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teoria politica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La strategia della tensione è un piano volto a creare una situazione di paura diffusa tra la popolazione, attuata mediante l'organizzazione e la realizzazione di atti terroristici[1], e che, mediante un disegno eversivo, tende alla destabilizzazione o al disfacimento degli equilibri precostituiti. Il termine è associato soprattutto a un periodo molto tormentato della storia della Repubblica Italiana, in particolare negli anni settanta del XX secolo, conosciuto come anni di piombo.
L'arco temporale si concentrerebbe in un periodo che andrebbe dalla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) alla strage di Bologna (2 agosto 1980), sebbene alcuni studiosi retrodatino l'inizio di tale strategia al Piano Solo (1964), il fallito colpo di Stato progettato dal generale dell'Arma dei Carabinieri Giovanni de Lorenzo[1].
Prodromi della strategia della tensione, secondo Vincenzo Vinciguerra, furono nel 1965 il convegno dell'hotel Parco dei Principi e nel 1966 l'operazione manifesti cinesi.[2]
La strategia si basa su una serie preordinata di atti terroristici volti a diffondere nella popolazione uno stato di insicurezza e di paura, tali da far giustificare, richiedere o auspicare svolte politiche di stampo autoritario; può anche essere attuata sotto forma di tattica militare che consiste nel commettere attentati dinamitardi e attribuirne la paternità ad altri[3].
Questa strategia era teorizzata in una dispensa, di un corso di guerriglia,[non chiaro] intitolata Notre action politique, scritto da Yves Guillou, alias Yves Guérin-Sérac, capitano nelle guerre di Indocina, Corea e Algeria, militante dell'organizzazione paramilitare clandestina OAS, fondatore e a lungo direttore della Aginter Press,[4] deceduto nel marzo 2022.
Questo periodo è stato caratterizzato dalla commistione di un terrorismo neofascista molto violento e da un mai chiarito terrorismo di Stato sostenuto da alcuni settori militari e politici che intendevano attuare un colpo di Stato in funzione anticomunista, specialmente dopo il movimento del Sessantotto e l'autunno caldo, sostenendo poi la teoria degli opposti estremismi.
Tale terrorismo si espresse soprattutto in stragi rivolte senza movente contro cittadini comuni o contro militanti di sinistra ed antifascisti. Secondo alcune interpretazioni questo contribuì alla decisione di esponenti dell'extraparlamentarismo di sinistra a optare per la scelta della lotta armata e del terrorismo, contrapponendosi allo Stato italiano[5].
Nella seconda metà degli anni '70 si incoraggiarono anche le due diverse fazioni di estrema destra ed estrema sinistra ad una radicalizzazione della lotta armata ed a rispondere colpo su colpo, azione su azione all'altrui violenza.[senza fonte]
Il movente principale della strategia della tensione è stato quello di destabilizzare la situazione politica italiana, per influire sul sistema democratico rendendolo instabile. In una situazione di persistenza della guerra fredda a livello internazionale, tale instabilità avrebbe bloccato il progressivo spostamento dell'asse politico e governativo verso le forze di estrema sinistra[6][7], che all'indomani del Sessantotto e dell'autunno caldo avevano migliorato le loro condizioni e rafforzato il loro ruolo nella società italiana[8]. Vi sono molte ipotesi che portarono a sospettare un ruolo del SID in tale strategia per via di alcuni legami emersi con gruppi politici neofascisti o d'ispirazione neofascista responsabili di sanguinose azioni terroristiche, come Ordine Nuovo (ON) guidato da Clemente Graziani, Avanguardia Nazionale (AN) di Stefano Delle Chiaie, il Movimento di Azione Rivoluzionaria (MAR) di Carlo Fumagalli, La Fenice di Giancarlo Rognoni e i Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) dei fratelli Valerio e Cristiano Fioravanti e Francesca Mambro[8][9]: infatti, secondo alcuni storici, tali attentati terroristici avevano lo scopo di seminare il terrore tra la popolazione, in modo da legittimare l'instaurazione di un governo di tipo autoritario o addirittura colpi di stato da parte di forze politiche, o comunque organizzate, generalmente gravitanti nell'area dell'estrema destra.[1][9][10] Sempre secondo alcuni storici e le risultanze giudiziarie, tale strategia golpistica trae origine ideologica fin dalla metà degli anni sessanta, in particolare dal cosiddetto "Piano Solo" (il fallito colpo di Stato del 1964) e dal convegno dell'hotel Parco dei Principi organizzato dall'Istituto di studi militari Alberto Pollio nel maggio 1965 avente come tema la "guerra rivoluzionaria" anticomunista, in cui intervennero personalità del mondo imprenditoriale, alti ufficiali dell'esercito, giornalisti, politici ed esponenti neofascisti (tra cui Pino Rauti, Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino)[8][9][10].
