Ifigonia in Culide, tragedia goliardica in tre atti, scritta a Torino nel 1928 da Hertz De Benedetti (1904 – 1989), all'epoca studente di Medicina, poi medico urologo.
atto PRIMO
O popolo bruto, su snuda il banano
non vedi che giunge l'amato sovrano?
Il Sir di Corinto, dal nobile augello
qual mai non fu visto più duro e più bello.
Il sir di Corinto dall'agile pene
terrore e ruina del fragile imene;
il sir di Corinto dal cazzo peloso
del cul rubicondo ognora goloso.
O popolo invitto, in gesta d'amore
s'affermi il Sovrano più caro al tuo cuore.
Rendiamogli omaggio nel modo migliore,
offrendogli il culo delle nostre signore. (Gran Cerimoniere)
- Adesso fuori dai coglioni | per lasciar posto ai Principi e ai Baroni. | Ai Principi e ai Baroni e ad Ifigonia bella | che sospirando brama l'ardor d'una cappella. (Cerimoniere: atto I)
- Nell'arte sovrana di fare i pompini | battiamo le troie di tutti i casini; | la lingua sapiente e l'agile mano | dan gioia e sollievo al duro banano. (Coro delle Vergini: atto I)
- Padre mio, padre mio. | sono presa dal desio. | Ho già un dito che fa male | per l'abuso del ditale; | ho la fica che mi tira | come corda di una lira | sto soffrendo atroci pene | del prurito dell'imene, | nella fica ho persin messo | la manopola del cesso | mi ficcai nella vagina | la più grossa colubrina; | mi son messa dentro il buso | sino il cero di Caruso; | mi piantai nel deretano | cinque dita, e la mano. (Ifigonia: atto I)
- S'avanzi Enter O'Clisma, il Sacerdote, | dal culo più vezzoso delle gote. (Cerimoniere: atto I)
- Sacerdote. Al Sire di Corinto, Signore degli Achei, | auguro cazzi in culo non men di trentasei.
Re. Al Gran Sacerdote, d'ogni rispetto degno | venga dato, in omaggio, un bel cazzo di legno.
Gran sacerdote. La tua proposta, o Sire. mi rende il cuore gaio. | pero', l'avrei più caro di ben temprato acciaio. (atto I)
- Noi siam felici, noi siam contenti, | il re che L'ha duro in tutti i momenti; | seguiamo l'esempio del caro sovrano. | facciamoci forza, pigliamolo in mano! (popolo: atto I)
- Hallah Ben Dur. Superando monte e valle | v'ho portato le mie palle; | e riempio un gran mastello | con il brodo del mio uccello.
Don Peder-Asta. Sarete delusa di tutti sti doni | guardando d'Oriente i gloriosi coglioni: | ho riempito quattro stalle | col sudor delle mie palle!
Uccellone. O fulgida stella, o figlia del Re, | deh guarda il dono portato per te! | Ho riempito una caserma | solamente col mio sperma.
Spiro Kito. Io sono Spiro Kito, | dalle palle di granito. | Ho creato un nuovo lago | col prodotto del mio mago. (atto II)
- Ifigonia. O Principe sapiente, venuto ai miei pie' | da quanto tempo pensi non uso più il bide'?
Don Peder-Asta. Se il fiuto non m'inganna, | o mia adorata fata, | io debbo dirti che | non ti sei mai lavata! (atto II)
- Sono il nobile Uccellone, | sono conte e son barone, | chiavo donne a buon mercato | col mio cazzo fortunato. (Uccellone, atto II)
- Ifigonia. Sai tu dirmi il mistero della sfinge, | la quale prima caca e dopo spinge?
Uccellone Mi riesce, Ifigonia, la tua parola oscura. | Il cazzo già mi suda di pallida paura. (atto II)
- Re. Tu ridi, sconsigliato, davanti al gran travaglio | di far la Mille Miglia col culo pieno d'aglio?!
Uccellone. Mi fate solo pena o poveri coglioni, | che' per riempirmi il culo ne occorron tre vagoni. | Col culo pieno d'aglio, novello errante ebreo; | io freghero' in volata la rossa Alfa Romeo.
Cerimoniere. Sian tosto eseguiti i comandi del Sire, | col cul pieno d'aglio ei deve finire. (atto II)
- Io vengo dal paese dei mandrilli | dove si va nel culo pure ai grilli. (Spiro Kito: atto II)
- Ifigonia. O amato Spiro Kito. Prence e Samurai, | il tempo passa e non mi chiavi mai!
Spiro Kito. Desisti, o Principessa, dal chieder spiegazioni | non vedi che cominci a rompermi i coglioni? (atto III)
- Non godo di dietro a modo di prete. | È noto che il prete modello e perfetto. | privato dell'uso di maschio uccelletto, | se preso da brama di ibrida voglia | qualunque desio nel culo convoglia. (Spiro Kito: atto III)
- Fui vittima innocente di un infame tranello; | il verme divorarti potea cuore non uccello. | Crudele e perverso mi è stato il destino, | scegliendo a consorte per me un culatino. (Ifigonia: atto III)
- Ti sarà dato il trattamento duro | d'esser legata con la fica al muro. | Il popolo sfilerà e tu con l'ano | farai da monumento vespasiano. (Cerimoniere: atto III)
Addio per sempre, Spiro Kito sposo,
mi butto pel dolor nel water closo.
Tu porrai fin, ti prego, alla mia pena,
tirando lentamente la catena. (Ifigonia, atto III)