Intervista di Sabina Caligiani su Female World, 22 marzo 2016.
Nel viso è impresso il mio vissuto. Non nascondo i miei anni e mi meraviglio quando la gente mi dice che non devo rivelarli, ancora oggi ho interesse a conoscere, a sapere e ho il piacere di scoprire che ancora imparo.
Bellezza e amore vuol dire interessarsi anche alla vita degli altri. Come per tutti, la mia storia ha avuto anche i suoi drammi, ma ho fatto tesoro del mio vissuto. D'altra parte cos’è la felicità senza la sofferenza che ti insegna?
In fondo c'è sempre una speranza. C'è sempre una nave, al di là del reticolato e io nella vita cerco sempre di prendere quella nave. In noi c'è del cattivo, ma anche del buono e non giudico. È importante non avere pregiudizi, trovare delle qualità nelle persone; devo sempre pensare in positivo per combattere le negatività che ineluttabilmente si presentano nel quotidiano. Mi ha salvato la curiosità e la fantasia, l'esperienza mi ha reso consapevole del valore dell'esistenza umana che solo la bellezza dell'amore sa animare.
Amore non è un possedere, ma un andare verso gli altri in un arricchirsi continuo. Ho sempre dato importanza al rispetto della persona, della sua autonomia, della sua libertà di esprimersi. È un valore che mi è affiorato da quei disagi sofferti. Dalla tragicità di certi fatti emergono sensibilità nuove che ti fanno crescere e ti rendono migliore.
«Sposai Nino dopo essere stata truffata. Le scappatelle? Lo chiamavo Zorro»
Intervista di Emilia Costantini, Corriere della Sera, 29 settembre 2017.
Eravamo fidanzati da tempo e dovevamo sposarci a breve. Avevo già pronto l'abito da sposa, era fissata la chiesa, insomma il matrimonio era imminente. Ma il mio fidanzato di allora, che faceva l'imprenditore, aveva spesso bisogno di soldi e mio padre gliene aveva prestati parecchi. Purtroppo, invece di saldare il debito, si rese irreperibile, una truffa vera e propria. E pensare che mia madre mi diceva che Pasquale non era giusto per me, lei se lo sentiva, però non voleva imporsi sui miei sentimenti, io ne ero innamorata, lui era un tipo fascinoso, intelligente, intraprendente... Poi scoprimmo che non solo aveva debiti con la mia famiglia, ma con molta altra gente.
Rosy [direttrice della maison di Roberto Capucci, moglie dell'attore Gianni Bonagura che lavorava a teatro con Nino Manfredi], sapendo il fattaccio che mi era accaduto con il precedente fidanzato, si era letteralmente fissata a trovarmi un marito e si era messa in testa che Nino ed io eravamo fatti l'uno per l'altra. Si inventò un tranello: disse a lui che io volevo conoscerlo, e disse a me il contrario.
Ci sposammo il 14 luglio 1955 nella chiesetta di San Giovanni a Porta Latina. Una cerimonia semplice, ma avevo l'abito appositamente disegnato da Capucci, con un sacerdote molto divertente che oltretutto era inglese, quindi storpiava l'italiano, sbagliava tutti i nomi: a Nino lo chiamò Saturnaino, ovvero Saturnino, e tutti giù a ridere, tanto che uno dei nostri ospiti, il grande regista teatrale Remigio Paone, commentò a voce alta "non vi preoccupate per la dizione, poi lo facciamo doppiare!".
[Sulla figlia di Nino Manfredi nata da un rapporto extraconiugale] La donna in questione era una bulgara, che diceva di essere attrice ma non era vero, lo tempestava di lettere ammirate, poi di telefonate, voleva assolutamente conoscerlo e lui... in una notte di "follia" trascorsa a Sofia per lavoro, ha fatto centro: lo soprannominai Zorro. E ha dovuto riconoscere la figlia, ma è toccato a me l'ingrato compito di andare in Bulgaria ad affrontare la situazione. In seguito, la ragazza ha reclamato la sua parte di eredità.
Persino quando si trovava in ospedale! Un giorno si presentò una giovane infermiera, era molto bella: Nino le sorrise e le mandò un bacio. Ma io non ci rimasi male, anzi, significava che in lui pulsava ancora la vita. Sì, ho avuto la fortuna di avere un uomo come lui.
Con l'avanzare dell'età papà era depresso, cala il testosterone e gli uomini entrano in crisi. Era legatissimo alla famiglia ma è stato un tombeur de femmes, aveva avuto problemi ai polmoni e fumava, forse col sesso esorcizzava la morte. Ogni tanto mamma lo cacciava: dal piano terra lui veniva su, in questo appartamento. Poi facevano pace, sono rimasti insieme tutta la vita. Mia madre Erminia è una donna straordinaria, la vera artista di casa: pensi che portava i nipoti in giro per il quartiere a dipingere i cassonetti con le bombolette argentate. 'Così diventano più belli', diceva. (Roberta Manfredi)