essendo sensibili alla sofferenza, la si accetta tuttavia per amore, appoggiandosi non solo sulla propria forza – è il secondo aspetto –, ma sulla forza di Dio, con la sicurezza che Dio non può permettere che noi soffriamo o siamo tentati oltre le nostre forze.
Una delle grandi differenze tra il mondo europeo e il mondo orientale consiste nel fatto che nel mondo europeo la spiritualità esiste, ma in giardini chiusi, nei chiostri, presso comunità ristrette; è invece del tutto assente dalla pubblica piazza, non la si incontra per la via.
Dio ha lasciato, in qualche modo, la creazione incompiuta, e compito dell'uomo è di portarla a termine.
Far piacere è spesso il contrario di fare il bene.
I Pastori ed i Magi sono come l'affiorare nel Vangelo di una vena sotterranea, elementare, che non era stata affatto guastata dalla corruzione, e nemmeno abolita dalla rivelazione mosaica. Essa continua a costituire per noi il sacro nella sua forma elementare, che è l'intuizione oscura di una presenza divina nel silenzio della notte, nell'oscurità delle foreste, nell'immensità del deserto, nella luce del genio, nella purezza dell'amore.
Il culto è localizzato in un luogo unico. In realtà, nel piano divino, era quella una tappa necessaria; il grande pericolo era il politeismo: l'unità del santuario era come il segno dell'unicità del Dio.
Il vero modo di trovare Dio, è quindi di staccarsi dall'uomo esteriore, da questa vita straniera nella quale noi ci alieniamo per ritrovare il nostro vero essere, l'immagine di Dio, che è il centro dell'anima.
L'amore vero è inesorabile.
La violenza ferisce, l'ironia punge come spillo, la carità penetra il cuore e lo guarisce.
Le creature sono tante, attendono dall'uomo di venir condotte al proprio fine.
Per passare dall'ignoranza del fanciullo alla vera santità non vi è un modo rapido, è necessario passare attraverso l'umiltà del peccatore.
Jean Daniélou, Il mistero dell'Avvento, Morcelliana, 1953.
Jean Daniélou, Il mistero della salvezza delle nazioni, traduzione dal francese di Domenico Tenderini, Morcelliana, 1954.
Jean Daniélou, Il segno del Tempio, traduzione di Guido Stella, Morcelliana, 1953.