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Antica tecnica di meditazione indiana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vipaśyanā (sanscrito, s.f.; in pāli: Vipassanā; in cinese: 觀 guān; giapponese: kan; coreano: 관 kwan; vietnamita: quan; tibetano: ལྷག་མཐོང, lhag mthong, lhak tong) è un termine che significa "vedere le cose in profondità, come realmente sono", ed è una delle più antiche tecniche di meditazione dell'India.
Fu insegnata più di 2500 anni fa come metodo universale per uscire dalla sofferenza e Buddha descrive questo metodo nel Discorso sui fondamenti della consapevolezza (Satipatthana Sutta). L'esercizio meditativo con vipassana permette di liberarsi dall'abitudine a reagire (fonte di ogni infelicità) e, attuando una profonda auto-trasformazione, permette di affrontare le vicissitudini della vita in modo più equilibrato".[1] Vipassana è tradotta con meditazione di visione penetrativa o di visione profonda (in inglese insight meditation). Tra gli insegnanti di meditazione vipassanā: Mahasi Sayadaw (1904-1982), monaco, U Ba Khin (1899-1971), laico, e S.N. Goenka (1924-2013), laico, allievo di U Ba Khin.
Vipassana si traduce con meditazione di visione penetrativa o di visione profonda (in inglese insight meditation). Mentre la meditazione śamatha è finalizzata al raggiungimento di stati di assorbimento con livelli sempre più alti di concentrazione e di quiete,[2] la meditazione vipassanā è finalizzata a sviluppare consapevolezza della realtà attraverso la percezione continuativa degli stimoli sensoriali e mentali, per fare esperienza della loro natura, che è transitoria, come è transitorio e impermanente tutto ciò che esiste.
La tecnica della meditazione vipassanā è insegnata dal Tathagatha Shakyamuni nel Discorso sui fondamenti della presenza mentale (Satipatthanasutta), e prevede i seguenti momenti:
La consapevolezza di sé e del proprio corpo non dev'essere limitata al momento della giornata riservato alla pratica. In qualunque momento della sua giornata, colui che pratica questa forma di meditazione deve sforzarsi di essere consapevole di quel che sta facendo, delle sensazioni che prova e della propria attività mentale. Questa forma di meditazione si è rivelata più adatta della meditazione samatha per la diffusione presso i laici, perché non ha bisogno della quiete di un monastero né di tempi di pratica particolarmente intensi per raggiungere risultati soddisfacenti. Per queste sue caratteristiche, ha raggiunto una apprezzabile diffusione anche in Occidente.
Tra coloro che hanno diffuso la tecnica della meditazione vipassanā, occorre ricordare il monaco Mahasi Sayadaw (1904-1982) ed il laico U Ba Khin (1899-1971), entrambi birmani. A Mahasi Sayadaw si deve, in particolare, l'introduzione della tecnica del mental noting (annotazione mentale), quale metodo per esercitarsi nel riconoscere tutto ciò di cui la coscienza fa esperienza nel momento presente[4].
S. N. Goenka (1924-2013), allievo di U Ba khin, ha diffuso ulteriormente in Europa e in America questa tecnica attraverso corsi tipicamente di 10 giorni.
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