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Richard J. Goldberg descrisse matematicamente per la prima volta nel 1952 la reazione antigene-anticorpo che prese inizialmente nome da lui come teoria di Golberg (Goldberg's theory).[1] Goldberg lavorava nell'Università del Wisconsin; dove predisse che la reazione era governata da fattori statistici, e i risultati sperimentali che forniva erano mostrati in forma grafica. Egli aveva sviluppato una teoria generale per descrivere l'associazione tra un antigene f-valent con un anticorpo bivalente o monovalente.[2]
Questa teoria di Goldberg è un tentativo di applicare alle reazioni antigene-anticorpo le idee sviluppate da Paul Flory (I936, I941) e Walter H. Stockmayer (I943) in relazione allo studio della polimerizzazione a catena ramificata.[3]
La teoria di Goldberg prevedeva che l'antigene e l'anticorpo siano immunochimicamente omogenei e che non si verifichino reazioni intra-aggregate che producano complessi ciclici; essendo tutti i legami antigene-anticorpo equivalenti. La teoria fornisce una procedura numerica per il calcolo delle costanti di equilibrio e la costante di velocità delle reazioni antigene-anticorpo e dovrebbe essere utile per il calcolo del comportamento dei sistemi modello.[4] La teoria di Goldberg è stata un tentativo di applicare idee suggerite dalla teoria dei processi di polimerizzazione a catena ramificata per reazioni Ag-Ab in vitro,[1] idee derivate dalla teoria della gelificazione di Flory-Stockmayer che è stata la prima teoria a indagare i processi di percolazione[5]
Successivamente Michael T. Palmiter e Frederick Aladjem (1962) dell'University of Southern California, Los Angeles modificarono la teoria tenendo conto della eterogeneità nella specificità dei siti di legame dell'antigene.[4][6]
Goldberg immagina due ipotesi:[1]
Nessun ulteriore presupposto, ad es. sulla natura delle forze di legame o sulle solubilità di aggregati, sono usati nella teoria di Goldberg per calcolare la distribuzione degli aggregati o a fare previsioni sulle precipitazioni. Inoltre, le ipotesi pongono limiti circa la possibile composizione dei singoli aggregati e anche sui possibili stati di massima aggregazione dell'intero sistema.[1]
L'obiettivo originale della teoria era predire gli intervalli e la composizione del precipitato ottenuto dalla reazione Ab-Ag, partendo dalla conoscenza delle sole valenze delle molecole, obiettivo che non si può dire sia riuscito.[1]
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