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Citazioni sulla Fenicia e i fenici.
All'inizio dell'anno 870 a.C., una nazione conosciuta come Fenicia, che gli israeliti chiamavano Libano, celebrava quasi tre secoli di pace. I suoi abitanti potevano ben essere orgogliosi delle proprie imprese: poiché non erano politicamente forti, erano stati costretti a sviluppare una invidiabile capacità di commerciare, unica maniera per garantirsi la sopravvivenza in un mondo devastato da continue guerre. Un'alleanza stipulata intorno all'anno 1000 a.C. con il re Salomone di Israele aveva loro consentito di modernizzare la flotta mercantile e di espandere il commercio. Da allora, la Fenicia non aveva mai smesso di crescere. (Paulo Coelho)
I Fenici mostrarono sempre una tendenza notevolissima ad impossessarsi delle isole; le quali difatti riuscivano sopra modo acconce pel deposito delle derrate e come asilo sicuro per le navi. (Luigi Tommaso Belgrano)
L'intera costa della Sicilia, inoltre, era punteggiata di stazioni fenicie che si attestavano di preferenza sui promontori lambiti dal mare e sugli isolotti prossimi alla riva, punti utili per la rete commerciale fenicia in Sicilia. Ma più tardi, quando a fitte ondate presero a sbarcarvi i Greci da oltre mare, sgomberate quasi tutte le proprie sedi, i Fenici si riservarono Motia, Solunte e Panormo raggruppandosi spalla a spalla con gli Elimi, sulla cui alleanza giuravano completa fiducia. Non solo, ma da quelle località il tragitto dalla Sicilia a Cartagine è il più spedito. Sicché era questa la potenza numerica dei barbari in Sicilia e tale la loro posizione in quella terra. (Tucidide)
La gente nostra manco sapeva che esistevano gli ebrei, un popolo dell'antichità. Ma quando si è trattato di guadagnare qualcosa allora tutti sapevano chi era ebreo. Se mettevano una taglia sui fenici da noi erano capaci di trovarli, pure di seconda mano. (Erri De Luca)
Sono stati i Fenici a inventare il denaro. Ma perché così poco? (Johann Nestroy)
Un brivido ha già còlto | i Fenici abitanti sulle estreme | pendici della Libia, al punto dove | il sole cala e già i Siracusani | reggono al centro il peso delle lance | :con le braccia gravate dagli scudi | di vimine di salice e tra loro | Gerone si arma, simile agli eroi | del tempo antico: sopra l'elmo è l'ombra | :della criniera equina. (Teocrito)
In un giorno imprecisato del 1110 avanti Cristo, a giudicare almeno da quanto ci narrano le fonti scritte, un nucleo di navi fenicie faceva il suo ingresso nella rada di Cadice, situata a circa 4000 chilometri dalla loro città di origine. È questo uno dei primi atti dell'epopea dei fenici, i più abili navigatori del I millennio avanti Cristo, che doveva concludersi tragicamente, in Oriente nel 332 a. C., a opera delle falangi di Alessandro il Macedone e, in Occidente nel 146 a. C, per mano delle legioni di Scipione Emiliano.
Le cause che resero queste popolazioni rivierasche del Libano le più abili del loro tempo sul mare sono da ricercarsi sia nell'esiguità del loro territorio, sia nelle continue scorrerie, nelle devastazioni e nelle gravose imposizioni di tributi che venivano inflitte alle città-stato dai sovrani mesopotamici.
Sempre al fine di scoprire nuove fonti di commercio, i fenici intrapresero viaggi che ancora nel XVI secolo dopo Cristo destavano perplessità e timori nei più arditi naviganti italiani e portoghesi. Si spinsero infatti, verso la fine del VII secolo avanti Cristo, con navi armate dal faraone Necao fino a circumnavigare l'Africa, scendendo lungo il Mar Rosso e risalendo la costa atlantica: il viaggio, a quanto ci narra Erodoto (IV, 42, 2-4), ebbe la durata di tre anni, durante i quali i fenici, per provvedere al proprio nutrimento, scesero a terra e, seminato il grano, attesero il raccolto prima di continuare la navigazione.