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Teoria della scoperta portoghese dell'Australia

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Teoria della scoperta portoghese dell'Australia
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La teoria della scoperta portoghese dell'Australia sostiene che dei navigatori portoghesi siano stati i primi europei a visitare l'Australia, tra il 1521 e il 1524, ben prima dell'arrivo del navigatore olandese Willem Janszoon (1606), generalmente considerato come lo scopritore del territorio. Questa teoria si basa su alcuni elementi fondamentali:[2][3][4][5]

  • Le mappe di Dieppeː si tratta di un insieme di carte geografiche mondiali, realizzate in Francia nel Cinquecento e che mostrano un'enorme distesa di terra tra l'Indonesia e l'Antardide. Questo territorio è identificato come Giava la Grande e riporta dei toponimi in francese e portoghese in quelle che, secondo alcune interpretazioni, corrisponderebbero alle coste australiane.
  • La presenza di colonie portoghesi nel sud-est asiatico già nel 1513-1516, specialmente nel Timor portoghese (distante appena 650 km dall'Australia), sembrerebbe avvalorare l'ipotesi che dei portoghesi si siano spinti fino all'Australia.[6][7][8]
  • Nel corso degli anni, lungo le coste australiane, sono stati rinvenuti dei reperti talvolta attribuiti a manifattura portoghese, ma spesso risultati di origine asiatica.
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Il mappamondo harleiano, British Library, Add. MS 5413. Una copia è conservata alla National Library of Australia ed è disponibile online.(EN) nla.gov.au, https://web.archive.org/web/20151108061456/http://www.nla.gov.au/media/mapping-our-world/ (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2015).
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Planisfero di Nicolas Desliens (1566), parte delle mappe di Dieppe, Biblioteca nazionale di Francia, Parigi.
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Costa est di Giava la Grande, dettaglio dell'atlante Vallard di Nicolas Vallard (1547) qui riportato come copia del 1856 consrvata alla National Library of Australia.[1]

Sembra che anche alcuni esploratori francesi[9] o spagnoli[10] potrebbero esservi giunti prima di Janszoon, così come anche navigatori cinesi[11][12] o addirittura fenici[13] potrebbero aver visitato il continente per primi.

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Storiografia

Riepilogo
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Sviluppo della teoria nel XIX secolo

Benché lo scozzese Alexander Dalrymple fu il primo a parlarne nel 1786,[14] questa teoria prese maggiormente piede grazie a Richard Henry Major, il custode delle mappe del British Museum che nel 1859 si prodigò nell'argomentare una probabile scoperta dell'Australia antecedente a quella degli olandesi.[15]

Un gruppo di mappe francesi cinquecentesche (le già menzionate mappe di Dieppe) costituirono la sua prova principale a sostegno della teoria, anche se gli storici moderni sono largamente d'accordo nel considerare fallaci i ragionamenti a ritroso di Major, sostenendo che spesso alcune delle sue elucubrazioni fossero frutto di esagerazioni.[16][17]

Ad ogni modo, nel 1861 Major annunciò di aver scoperto una mappa di Manuel Godinho de Erédia,[18] e che tale opera costituisse un ulteriore indizio di una prima visita dei portoghesi in Australia, possibilmente databile attorno al 1601.[19] Un'assunzione plausibile considerando che la mappa risale a prima del 1630.[20] Esaminando gli appunti di Eredia, Major si rese conto che il viaggio che l'esploratore aveva programmato a sud di Sumba in Indonesia non aveva mai avuto luogo. Major, tuttavia, ritirò la sua pubblicazione nel 1873, ma ormai era già stato ampiamente screditato dai colleghi e la sua reputazione ne risentì.[21]