All'inizio degli anni novanta la giudice per le indagini preliminari di Savona Fiorenza Giorgi, nel decreto di archiviazione relativo ad un'indagine su alcune bombe esplose in città tra il 1974 ed il 1975, compie un'analisi degli attentati avvenuti nella prima fase della strategia della tensione, in cui, tra le altre cose, cita le coperture garantite dai servizi italiani ad alcune azioni terroristiche ed all'operato di personaggi come Junio Valerio Borghese[9]. Secondo quanto riportato dal giudice:
«Dal 1969 al 1975 si contano 4.584 attentati, l'83 percento dei quali di chiara impronta della destra eversiva (cui si addebitano ben 113 morti, di cui 50 vittime delle stragi e 351 feriti), la protezione dei servizi segreti verso i movimenti eversivi appare sempre più plateale.»
Lo stragismo e gli attentati dinamitardi non furono l'unico strumento della strategia della tensione, in cui vanno incluse anche l'operatività di strutture segrete paramilitari con fini eversivi (Rosa dei venti, Nuclei di Difesa dello Stato, Gladio e Noto servizio), il coinvolgimento della loggia massonica P2 guidata da Licio Gelli (infiltrata nelle principali istituzioni dello Stato con finalità politiche anticomuniste) e l'organizzazione di colpi di stato (oltre al "Piano Solo", i falliti golpe Borghese del 1970 e golpe bianco del 1974)[12].
Si inscrive nella strategia della tensione il periodico verificarsi di stragi od attentati, tendenzialmente compiuti con esplosivi in luoghi pubblici o mezzi di locomozione di massa; la maggioranza non furono rivendicati ma ebbero (come ricostruito) come movente il favorire velleità di golpe o agire come minaccia e intimidazione del fronte antifascista di sinistra (o di magistrati che indagavano sull'eversione nera), con l'eccezione della bomba del 1984, legata alla mafia:
Talvolta sono stati considerati parte di una strategia della tensione o affini ad essa, anche la strage di Alcamo Marina, l'omicidio di Giorgiana Masi[14] e il violento stupro subìto dall'attrice Franca Rame da parte di militanti neofascisti milanesi[15]. I giudici Vittorio Occorsio e Mario Amato, che indagavano sui rapporti tra neofascismo e stragismo, vennero invece assassinati da due militanti di estreme destra.
Le prove sono state spesso frammentarie, in parte andate perdute o distrutte (ad arte o involontariamente a seconda delle opinioni). In particolare, fu accertata:
Le condanne definitive per tali stragi e attentati sono poche, e tutte relative agli esecutori materiali, a colpevoli marginali e non ai presunti mandanti, sempre assolti o mai definiti come tali da sentenze giudiziarie:
«Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della Loggia P2? Per carità… io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l'Anello.»
