Intervista di Daniele Bellocchio, Insideover.com, 2 agosto 2013
Noi non abbiamo prove dirette della presenza di combattenti dell'Isis tra i ranghi azeri, ma sappiamo da nostre fonti confidenziali che ci sono soldati azeri nel Daesh. E poi, da parte di soldati azeri, sono state commesse delle brutalità simili in tutto e per tutto a quelle compiute dai mujaheddin in Siria e Iraq. In ogni caso, questa non è, e non sarà mai, una guerra di religione. Questa sarà sempre la guerra di un popolo che combatte per il riconoscimento della sua terra e dei suoi diritti.
Prima di parlare di un contingente di pace occorre che avvenga una cosa: che l'Azerbaijan riconosca il nostro diritto all'autodeterminazione. Senza questo riconoscimento non ha logica parlare di truppe di interposizione.
Noi crediamo che nessun Paese del mondo occidentale debba armare l'Azerbaijan. Fornire nuove armi e riempire gli arsenali di Baku non è pericoloso solo per noi e per l'Armenia, ma per tutto il mondo civilizzato.
Se l'Armenia ad oggi non ha riconosciuto il Nagorno Karabak è per cercare di spingere altri Paesi a farlo.
Qua, in Nagorno Karabakh, uno stato esiste, e giorno dopo giorno tutto il popolo dell'Artsakh sta rendendo il suo Paese più forte e democratico.
Ecco, noi oggi in Nagorno Karabakh, abbiamo un solo problema. Difendere la nostra terra. Il nostro Paese ha un piano economico avviato: investe sull'istruzione, sulla sanità, sulla democrazia, abbiamo combattuto molti problemi, ma uno solo permane: la guerra.