Aurelio Garobbio (1905 – 1992), giornalista e scrittore svizzero naturalizzato italiano.
- Per un certo tratto della vita gli anni passano e non contano: sono come i tornanti del sentiero. Ce ne stanno tanti, sembra che alla tregua dell'alpeggio non si debba giungere mai, anche se si è freschi e si procede spediti. Poi di svolte ce ne sono sempre meno, si è stanchi, si va più adagio, si osserva di più intorno, tuttavia gli zig-zag passano via veloci, e così gli anni.
Sul sentiero, chi vuole, può sedersi, asciugare il sudore, riposare: nella vita no... (da Il vitello d'oro, pp. 117-119; in Il meraviglioso, Leggende, fiabe e favole ticinesi, pp. 179-180)
- [Giunto all'alpeggio, un alpigiano scorge sul prato un vitello dal vello splendente d'oro.] Ciò che quella vista significava, l'uomo lo sapeva fin da quando, fanciullo, ascoltava i racconti dei vecchi mentre il sonno sabbioso gli calava sul piano degli occhi. Da ragazzo ai monti e, con l'agosto alle alpi quasi sil filo della costa, aveva sperato di scorgere il vitello d'oro apportatore d'ogni bene, ed ora finalmente, quando il peso degli affanni si era fatto troppo greve e lo stava sommergendo, eccolo lì dinanzi alla sua baita.
Senza far rumore l'uomo si girò e cominciò a ridiscendere verso il paese, evitando di guardare indietro, perché guardando indietro il vitello d'oro sarebbe scomparso riportandosi via la ricchezza..., ed egli avrebbe ritrovato il mucchio di pensieri grigi che si lasciava dietro le spalle. (da Il vitello d'oro, pp. 117-119; in Il meraviglioso, Leggende, fiabe e favole ticinesi, p. 180)
- [Una fata colmerà d'oro i recipienti degli alpigiani, a condizione che neppure una goccia sia rovesciata a terra. Sul tavolo vengono allineate le scodelle.] Una dopo l'altra la donna le riempie: l'oro liquido si travasa senza rumore dal secchio alle ciotole, spandendo nell'aria una luce intensissima.
Un giovanottone aitante, guardando le bianche mani affusolate della fanciulla sente la voglia di toccarle ma non osa perché non è solo. Che gli importa dell'oro? La ragazza gli piace e, superata l'emozione della sorpresa, la segue con gli occhi in ogni movimento, estasiato.
«Non avete altri recipienti?»-
Sì che ce ne sono. Ed ecco catini mastelli pentole e più versa oro, più il secchio si palesa inesauribile.
«Ora me ne vado» dice quando li ha colmati.
«Aspetta!» la invita il ragazzone. Non vuole che parta così, da sola, senza ascoltarlo. Desidera accompagnarla, almeno sino al lago.
La perfetta creatura dei monti muove un passo verso l'uscio.
«Aspetta!» ripete il giovanottone e nell'orgasmo, alzandosi, urta con il ginocchio contro la gamba della tavola.
Dalle scodelle l'oro liquido trabocca colando per terra. Con la rapidità del baleno la donna bianca scompare: sul desco grezzo di larice rimangono pentole catini e mastelli vuoti. (da Il secchio inesauribile, p. 130-132; in Il meraviglioso, Leggende, fiabe e favole ticinesi, pp. 260-261)
- A Bellinzona, nella Valascia sopra Daro, di notte si ode il belato di una capra smarrita, alternato al richiamo del pastore. Tirate diritti e non inoltratevi nel bosco! È la caurascia, dubbio animale notturno mezzo uccello e mezzo capra, che attira gli incauti affinché gli spiriti maligni si impadroniscano di essi:
–Bèè, bèè – fa la caurascia, e gli ignari si fermano e tendono l'orecchio.
–Ciàaa, ciàaa – fa la caurascia, e gli ingenui si inoltano nella Valascia e non escono più. (p. 188; in Il meraviglioso, Leggende, fiabe e favole ticinesi, nota a p. 56.)
- Aurelio Garobbio, Leggende delle Alpi Lepontine, Cappelli, Bologna, 1959.
- Il meraviglioso, Leggende fiabe e favole ticinesi, vol. 4, Bellinzonese e Tre Valli, a cura di Domenico Bonini, Sandro Bottani, Amleto Pedroli, Roberto Ritter, Franco Zambelloni, Armando Dadò Editore, Locarno, 1993. ISBN 88-85115-80-2