«Il 28 giugno 1980, con una telefonata al Corriere della Sera, utilizzando la sigla dei Nar e il nome di un confidente di Questura, Marco Affatigato, si avvia il primo depistaggio, quello che pretende che il Dc-9 Itavia sia esploso per la deflagrazione al suo interno di una bomba trasportata dal “terrorista” dei Nar. (...) Le stragi italiane non sono un mistero e, soprattutto, non sono ideologicamente definibili come “fasciste”. Portella della Ginestra, affidata al mafioso Salvatore Giuliano, è riferibile a settori della Democrazia cristiana, Partito liberale e monarchici; quella di piazza Fontana doveva servire, insieme ai sanguinosi incidenti che sarebbero seguiti alla manifestazione indetta dal Msi a Roma il 14 dicembre 1969, a far proclamare dal governo presieduto da Mariano Rumor lo stato di emergenza; la strage compiuta dal confidente del Sid Gianfranco Bertoli il 17 maggio 1973, a Milano, aveva come obiettivo il “traditore” Mariano Rumor; quelle di Brescia (28 maggio 1974), dell'Italicus (4 agosto 1974) e di Savona (20 novembre 1974)[38] sono derivate dallo scontro durissimo e feroce all'interno dell'anticomunismo italiano ed internazionale. La strage di Ustica, impossibile da spiegare all'opinione pubblica perché un aereo civile delle dimensioni di un Dc-9 non si può confondere con un minuscolo caccia militare, era in grado di destabilizzare sia l'ordine pubblico che quello politico. Indirizzare lo sdegno della popolazione nei confronti dello “stragismo fascista” è stato il modo, ritenuto più idoneo, per neutralizzare il pericolo. [...] La strage di Bologna, spostando l'attenzione pubblica sullo “stragismo fascista”, ha consentito di guadagnare tempo, di far lavorare in relativa tranquillità i depistatori militari e i giudici romani chiamati a paralizzare le indagini sull'abbattimento del Dc-9 ad Ustica, ha avvalorato infine la tesi della bomba che, non a caso, è quella che ha retto per più tempo in contrapposizione a quella del missile.»
Dopo la strage di piazza Fontana alcuni movimenti radicali, in particolare dell'estrema sinistra, adottarono gli slogan «strage di stato» o «terrorismo di stato»[40] per indicare la loro convinzione che vi fosse la partecipazione nascosta (o il benestare) di settori dello Stato in azioni terroristiche ai danni del proprio popolo, in particolare dopo il clamoroso successo del libro di controinchiesta "La strage di Stato" (pubblicato nel 1970 dalla casa editrice Samonà e Savelli, che solo quell'anno vendette oltre 20.000 copie[41]): tale teoria sarebbe consistita nella divisione, manipolazione e controllo dell'opinione pubblica mediante l'uso di paura, propaganda, disinformazione, manovre psicologiche, agenti provocatori e attentati terroristici compiuti mediante l'utilizzo della tecnica del False flag (cioè congegnati in modo tale da farli apparire ideati ed eseguiti da membri di organizzazioni dell'estrema sinistra o gruppi anarchici)[42][43][44], nei quali era coinvolto un coacervo di forze e soggetti tra loro differenti (gruppi terroristici della destra neofascista, logge coperte della massoneria, parti deviate dei servizi segreti, nonché strutture e organizzazioni segrete, come ad esempio Rosa dei venti, e, talvolta, formazioni paramilitari, finanziate e addestrate direttamente dalla CIA[45] come Gladio, un'organizzazione stay-behind nata inizialmente per contrastare le azioni di spionaggio ed un eventuale attacco delle forze del Patto di Varsavia e dell'Unione Sovietica ai paesi della NATO).[46][47]
Il 14 novembre del 1974, il Corriere della Sera pubblicò l'articolo Cos'è questo golpe? Io so, scritto dall'intellettuale e scrittore Pier Paolo Pasolini, in cui accusava la Democrazia Cristiana e gli altri partiti suoi alleati nel governo di essere i veri mandanti delle stragi, a partire da piazza Fontana:
«Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero»
Poi rincarò la dose, e fece i nomi di importanti politici, circa due mesi prima del suo omicidio:
«Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna[49]. (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell'esplosione "selvaggia" della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione. Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese. È chiaro infatti che la rispettabilità di alcuni democristiani (Moro, Zaccagnini) o la moralità dei comunisti non servono a nulla.»
