210° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1458 al 1464 Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Pio II, al secolo Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini (1405 – 1464), papa della Chiesa cattolica, scrittore e drammaturgo italiano.
E tu, Mantova, sarai esaltata. Così a Dio piacque; e i voleri divini non posson restare incompiuti. Virgilio mantovano cantò Enea troiano; Enea senese dette ricchezza alla patria di Virgilio.
Et tu, Mantua, exaltaberis. Ita Deo placitum, nec falli numina possunt. Virgilius mantuanus Aeneam troianum cecinit; Aeneas senensis Virgilii patriam ditavit.[1])
[Vedendo il castello dall'alto di Monte Cavo]Marino che è stata la villa dei Marii, castello della famiglia Colonna.[2]
Marinum quod Marianum villam, Columnensium familiae oppidum..
Lingua potens, et mundioris vitae opinione clarus.[3]
Nessun ferro più della spada è adatto a scavare oro.[4]
Non è cosa ridicola, che tu voglia il papa povero, e i tuoi arcivescovi di Magonza, di Colonia e di Treviri nuotanti nella ricchezza?[5]
Quanto da più lungo tempo son privo del soavissimo cielo di Ausonia, tanto più desidero vedere il suolo natio, ed ivi vivere, ed ivi morire.[6]
Quando vedi una donna, pensa che sia un demonio, che sia una sorta d'inferno.[7]
Avete mai visto, per un boccone, litigare tra loro i polli in gabbia | ai quali avete già deciso di tirare domani il collo? | Così gli uomini litigano tra di loro per il potere, | e nemmeno sanno per quanto tempo potranno conservarlo. (IV)[8]
Archimede: Piccola cosa è il piacere nel corso della vita umana: lunghissimi invece i fastidi. (Scena 13)
Archimede: Al piacere si accompagna sempre il dolore. E com'è delle cose di questo mondo, nulla ci è dato di eterno. (Scena 13)
Archimede: È sciocco angustiarsi per dei crucci inutili. Lo vedi, quelle ubriaconcelle, come tracannano? Loro sì che han giudizio! Anch'io preferisco aver giudizio con loro, che comportarmi da sciocco insieme a quegli amici. Come son fortunato! Credevo di andare a letto con una sola, invece ci andrò con tre! (Scena 13)
Cantara: Chi sta in guardia per non farsi imbrogliare, stenta a guardarsi anche quando fa buona guardia; spesso infatti chi si guarda finisce in trappola proprio quando crede d'aver fatto buona guardia. (Scena 14)
Cantara: Ai poveri è proibito fare all'amore! (Scena 14)
[Su Genova] Desidererei che tu fossi ora con me: potresti infatti ammirare una città, di cui non c'è uguale in tutto il mondo. È posta su di una collina, che sovrastano monti assai impervi a nord, mentre a sud è bagnata dal mare. Qui il porto si incurva ad arco e, perché la furia del mare non danneggi le navi, lo protegge un molo che si dice sarebbe costato poco di più se fosse fatto d'argento: tanta è infatti lì la profondità del mare. (p. 113)
Lì non c'è nessuna casa alta e bella che per il decoro e per l'eleganza non possa convenire a re o a principi: tutte sono regalmente maestose ed assai elevate e distano poco le une dalle altre [...] (p. 113)
[...] i genovesi sono uomini onesti, di alta statura, di portamento maestoso, ma sembrano e sono superbi; sono molto ingegnosi, non inferiori a nessuno per magnanimità, temprati alle fatiche, alle veglie ed alla fame. È incredibile a dirsi quali imprese compiano sul mare, a quali pericoli si oppongano, quali avversità affrontino [...] (p. 113)
[Sui genovesi] [...] se in una battaglia navale vuoi servirti dei loro consigli o delle loro forze, da loro dipende ogni vittoria sul mare: sarai vincitore, quando lo vogliono; quando non sono d'accordo, non ti rimane alcuna speranza di vittoria: infatti comandano sul mare e sono per tutti temibili. (pp. 113-115)
[Sui genovesi] Poco amanti del sapere, studiano la grammatica limitatamente al necessario e stimano poco gli altri studi: quando sentono odore di commercio, si fanno tutti avanti. (p. 115)
È cosa strana il fatto che, mentre tutti sono attratti dalle mogli altrui ed intrecciano con queste relazioni, non sospettano nulla di disonesto nelle proprie, per cui in questa città grande è la libertà delle donne; perciò se qualcuno chiama Genova paradiso delle donne, cadrebbe meno in errore che chiamandola diversamente, se non luogo piacevolissimo, nel quale gli abitanti non mancano di alcun genere di piacere e di ogni tipo di donna: perciò Genova è il paradiso di ogni delizia, dove nulla manca ai piaceri femminili. (p. 115)
