nobildonna fiorentina, ispiratrice di Dante Alighieri Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Beatrice Portinari, detta Bice (1266 circa – 1290), donna idealizzata da Dante nel personaggio di Beatrice
Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia. (Dante Alighieri)
Quando pensiamo alle donne di Dante, il primo nome che si affaccia alla nostra mente è quello di Bice Portinari: per il poeta e letterato il nome di gran lunga più rilevante, ma per l'uomo Dante, per la sua vita travagliata, le donne che più hanno contato sono state la sorella Tana e la moglie Gemma. (Marco Santagata)
Sono sempre stata affascinata dalla vicenda amorosa di Dante, sposato a Gemma Donati, ma tutta la vita votato alla misteriosa Beatrice (donna in carne ed ossa e, al contempo, creatura simbolica). (Patrizia Tamà)
Entra Beatrice nel sacro Poema, sotto i due aspetti di donna e di simbolo. Come donna, è anche più umana, più disinvolta, più amante che nella Vita Nuova. Confessa a Virgilio, col lacrimare degli occhi belli e colla parola franca, l'amore contenuto vivendo nel castissimo petto. Appena Dante la rivede, e cerca nel viso di lei le note postille della terrena giovinezza, ella regalmente sdegnosa lo rimprovera delle sue infedeltà e della sua lunga resistenza alle ispirazioni, con cui avea tentato richiamarlo a virtù.
L'alta idealità che rifulge in Beatrice, non è negazione della persona sua vera. Idealità è splendore, col quale si manifesta all'amante e all'artista ogni cosa bella, nella vita della natura e dello spirito. È accrescimento di bellezza, fantasticamente intuita, alla bellezza reale. Prorompe come luce e calore, nell'accendersi della passione e del canto.
Ma di Beatrice nostra, mi chiederete voi, come l'Alighieri al monaco di Chiaravalle: Ed Ella ov'è? Che vestigio rimane di lei nell'arte e nella vita? Molto raro, a me sembra; poich'ella segue in parte la sorte del suo Poeta che non ebbe imitatori. E nondimeno la sua eterea figura fu per poco fissata in tavole e affreschi dall'arte che prenunziò Raffaello. Apparve modellata con amabile e pietosa gracilità negli angeli di Mino da Fiesole, d'Agostino Ducci fiorentino, e di Luca Della Robbia. Biancheggia in qualche tipo divinamente femmineo del Duprè. Quando batte la luna sui nuovi marmi di S. Maria del Fiore, forse Beatrice fuggevolmente riluce nel viso, pieno di Dio, di qualche effigiato serafino. Dovunque la bellezza si fa maestra d'affetti alti, e ispiratrice d'opere leggiadre, ivi sorride e passa l'invisibile Beatrice.