Quando l'uomo uscito vittorioso dalla lotta eroica per lo esistere sostenuta per lunghi interminabili secoli contro alla natura, alle fiere, ai giganti, ai mostri umani, incomincia a quietare alquanto e man mano a pensare, egli s'abbandona alla contemplazione della Natura, e va curiosamente in traccia dei principio delle cose. La prima filosofia è naturalmente intuitiva; e così fu in Grecia da Talete ad Anassagora.
Citazioni
Stoicismo. – Agire è il vero e il bene: il noo poietico è l'uomo libero e perfetto, il vero uomo. E però il Saggio pratica la virtù, perché la virtù è la forma e la legge della sua libera attività; e d'altro non cura. Egli basta a sé stesso; ciò che non è sé non ha per lui valore. Il che fa ch'ei viva in una completa assoluta atarassia. (p. 9)
Epicureismo. – Patire è il falso e il male; e però il Saggio attende a godere; né gli basta la voluttà di un momento, anzi ei vuol goder sempre, e sa perfino sacrificare il presente al godimento avvenire. Che se pratica la virtù, gli è perché la virtù gli procura una durevole eutimia. (p. 9)
Scetticismo. – Il Saggio assiste indifferente alla scena mutabile del mondo, perché non sa, o non crede che sotto all'apparenza vi sia alcuna realtà; e però se ne vive in una perfetta apatia. (p. 9)
Neoplatonismo. – Il Saggio aspira a raggiungersi all'Assoluto, al Primo, all'Uno, che è l'arcano in sé, il principio sovra-intellettuale, e perciò inconcepibile, dei due mondi opposti del senso e dell'intelletto, della natura e delle idee; e poiché non può egli comprenderlo in sé, spera almeno di restarvi egli compreso e unito, e perdersi in lui: cosa rara e difficile, a cui si perviene mediante l'ascesi e l'estasi, e che non venne fatta più che tre o quattro volte a Plotino. Ma quelle poche volte bastano per tutte; non si misura alla stregua del tempo il godimento assoluto. (pp. 9-10)
Cristianesimo – Il Saggio sa che la piena assoluta felicità non è possibile in questa vita di fango e di senso, tutta accidente, errore e peccato, per cui non cura le fallaci e transitorie gioie della terra; ei pensa alla felicità futura, alla salute eterna, che se non sarà la conoscenza, sarà almeno la visione di Dio; e però, come il saggio epicureo, volentieri sacrifica la vita presente alla vita avvenire. Il Cristianesimo è un epicureismo intellettuale. (p. 10)
Epicuro ha in mira la felicità sensibile. Godere, non patire; trovar modo di liberarsi dal timore degli Dei e della morte, il gran tormento della umana vita; tale è il postulato, e tale è il fine della filosofia. Bisogna dunque fare un sistema e concepire il mondo in tal maniera, che non ci abbiano luogo codesti due timori. (pp. 10-11)
Zenone ha in mira la felicità ragionevole. Sentire è patire; ragionare è agire, e la virtù è la forma e la legge della ragione attiva. Bisogna dunque agire e reagire secondo virtù, che è quanto dire secondo sé, e non a grado altrui. (p. 11)
A. C. De Meis, Prenozioni, Tipografia di G. Cenerelli, Bologna, 1873.