Chiara Conti (1973 – vivente), attrice italiana.
Intervista di Monica Bogliardi, grazia.it, 10 agosto 2017.
- Quattro anni fa, alloggiavo in un famoso hotel milanese. Rientrando dopo una cena di lavoro mi sono trovata in ascensore con un ragazzo giovane: erano circa le 22,30. Anche lui andava, guarda caso, al terzo piano, ma mentre stavo per aprire la porta della mia stanza mi ha dato un forte colpo alla testa, sono caduta, lui ha chiuso la porta e abbiamo iniziato a lottare. Continuava a gridarmi: "Stai zitta", e intanto tentava di spogliarmi. Le reazioni alla violenza sono soggettive. A me è uscita la voce per gridare e la forza fisica per reagire. Tutte le strategie del krav maga, la disciplina di difesa personale usata in Israele, che avevo imparato molto tempo prima, mi sono tornate in mente. Non avevo chiavi o tacchi a spillo da usare come armi: mi sono aiutata con morsi, graffi, calci. E dita negli occhi. Solo dopo 20 minuti di lotta e urla ho capito che le camere erano insonorizzate. Ero perduta. E allora ho provato a guadagnare il letto per afferrare il telefono. Lui è riuscito a far volare la cornetta, ma ormai la chiamata alla reception era partita. Tre persone dell’hotel sono arrivate subito, ma hanno dovuto suonare il campanello perché il mio assalitore aveva premuto il pulsante "non disturbare" prima di buttarmi nella stanza.
- [Che cosa gli è successo, poi?] Un anno dopo c’è stato il processo. Gli hanno dato cinque anni. Nonostante sia riuscita per miracolo a non essere violentata, ho dovuto andare in psicoterapia per un anno e mezzo.
- [A proposito di uomini, donne e pari opportunità: perché in Italia le attrici non si battono più di tanto contro la diversità di stipendi tra loro e i colleghi?] Da noi si ha forse più paura di esporsi, dare fastidio a chi ha potere e dà lavoro. Eppure il peso della diversità di opportunità si sente: le donne fanno più fatica a farsi valere. E se sbatti la porta in faccia a un regista, o un produttore, che ti offre un cachet basso, temi che arrivi un’attrice giovane che accetta tutto pur d'iniziare a lavorare. La crisi ha accentuato questo meccanismo.
- [Per la carenza di ruoli forti, dopo i 40 anni, le attrici americane stanno facendo grandi lotte.] E sono battaglie giuste. Il cinema dovrebbe avere più ruoli per le donne. Ma non è dappertutto così. Trovo esasperato il culto della gioventù che circonda le donne americane, e che in Italia per fortuna si sente un po' meno.