Là ci darem la mano, | Là mi dirai di sì. | Vedi, non è lontano; | Partiam, ben mio, da qui. (atto I, scena IX)
Ah! la mia lista | Doman mattina | D'una decina | Devi aumentar! (atto I, scena XV)
È tutto amore! | Chi a una sola è fedele, | verso l'altre è crudele | io che in me sento | sì esteso sentimento, | vo' bene a tutte quante. | Le donne poiché calcolar non sanno, | il mio buon natural chiamano inganno. (atto II, scena I)
Vivan le femmine, | Viva il buon vino! | Sostegno e gloria | d'umanità! (atto II, scena XVIII)
Non è affatto per mancanza di amore che Don Giovanni va da una donna all'altra. È ridicolo rappresentarlo come un visionario in cerca dell'amore totale. Ma è proprio perché egli ama le donne con eguale trasporto e ogni volta con tutto se stesso, che deve sempre rinnovare questo dono e questo approfondimento. (Albert Camus)
Per Dongiovanni l'avventura va oltre le galere umane: lui sfida Dio. Esemplare in tal senso assai più della spregiudicata fantasia erotica è l'invenzione di Molière sull'incontro del seduttore con il mendicante: Dongiovanni offre allo sventurato una moneta d'oro e gli chiede in cambio di bestemmiare. Quel povero disgraziato, lacero e tormentato dalla fame, pur non avendo avuto che maltrattamenti dalla sorte, rifiuta di inveire contro Dio temendo di dannarsi l'anima. Dongiovanni, che l'anima se la gioca ogni giorno, lo deride. (Franco Cuomo)
Quando un personaggio genera un nome comune, ha infranto la barriera dell'immortalità ed è entrato nel mito: si è un Calimero, come si è un Don Giovanni, un Casanova, un Don Chisciotte, una Cenerentola. (Umberto Eco)
Quello che mi fa credere i Werther più felici, è che Don Giovanni riduce l'amore a essere soltanto un affare ordinario, invece di avere come Werther delle realtà che si modellano sui suoi desideri, ha dei desideri soddisfatti imperfettamente dalla fredda realtà, come nell'ambizione, l'avarizia e le altre passioni. Invece di perdersi nei sogni incantatori della cristallizzazione, egli pensa come un generale al successo delle sue manovre, e in una parola uccide l'amore invece di goderne più di un altro come crede la gente comune. (Stendhal)
Fellon, nido d'inganni! (Donna Elvira: atto I, scena V)
Delle belle che amò il padron mio; | un catalogo egli è che ho fatt'io; | Osservate, leggete con me. | In Italia seicento e quaranta; | In Almagna duecento e trentuna; | Cento in Francia, in Turchia novantuna; | Ma in Ispagna son già mille e tre. [...] Purché porti la gonnella, | Voi sapete quel che fa. (Leporello: atto I, scena V)
Resti dunque quel birbon Con Proserpina e Pluton. E noi tutti, o buona gente, Ripetiam allegramente L'antichissima canzon.