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specie di mollusco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vampyroteuthis infernalis Chun, 1903[1], conosciuto comunemente come calamaro vampiro, è un mollusco cefalopode degli oceani temperati e tropicali, una delle due specie oggi note dell'ordine Vampyromorpha[2]. Nonostante il nome, non è un calamaro.
Vampyroteuthis infernalis | |
---|---|
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Ramo | Bilateria |
Superphylum | Protostomia |
(clade) | Lophotrochozoa |
Phylum | Mollusca |
Subphylum | Conchifera |
Classe | Cephalopoda |
Sottoclasse | Coleoidea |
Superordine | Octopodiformes |
Ordine | Vampyromorpha |
Famiglia | Vampyroteuthidae Thiele, 1915 |
Genere | Vampyroteuthis Chun, 1903 |
Specie | V. infernalis |
Nomenclatura binomiale | |
Vampyroteuthis infernalis Chun, 1903 | |
Sinonimi | |
Cirroteuthis macrope (Berry, 1911) | |
Nomi comuni | |
Calamaro vampiro |
Vampyroteuthis infernalis è un esempio estremo di un cefalopode adattatosi a vivere a grandi profondità: risiede nella zona afotica (cioè senza luce) a profondità di 600-900 metri o più. All'interno di questa fascia della vita marina vi è un habitat conosciuto come zona ad ossigenazione minima (in inglese, oxygen minimum zone o OMZ), in cui l'ossigeno disciolto è insufficiente a sostenere il metabolismo aerobico nella maggior parte degli organismi. Il calamaro vampiro riesce però a respirare normalmente in questa fascia, fino a un livello di saturazione d'ossigeno del 3% appena.
Ciò è frutto di determinati adattamenti radicali. Tra tutti i cefalopodi propri delle grandi profondità, il metabolismo del calamaro vampiro è il più lento. Nel suo sangue, di colore blu, l'emocianina (che nei cefalopodi sostituisce l'emoglobina) trasporta l'ossigeno più efficientemente che in altri cefalopodi, e lo assistono in questo anche branchie di grande superficie.
Pur avendo una muscolatura debole, i calamari vampiri mantengono l'agilità e l'assetto tramite sofisticati statocisti (organi di bilanciamento simili all'orecchio interno umano) e i loro tessuti ricchi di ammonio si avvicinano perfettamente alla densità dell'acqua circostante.
Alle profondità meno spinte del suo areale verticale, la luce che arriva dall'alto è paragonabile alla luce del cielo al crepuscolo e permette agli occhi sensibili dei predatori di distinguere le sagome di altri animali soprastanti. Per proteggersi, il calamaro genera una propria luce bluastra (bioluminescenza) secondo una strategia chiamata controilluminazione.
Da parte loro, i grandi occhi del calamaro vampiro rilevano luci tenuissime. Un paio di fotorecettori sono collocati sulla parte superiore della testa, forse per allertare l'animale in caso di movimenti più in alto.
Come molti cefalopodi abissali, il calamaro vampiro non possiede la sacca dell'inchiostro. Se minacciato, emette invece dalle punte dei tentacoli una nuvola appiccicosa di muco bioluminescente bluastro, che può durare quasi dieci minuti e permette al calamaro vampiro di scomparire nell'oscurità anche senza allontanarsi troppo. D'altronde, questa difesa viene usata solo in casi estremi, perché la rigenerazione del muco è impegnativa dal punto di vista metabolico.
L’animale è lungo al massimo 30 cm in totale - di cui 15 cm per il corpo gelatinoso, di colore variabile tra il rosso chiaro e il nero, a seconda della posizione e dell'illuminazione - il calamaro vampiro non è certo pericoloso per gli esseri umani.
Una membrana, internamente nera, unisce i suoi otto tentacoli, ciascuno munito di file di cirri carnosi; solo la parte distale (terminale) dei tentacoli possiede ventose.
All'interno della tunica esistono due tasche nelle quali si nascondono i filamenti velari tattili che hanno funzioni analoghe ai due tentacoli maggiori dei veri calamari, ma hanno una posizione diversa e corrispondono invece a una coppia di tentacoli degli antenati dei polpi, non più presente nei polpi attuali. I filamenti velari sono più lunghi degli altri tentacoli, ma possono essere anche ritratti nelle relative tasche.
Gli occhi limpidi, globulari, rossi, o talvolta blu secondo l'illuminazione, sono in proporzione i più grandi nel regno animale - 2,5 cm di diametro.
Gli adulti maturi hanno una coppia di pinne a forma di orecchie che sporgono sul dorso e servono come mezzo principale di propulsione. I calamari vampiri sembrano "battere le ali" nell'acqua.
Il becco è bianco come l'avorio.