L'interpretazione di Major fu esaminata criticamente dallo storico portoghese Joaquim Pedro de Oliveira Martins, il quale concluse che né la mappa del 1521 di Antoine de La Sale[22] né quella raffigurante Giava la Grande (nelle mappe di Dieppe) costituivano una prova della scoperta dell'Australia da parte dei portoghesi. Secondo lui, l'enorme territorio rappresentato sembrerebbe, invece, costituire un abbozzo dell'insieme di isole dell'arcipelago Sonda, situato oltre Giava e già in parte visitato dai portoghesi, che avrebbero quindi dedotto altre informazioni da uomini nativi del posto, senza però fare visita alle isole e quindi prendere poi le coordinate per disegnarle su una mappa.[23]

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Monumenti dedicati a Vasco da Gama e Enrico il navigatore situati a Warrnambool, Victoria.

Nel 1895 George Collingridge redasse l'opera The Discovery of Australia nel tentativo di descrivere minuziosamente tutti gli sbarchi europei in Oceania fino all'arrivo del britannico James Cook, rifacendosi nuovamente alla teoria dell'esplorazione portoghese suffragata dalle mappe di Dieppe. Essendo fluente in portoghese e spagnolo, Collingridge fu attratto dall'ipotesi di un'effettiva prima visita da parte dei portoghesi, specialmente dopo aver visto delle mappe acquistate di recente nelle biblioteche di Melbourne, Adelaide e Sydney.[24] Nel suo libro sono stati individuati diversi errori, anche se va detto che si trattò comunque di un grande contributo alla storiografia australiana.[25][26]

La teoria di Collingridge non fece presa sul pubblico, soprattutto dopo le critiche mosse da Arnold Wood, Ernest Scott e Edward Haewood. Quest'ultimo, nel 1899, notò come "l'aver disegnato una terra sconfinata in un'area che comprende ben più del territorio australiano" non costituisse alcuna prova di colonializzazione europea.[27]

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Ipotesi e indizi

Riepilogo
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Interpretazione delle mappe di Dieppe

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Giava la Grande nelle mappe di Dieppe, illustrata da Ernest Favenc in The history of Australian exploration from 1788 to 1888, London & Sydney, Griffith, Farran, Okeden & Welsh, Turner & Henderson, 1888.
Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola cartografica di Dieppe.

Il perno centrale di questa teoria fa riferimento all'insieme di mappe realizzate dalla scuola normanna di Dieppe, in cui è raffigurata una vasta terra definita Giava la Grande (in originale, Java la Grande) e da molti attribuita all'Australia. Nel 1982 Kenneth McIntyre descrisse le mappe di Dieppe come "la sola prova della scoperta dell'Australia orientale da parte dei portoghesi". Egli enfatizzò molto questo aspetto citando alcuni reperti archeologici o altri indizi, tra cui la Mahogany Ship (una nave realizzata con legno di mogano") e le chiavi di Geelong, più volte ricondotti a passate esplorazioni europee.[28][29]

In quegli anni altri studiosi (tra cui Peter Trickett[30]) si interessarono all'argomento, adottando il medesimo approccio di McIntyre, ovvero focalizzandosi principalmente sul mistero di Giava la Grande. Non mancarono, tuttavia, le critiche di altri accademici.

W.A.R. Richardson sostiene che Giava la Grande, così come viene dipinta sulle mappe di Dieppe, sia almeno in parte basata sui racconti che gli esploratori portoghesi ascoltarono da alcuni esponenti di popolazioni locali e che, al giorno d'oggi, è azzardato concludere che si trattasse proprio dell'Australia, in quanto questi registri ed altri appunti di storia portoghese sono andati perduti nei secoli.[31] Secondo altre interpretazioni, infatti, la collocazione di Giava la Grande potrebbe essere errata perché all'epoca non si disponeva di tecniche e strumentazioni adeguate per determinare con esattezza le coordinate geografiche di un punto.

