Miei cari amici,
Dal momento che volete che io vi scriva le mie impressioni su questo paese, o, a dire il vero, piuttosto che le mie impressioni, le mie idee; – poiché io son qui da parecchi anni, e le mie impressioni si sono attenuate o cancellate, oppure si sono maturate in opinioni ragionate e convinzioni – vi scriverò di tutto liberamente. E siccome voialtri per la massima parte vi siete abituati a considerare solitamente l'Italia del passato, può darsi benissimo che io che, stando qui, mi sono abituato a studiare, a vedere, e, dirò così, a sentire l'Italia del presente, può darsi, ripeto, che io riesca a dirvi delle cose che a voi potranno riuscir nuove.
Citazioni
- Caratteristico del sistema fiscale italiano è il regime degli zuccheri.
Doverte sapere – e questa sarà certamente per voi una curiosa novità – che il fortunato contribuente italiano paga per lo zucchero, fra dazi governativi e dazi comunali, quasi quattro volte il valore della merce stessa.
Qui mi sento interrompere e domandare ad alta voce: «Dazi comunali! Che bestia è questa?» Sì, cari amici, voi non lo sapete e certo non ve l'immaginavate: L'Italia, che ha durato tanti sacrifici e che ha dato al mondo tanti esempi di eroismo per potere costituirsi in unità, tiene tutte le sue città, e la più gran parte dei suoi borghi, rigidamente, ferocemente, inesorabilmente separati l'uno dall'altro: ognuna di queste città, ognuno di questi borghi è circondato da un'impenetrabile fortezza, che si chiama in linguaggio tecnico e volgare «cinta daziaria». (Lettera quarta, pp. 35-36)
- Le tasse sono così alte che nessuno di voi lo vorrà credere; mi basti dire che, fra governo e municipio, a Roma le case pagano in media il trenta per cento del reddito; e siccome la revisione del reddito avviene di rado, così, avverandosi per qualsiasi ragione un ribasso del reddito stesso, la tassa, che rimane invariata, viene ad assorbire il quaranta e anche il cinquanta per cento. (Lettera settima, p. 84)
- Queste ventuna università, grandi e piccole, complete e incomplete, tutte egualmente cospirano alla pubblica rovina: esse sono fabbriche brevettate e monopolistiche di spostati. Da queste officine di diplomi sbucano fuori ogni anno centinaia su centinaia di laureati, i quali hanno poca o nessunissima attitudine alla vita pratica, e non sanno né hanno modo di provvedere al proprio sostentamento, contribuendo all'incremento della pubblica ricchezza. (Lettera decima, pp. 134-135)
- [...] se l'Italia non ha colonie proprie, avrebbe almeno dovuto pensare a organizzare meglio la sua emigrazione, proteggere i suoi emigranti, fare in modo che essi trovino più facilmente lavoro, conservino la loro lingua e si mantengano insomma, per quanto possibile, moralmente e materialmente, nei più stretti rapporti con la patria che hanno dovuto abbandonare. [...]
È doloroso vedere questi poveri contadini sbattuti sulle sponde del nostro Atlantico come fossero balle di carbone: abbandonati da tutti; ignari della lingua, ignari dei luoghi e dei costumi, senza risorse, esposti a tutte le angherie e ai più esosi sfruttamenti che gente cattiva può esercitare sopra di loro. (Lettera dodicesima, pp. 189-190)
- In Italia, invece, noi assistiamo quotidianamente a questo strano spettacolo: la Chiesa, che è mantenuta dal popolo, che vive delle rendite di un patrimonio che è proprietà della Nazione, non solo osteggia apertamente tutti gli ideali della Nazione stessa, ma con tutti i mezzi che ha a sua disposizione conduce una guerra spietata, implacabile e senza tregua, contro la sua unità e contro le sue istituzioni. (Lettera quindicesima, pp. 246-247)
Dopo tutto quello che vi ho detto, credo non avrete difficoltà ad ammettere con me che la famiglia italiana è una di quelle che sono più sane e più saldamente costituite. Da essa scaturiscono le forze migliori, le gioie più pure della vita; su di essa si innalza saldamente la fortezza della patria.