Il giornalista Roberto Scardova, assieme a Paolo Bolognesi (presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980 e deputato del Partito Democratico)[50], ipotizza un'unica strategia anticomunista internazionale, attuata in Grecia con la dittatura dei colonnelli, in Italia con la strategia della tensione, comprendente falsi golpe di avvertimento e reali stragi, di cui Bologna fu il culmine, e in America Latina con i colpi di Stato (Cile, dittatura argentina) dell'operazione Condor, con mandanti originari uomini dei servizi segreti anglo-americani[51], importanti politici italiani e stranieri. La strategia della tensione sarebbe partita da prima della fine della seconda guerra mondiale con la costituzione, in ambito fascista, della struttura parastatale denominata Noto servizio o «Anello», il cui capo durante la Repubblica, secondo quanto detto anche da Licio Gelli, sarebbe stato Giulio Andreotti. Lo stragismo avrebbe quindi da sempre usato manovalanza neofascista, neonazista, criminali comuni e mafiosi e avrebbe goduto di finanziamenti esterni provenienti dall'estero (sia dalla NATO, sia dal petrolio della Libia di Gheddafi, in affari segreti con i governi di Andreotti e con l'ENI di Eugenio Cefis) e da faccendieri italiani[52]. Bolognesi e Scardova aggiungono all'elenco dei fatti anche gli omicidi di Pier Paolo Pasolini, Mauro De Mauro ed Enrico Mattei, oltre alla morte di Giangiacomo Feltrinelli (in realtà deceduto mentre preparava un attentato a un traliccio)[53], alcuni aspetti del caso Moro e le bombe mafiose del 1992-93[52].
In particolare, secondo alcuni, Michele Sindona avrebbe finanziato la strategia della tensione dal 1969 al 1974 (il periodo di maggior interesse degli Stati Uniti), mentre tra i successivi finanziatori, tra gli altri, ci sarebbero stati, in un doppio gioco internazionale dell'Italia tra NATO e paesi non allineati, tra CIA e FPLP, lo stesso Muʿammar Gheddafi[54][55][56][57] (anche azionista di minoranza della FIAT per via del petrolio, e forse coinvolto in un traffico d'armi tra la Libia e la penisola[57] di cui faceva parte anche l'anticomunista Organizzazione Gladio[58], e la cui ascesa venne favorita di nascosto anche dai servizi segreti italiani[59]) ma anche il citato Licio Gelli.[60] Il raìs libico avrebbe anche, con Gelli, finanziato indirettamente le varie "leghe" indipendentiste e alcuni movimenti di estrema destra[59] dal tono apparentemente anti-imperialista (come Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale[59], i principali gruppi coinvolti, con i NAR, nelle bombe stragiste dirette dai servizi deviati), presso cui godeva di grande rispetto[61], così come aveva fatto anche con l'IRA e Settembre Nero.[62]
Alex Boschetti ed Anna Ciammitti nel loro libro La strage di Bologna[63] che analizza la strage del 2 agosto 1980 e tutti i riscontri delle indagini, compresi i depistaggi attuati da Licio Gelli, considerano i NAR un punto di snodo nella strategia della tensione insieme con la P2 e la CIA per attuare uno spostamento dell'Italia verso destra con un golpe strisciante aiutato da gran parte dei rappresentanti di governo e servizi segreti (in buona parte iscritti alla loggia coperta P2).
Fu ipotizzato il coinvolgimento della P2 nella Strage dell'Italicus.[64] Alla detta loggia viene inoltre attribuita impronta "atlantica".[65] Destabilizzare per stabilizzare, quindi una presa violenta del Paese così come era teorizzato dal manuale trovato nella valigetta di Gelli[66] "Field Manual" di provenienza CIA che forse finanziò e favorì tale situazione con l'operazione CHAOS per non permettere l'accesso al governo dei comunisti in Italia, sarebbe stato cioè un coinvolgimento dei servizi segreti italiani, uno dei cui direttori, Vito Miceli, fu arrestato nel 1974.