Negli anni settanta, il matematico Ian McKiggan sviluppò una teoria proprio su quest'ultimo argomento, al fine di spiegare le discrepanze tra le mappe dell'epoca e la cartografia contemporanea.[32] Secondo altri autori, come Lawrence Fitzgerald e Peter Trickett, gli errori nelle mappe di Dieppe sarebbero dovuti al fatto che i cartografi normanni si basarono su delle carte nautiche portoghesi (oggi perdute) e, poiché all'epoca la conoscenza dell'Oceania era ancora limitata, tali cartografi si sbagliarono nel disegnare correttamente le fasce costiere australiane, dovendo poi ritoccarle per allinearle meglio al resto delle cartine.[33][34] Comunque sia, è possibile che gli scritti di Pedro Nunes, un cosmografo portoghese, dimostrino che le mappe di Dieppe siano distorte a causa di errori nel calcolo della longitudine.[35]

Nel 1988 Helen Wallis, custode delle mappe del British Museum, sostenne che la scoperta dell'Australia si deve attribuire ai portoghesi, che vi sbarcarono circa settant'anni prima rispetto agli olandesi.[36] Un viaggio di cui si sa poco e la cui notizia potrebbe essere giunta ai cartografi di Dieppe tramite degli esploratori francesi guidati da Jean Parmentier e sopravvissuti ad un viaggio in Sumatra verso il 1529-1530.[37]

Presunte prove

La nave di mogano (Mahogany Ship)

Secondo McIntyre, i resti una caravella di Cristóvão de Mendonça sarebbero stati scoperti nel 1836 da un gruppo di balenieri naufragati su una spiaggia vicino a Port Fairy.[38] L'imbarcazione era in legno di mogano, da cui il nome, ma nonostante gli sforzi (iniziati nel 1880) non si è mai riusciti a rinvenire tale relitto.[39] Eppure, tra il 1836 e il 1880, quaranta persone dissero di aver visto, da quelle parti, un relitto "antico" o "spagnolo". Di qualunque cosa si trattasse, la sua origine è stata più volte messa in discussione.[40][41]

Le chiavi di Geelong

Nel 1847 presso Limeburners Point, nella cittadina di Geelong (Victoria), il geologo amatoriale Charles La Trobe stava esaminando delle conchiglie e altri depositi marini riaffiorati in superficie durante degli scavi legati alla produzione di calce, quando si imbatté in cinque chiavi di aspetto antico. Secondo La Trobe quelle chiavi erano finite sulla spiaggia almeno 100-150 anni prima, mentre secondo McIntyre si tratterebbero di chiavi lasciate lì da marinai di Mendonça. Come per la nave di mogano, anche queste chiavi sono andate perse per cui non è più possibile stabilirne l'origine.

Ad ogni modo, secondo un'interpretazione recente quelle chiavi non potrebbero risalire al Cinquecento o Seicento. Il geologo Edmund Gill e lo storico Peter Alsop riportano che una perizia ottocentesca di Limeburners Point aveva dimostrato che gli strati di fango e conchiglie presso la spiaggia risaligono a soli 2500-3000 anni fa, lasciando intendere che se quelle chiavi erano riaffiorate dopo uno scavo, non potevano esservisi ritrovate tanti secoli addietro ma semplicemente vi furono gettate (o smarrite) da qualche abitante del posto o da uno dei lavoratori stessi.[42]

Il manoscritto ritrovato a New York

Nel gennaio del 2014, una galleria di New York mise in vendita un manoscritto portoghese del Cinquecento che attirò molta attenzione. In una pagina si possono vedere delle marginalia, cioè dei piccoli disegni raffiguranti un canguro o un wallaby da una parte e un uomo con abiti tribali da un'altra. Secondo molti si tratterebbe di un'ulteriore prova a sostegno del fatto che nel Cinquecento i portoghesi erano già a conoscenza dell'Australia.[43][44][45][46] Secondo Peter Pridmore, tuttavia, l'animale raffigurato sarebbe un oritteropo, di origini africane così come africano sarebbe l'uomo raffigurato con vesti tribali.[47]

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Note

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

Collegamenti esterni

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