[Sulle donne genovesi] Senti dunque i loro costumi, su cui è molto più facile iniziare che finire: sono formose, le nostre però più delicate; si ammirano perché sono alte e di carnagione non troppo chiara; vestono abiti suntuosi ornati d'oro, d'argento e di pietre preziose: le loro dita sono gravate da smeraldi e da diamanti, quanti ne produce l'India e la Persia; per il lusso non risparmiano nessuna spesa. Non fanno nulla in casa, non amano né l'ago, né la conocchia: infatti ciascuna casa possiede molte serve che si dedicano alla conocchia ed alla cucina. [...] In verità ripensando attentamente a questa città, mi convinco sempre più che, se Venere vivesse in questi tempi, non abiterebbe più Cipro, il monte di Citera o il bosco Idalio, ma si stabilirebbe a Genova. Questo è infatti, mi pare, il suo tempio. (p. 115)
[Su Genova] [...] ogni lode sarebbe inferiore ai meriti di questa città perché, se tu volessi esaminare attentamente la sua grandezza e la sua gloria, ti basti questo argomento che, nonostante i Veneziani abbiano impiegato oltre novecento anni nel moltiplicare le loro ricchezze e nel costruire edifici e i Genovesi abbiano, per così dire, occupato quasi lo stesso tempo a dissipare le loro ricchezze ed a distruggere i loro edifici, tuttavia Genova è molto più nobile di Venezia, se vogliamo prendere in considerazione il decoro degli uomini e della città: ma non voglio farmi giudice di danaro. (p. 117)
Mi chiedi una cosa sconveniente alla mia età e ancor più disdicevole alla tua. Non s'addice infatti a me quasi quadragenario di scrivere, e a te quinquagenario di leggere, una storia d'amore. Sono cose che vanno bene per anime giovani, ed esigono un cuore tenero![9]
Il Cusano ed il Piccolomini sono due uomini che, diversi d'ingegno, e d'inclinazioni, si rassomigliano in ciò, che hanno inaugurata quella corrente, in virtù di cui il pensiero tedesco e l'italiano sono venuti in reciproca comunicazione. Per mezzo del Cusano fluiva in Italia la speculazione germanica; e per mezzo del Piccolomini rifluiva in Germania l'Umanesimo. (Francesco Fiorentino)
L'educazione dell'intelletto solevano allora i tedeschi fornire nelle Università italiane; non perché in Germania ne mancassero, avendo Heidelberg una Università fin dal 1300, Vienna dal 1348, Colonia dal 1388, Erfurt dal 1392, e recentemente Lipsia dal 1409: ma in Italia allora erano più in fiore. Enea Silvio narra che un tal Ceanese, monaco francescano, dopo studiato in Padova, era andato a perfezionarsi a Vienna: ma udito ch'ebbe quei maestri, salì la cattedra, ed, invece di apprendere, si mise ad insegnare. (Francesco Fiorentino)
Pio II (1458 – 1464), prima di esser papa, fu Enea Silvio Piccolomini, personaggio dell'Umanesimo gaudente, e dobbiamo immaginarlo con un gruppo di amici, dedito a bagordi, cene, banchetti e gozzoviglie, che lo portarono a lapidare in poco tempo 200.000 fiorini, una somma pari a 10 milioni di euro di oggi. Di quella golosità, e lussuria, al papa resta solo la voglia insaziabile di cacio pecorino, che peraltro si fa arrivare a Roma direttamente dai suoi pastori nel Senese. E lo gusta ovviamente con fave, noci e pere, innaffiato dal vino Chianti. (Claudio Rendina)
Quel che è certo è che, tenendo conto delle tappe della carriera di Enea (carriera umana, prima ancora che politica ed ecclesiastica), tenendo conto della vastità straordinaria dei suoi orizzonti e delle sue esperienze, si può arrivare ad avere una visione più piena e profonda anche della tutt'altro che pacifica e tranquilla sintesi finale, la sintesi degli anni di pontificato. Insomma: bisogna rassegnarsi a respingere l'invito rivolto dal Piccolomini nell'atto di ascendere al papato. Per capire bene Pio non bisogna mai dimenticarsi di Enea. (Remo Ceserani)
↑ Da Commentarii, II, 2. Citato in Rodolfo Signorini, "La più bella camera del mondo" I, La Reggia, Anno XXIII, N. 1 (87), marzo 2014, p. 5.
Enea Silvio Piccolomini, Descrizione di Genova, del marzo 1432, estratto da Der Briefwechsel des Eneas Silvius Piccolomini, a cura di R. Wolkan, Fontes rerum austriacarum, LXI, 1909, lett. 6, pp. 7-10; citato in Giovanna Petti Balbi, Genova medievale vista dai contemporanei, Sagep Editrice, Genova, 1978, pp. 112-119