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La Tradizione Apostolica è un breve scritto cristiano antico in cui si fa riferimento a un compendio di princìpi, regolamenti e istruzioni in materia di ordinamento ecclesiastico, prassi liturgica e vita comunitaria, che rappresentano la struttura e la forma con cui la Chiesa antica ha tradotto normativamente la "consegna" (traditio) degli apostoli, per il bene e l'edificazione di tutti i credenti. Viene considerato d'incomparabile importanza dagli storici, in quanto è una preziosa fonte di informazioni riguardo alla vita comunitaria e alla liturgia cristiane del III secolo[1].
Tradizionalmente datato verso il 215 ed attribuito a Ippolito di Roma (170?-235?), è ormai considerato dagli studiosi
«an aggregation of material from different sources, quite possibly arising from different geographical regions and probably from different historical periods, from perhaps as early as the mid-second century to as late as the mid-fourth, since none of the textual witnesses of it can be dated with any certainty before the last quarter of that century»
«un'aggregazione di materiale proveniente da differenti fonti, assai verosimilmente originato in diverse regioni geografiche e probabilmente in differenti periodi storici, forse databile a partire dalla metà del II secolo fino alla metà del IV, senza che nessuna delle testimonianze testuali possa essere collocata con certezza prima dell’ultimo quarto del IV secolo»
Infatti, il testo originale greco è noto solo per scarsi frammenti sicché il textus receptus è il risultato di una collazione di testimoni parziali tra cui una versione latina, databile tra il 375 e il 400, costituita da un palinsesto del Codex veronensis LV (53) della Biblioteca capitolare di Verona, che raccoglie una copia dell'VIII secolo del libro terzo delle Sententiae di Isidoro di Siviglia. Tuttavia, nel 1999[2], è stata rinvenuta una nuova versione etiopica tratta da un manoscritto del XIV secolo, traduzione dal greco di una raccolta canonico-liturgica egiziana facente capo al Patriarcato di Alessandria, detta collezione aksumita e risalente alla fine del V secolo. Questo nuovo codice tramanda una versione molto vicina a quella latina ed accredita l'ipotesi di un archetipo greco. Senza sovvertire la tesi dell'aggregazione, il nuovo testimone etiopico tende ad avvalorare l'esistenza di un autentico codice canonico-liturgico.
La Tradizione Apostolica può essere suddivisa in un prologo (capitolo 1) e in tre sezioni principali:
Prima sezione: rituali e organizzazione ecclesiastica
Seconda sezione: i catecumeni
Terza sezione: vita comunitaria
Il testo della Tradizione Apostolica faceva parte di due collezioni antiche, il Sinodos Alessandrino e il Palinsesto di Verona. Incluso nel Sinodos, venne ritenuto un testo autorevole in Asia Minore, Egitto, Siria ed Etiopia, dove venne ricopiato e redatto.
La Tradizione Apostolica fece anche da base per la stesura delle Costituzioni apostoliche, un trattato cristiano molto diffuso nell'antichità; anche gli antichi Canoni di Ippolito, il Testamentum Domini e l'epitome dell'ottavo libro delle Costituzioni apostoliche derivano dalla Tradizione Apostolica.
Il testo, che viene ritenuto un'opera autentica per la comprensione e descrizione della liturgia del rito romano risalente al III secolo, ha avuto una grande influenza e riconsiderazione nel XX secolo, costituendo uno dei pilastri del movimento liturgico. L'anafora contenuta nel capitolo 4 venne estensivamente utilizzata per scrivere il Libro delle preghiere comuni della Chiesa Anglicana e anche le liturgie e gl'inni della United Methodist Church. Questa particolare anafora ispirò anche la Preghiera eucaristica II della Messa di Paolo VI[3].
L'odierna preghiera cattolica utilizzata durante l'ordinazione dei vescovi, riformulata dopo il Concilio Vaticano II, è stata riscritta sul modello dell'anafora contenuta nel capitolo 4 della Tradizione Apostolica.
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