Viṣṇusahasranāma (lett."Mille nomi di Visnù") è un inno a Visnù, fra i più sacri e cantati stotra dell'Induismo. In esso vengono elencati mille nomi di Dio, ognuno dei quali elogia una delle sue innumerevoli caratteristiche.
Secondo il mito[1], i nomi vennero recitati sul letto di morte dall'asceta, maestro e guerriero Bhīṣma a Yudiṣṭhira, durante la guerra di Kurukṣetra.
La versione più antica è quella contenuta nel tredicesimo libro del Mahābhārata (lo Anuśasanaparvan; lett. "Libro degli insegnamenti").
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Bhīṣma, figlio del re Śāntanu e della dea Gaṅgā, il quale aveva rinunciato ai propri diritti regali facendo voto di castità dedicandosi all'ascesi, viene ucciso in combattimento dalle frecce di Śikhaṇdin e di Arjuna. Tale è il numero di frecce che rendono agonizzante Bhīṣma che il suo letto di morte sarà costituito da esse. Durante l'agonia, che permarrà per cinquantotto giorni, Bhīṣma elargirà importanti dottrine inerenti al Dharma (dottrine che sono raccolte nei parvan XII e XIII del Mahābhārata), venendo onorato da dèi e da eroi, anche nemici, tra cui lo stesso Arjuna che donerà all'asceta guerriero tre frecce dove posare il capo.
Nello Anuśasanaparvan (XIII parvan del Mahābhārata), il principe dei Pāṇḍava , Yudiṣṭhira, figlio del dio Dharma e fratello maggiore di Arjuna, domanda a Bhīṣma morente sul letto di frecce:
«Chi è l'unico Signore del mondo? Chi è l'unico rifugio per tutti? Chi si deve pregare per raggiungere la pace? Adorando chi si può realizzare la prosperità? Qual è secondo te il più grande Dharma di tutti i Dharma? Cantando quale nome gli esseri possono liberarsi dal Saṃsāra?»
(Mahābhārata, XIII, 135, 2-3, edizione critica di Pune)
Così risponde Bhīṣma (bhīṣma uvāca):
(SA)
«jagatprabhuṃ devadevam anantaṃ puruṣottamam stuvan nāmasahasreṇa puruṣaḥ satatotthitaḥ
tam eva cārcayan nityaṃ bhaktyā puruṣam avyayam
dhyāyan stuvan namasyaṃś ca yajamānas tam eva ca
anādinidhanaṃ viṣṇuṃ sarvalokamaheśvaram
lokādhyakṣaṃ stuvan nityaṃ sarvaduḥkhātigo bhavet»
(IT)
«Colui che è impegnato nel lodare con il canto i mille nomi (nāmasahasreṇa ); il Signore dell'universo (jagatprabhuṃ ), il Dio degli dèi (devadevam), la Persona suprema (puruṣottamam), adorandolo, glorificandolo, il Signore, che è senza inizio e fine (anādinidhanaṃ), l'onnipervadente (viṣṇuṃ), la Persona suprema (maheśvaram), conoscitore dei mondi (lokādhyakṣaṃ ), [colui] che lo canta quotidianamente (stuvan nityaṃ) ottiene la liberazione (tutti dolori andranno al di là, sarvaduḥkhātigo bhavet).»
(Mahābhārata, XIII, 135, 4-6, edizione critica di Pune)
Dopo ulteriori istruzioni segue l'elenco dei "Mille nomi di Viṣṇu" (Viṣṇusahasranāma). Di seguito questi così come presentati nello Anuśasanaparvan (XIII parvan del Mahābhārata: 135,14-120 nell'edizione critica di Pune):
viśvaṃ (viśva: che pervade ogni cosa).
viṣṇur (viṣṇu: colui che pervade l'universo).
vaṣaṭkāro ("esclamazione vaṣaṭ", ovvero quel verso intonato dallo hotṛ, quindi dal sacrificante predisposto alla recitazione del Ṛgveda, al termine del verso sacrificale).
bhūtabhavyabhavatprabhuḥ (prabhu: "colui che è signore del, che ha potere su"; Bhūta-bhavya-bhavat: "passato-futuro-presente").
bhūtakṛd (lett. "che forma esseri", "creatore di esseri", in questo caso il termine bhūta non ha il significato di "passato" come nel precedente nome, ma di "essere vivente").
bhūtabhṛd (lett. "che sostiene le creature, gli esseri").
bhāvo (lett. "l'esistente", "l'essere").
bhūtātmā (lett. "ātman degli esseri viventi", quindi "anima", "essenza" degli esseri viventi).
bhūtabhāvanaḥ (lett. "causa, fondamento, del benessere degli esseri viventi").