E il famoso tanto decantato ponte di Avignone, di pietra, mezzo andato ora nella accorrente primavera del Rodano, con castelli medievali circondati da mura sulle colline all'orizzonte (adesso per i turisti, una volta il castello baronale sostenitore della città).
E poi nei vicoli di pavé di Avignone (città di polvere), vicoli più sporchi dei sobborghi del Messico (come le strade del New England vicine allo scarico dei rifiuti negli anni '30), con scarpe di donne che corrono nei canaletti di scolo insieme a medievali acque di scarico, e lungo tutto il muro di pietra laceri ragazzini giocano in turbini di polvere di maestrale, sufficiente a far lacrimare Van Gogh.
Giovani delinquenti si nascondono nella polvere del pomeriggio domenicale sotto i muri di Avignone fumando cicche proibite, ragazze di tredici anni sorridono stupidamente sui tacchi alti, e per la strada un bambino che gioca nel canale di scarico con lo scheletro di una bambola, battendo sul sedere capovolto come se fosse un tamburo. – Vecchie cattedrali nei vicoli della città, vecchie chiese oramai solo reliquie diroccate.
In nessuna parte del mondo c'è una domenica pomeriggio triste come questa con il maestrale che soffia sulle strade di pavé della povera vecchia Avignone. Quando mi misi a sedere in un caffé sul corso a leggere i giornali, capii il lamento dei poeti francesi sul provincialismo, il triste provincialismo che rese folli Flaubert e Rimbaud e ispirò la musa di Balzac.