Il calamaro vampiro è coperto interamente di organi luminosi detti fotofori. L'animale ha un grande controllo su tali organi, che possono disorientare gli aggressori con lampi di luce di durata variabile da una frazione di secondo a diversi minuti. Anche l'intensità e la dimensione dei fotofori può essere modulata.
I fotofori si presentano come dischetti bianchi e sono più grandi e più complessi sulla punta dei tentacoli e alla base delle pinne.
Sul capo ci sono anche due grandi macchie bianche che erano state credute all'inizio due grandi fotofori. Si è scoperto che sono invece due fotorecettori.
I cromatofori (organi pigmentati) comuni alla maggior parte dei cefalopodi sono presenti ma non efficienti nei calamari vampiri, che ne trarrebbero poco vantaggio nelle profondità oscure in cui vivono.
Le femmine sono un po' più grandi dei maschi.
Ben poco di specifico si sa sull'ontogenesi del calamaro vampiro.
Lo sviluppo comprende tre forme morfologiche: l'animale molto giovane ha una sola coppia di pinne, la forma intermedia ne ha due coppie e l'animale adulto ne ha di nuovo una sola.
Inoltre, con la crescita e la variazione di rapporto superficie/volume, le pinne si ridimensionano e si riposizionano. Mentre i giovani si muovono principalmente per mezzo di propulsione a reazione, gli adulti trovano più efficiente sbattere le loro pinne come ali.
Questo particolarissimo sviluppo ha creato confusione in passato, tanto che forme diverse della stessa specie sono state attribuite addirittura a famiglie distinte (Young 2002).
Le uova sono relativamente grandi (3-4 mm di diametro) e vengono liberate nelle acque profonde, dove fluttuano liberamente in piccole masserelle.
Le seguenti ipotesi sono un'estensione al calamaro vampiro delle nostre conoscenze di altri cefalopodi abissali:
Le larve appena uscite dall'uovo sono lunghe circa 8 mm e sono copie in miniatura degli adulti, con alcune differenze: i tentacoli non sono uniti da membrane, gli occhi sono più piccoli, i filamenti velari non sono completamente formati.
Le larve sono trasparenti e si nutrono con un sacco vitellino interno per un periodo non noto prima di cominciare a nutrirsi attivamente.
Gli animali più piccoli frequentano le acque più profonde e si nutrono forse di detriti organici che precipitano verso il fondo.
Gli animali catturati sopravvivono negli acquari non più di due mesi. L'ambiente artificiale rende difficile osservare comportamenti non difensivi.
In natura, i dati comportamentali sono scarsi e si basano su incontri occasionali soprattutto con robot abissali.
Sono stati osservati calamari vampiri che si lasciavano trascinare dalle correnti profonde oceaniche con i loro filamenti velari allungati. Se i filamenti avvertono un contatto o una vibrazione, l'animale indaga la causa con rapidi movimenti acrobatici.
I calamari vampiri possono raggiungere in pochi secondi velocità proporzionalmente notevoli (due lunghezze corporee al secondo), ma i loro muscoli gelatinosi non consentono fughe prolungate. Per evitare i predatori, i calamari vampiri usano una combinazione di tattiche innovative, tra cui la bioluminescenza, i movimenti erratici, la posizione ad "ananas", l'emissione di muco luminescente ecc.
Nella posizione ad "ananas", il calamaro vampiro inverte la sua tunica sopra il corpo, presentando una forma apparentemente più grossa e molto più scura coperta di cirri innocui ma apparentemente minacciosi.
Calamari vampiri sono stati trovati nello stomaco di grandi pesci abissali, balene e pinnipedi.
Tra le prede dei calamari vampiri si annoverano con certezza copepodi, gamberi e cnidari, ma è probabile che la loro dieta comprenda molti altri animali disponibili nel loro habitat.
Fino agli anni '80, erano conosciuti solo pochissimi resti fossili del Giurassico che potessero essere attribuiti - con non poche incertezze - all'ordine dei Vampiromorfidi. Questi fossili, provenienti dal giacimento di Solnhofen in Germania, comprendono Plesioteuthis prisca, Leptoteuthis gigas, e Trachyteuthis hastiformis, che secondo vari studiosi sono più vicini ai veri calamari (Teuthida) che ai Vampiromorfidi.
Gli scavi compiuti proprio negli anni '80 a La Voulte-sur-Rhône (v. Fischer & Riou in bibliografia), hanno portato alla luce una ventina di esemplari risalenti al Giurassico medio (circa 165 milioni di anni fa), che sono stati attribuiti a una nuova specie, Vampyronassa rhodanica. Le parti molli sono state conservate molto bene dal processo di fossilizzazione e ciò ha permesso di attribuire chiaramente Vampyronassa ai Vampiromorfidi.
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