Secondo il cosiddetto "Memoriale Moro", scritto dall'on. Aldo Moro durante la sua prigionia presso le Brigate Rosse:
«La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l'Italia nei binari della "normalità" dopo le vicende del '68 ed il cosiddetto Autunno caldo. Si può presumere che Paesi associati a vario titolo alla nostra politica e quindi interessati a un certo indirizzo vi fossero in qualche modo impegnati attraverso i loro servizi d'informazioni. Su significative presenze della Grecia e della Spagna fascista non può esservi dubbio e lo stesso servizio italiano per avvenimenti venuti poi largamente in luce e per altri precedenti [...] può essere considerato uno di quegli apparati italiani sui quali grava maggiormente il sospetto di complicità, del resto accennato in una sentenza incidentale del Processo di Catanzaro ed in via di accertamento, finalmente serio, a Catanzaro stessa e a Milano.
Fautori ne erano in generale coloro che nella nostra storia si trovano periodicamente, e cioè ad ogni buona occasione che si presenti, dalla parte di [chi] respinge le novità scomode e vorrebbe tornare all'antico.
Tra essi erano anche elettori e simpatizzanti della D.C.[...] non soli, ma certo con altri, lamentavano l'insostenibilità economica dell'autunno caldo, la necessità di arretrare nella via delle riforme e magari di dare un giro di vite anche sul terreno politico.»
Gianadelio Maletti, l'ex capo dell'ufficio D del SID (dal 1971 al 1975), ora cittadino sudafricano e con diverse condanne pendenti in Italia (tra cui quelle relative ai depistaggi dei servizi nelle indagini sulla strage di piazza Fontana) il 4 agosto 2000 rilascia un'intervista[68] al quotidiano la Repubblica in cui parla del coinvolgimento della CIA nelle stragi compiute dai gruppi di destra: secondo Maletti non sarebbe stata determinante nella scelta dei tempi e degli obbiettivi, ma avrebbe fornito ad Ordine Nuovo e ad altri gruppi di destra attrezzature ed esplosivo (tra cui, in base a quanto riferisce Maletti sulle indagini effettuate allora dal SID, anche quello impiegato nella strage di piazza Fontana) con lo scopo di creare un clima favorevole ad un colpo di Stato simile a quello avvenuto nel 1967 in Grecia e del fatto che al SID, nonostante questo servizio informasse il governo di quanto scoperto, non fu mai chiesto di intervenire.
Gian Adelio Maletti venne ascoltato il 21 marzo 2001 dal tribunale di Milano, relativamente ai processi su Piazza Fontana (evento per cui era stato condannato nel 1981 per depistaggio). Sulla forma della sua deposizione vi fu uno scontro tra difesa e accusa. La difesa sosteneva che dovesse deporre come teste, quindi sotto giuramento e quindi obbligato a dire la verità. L'accusa sostenne invece che dovesse deporre come imputato e quindi senza giuramento e senza il conseguente obbligo di dire la verità. La corte sentenziò a favore delle tesi dell'accusa. Il Maletti depose quindi come imputato e quindi senza obbligo di attenersi al vero nella sua deposizione.[69] Maletti dichiarò che esisteva una "regia internazionale" delle stragi relative alla strategia della tensione. Su domanda della difesa dichiarò tuttavia di non avere prove da poter mostrare[69]. In un'intervista concessa dopo la deposizione Maletti confermerà la sua convinzione che gli Stati Uniti avrebbero fatto di tutto per evitare uno spostamento a sinistra dell'Italia e che simili azioni avrebbero potuto essere state attuate anche in altri paesi.[70] La CIA alcuni mesi dopo respingerà esplicitamente le accuse. Franco Freda ha smentito le tesi di Maletti, affermando l'autonomia ideologica ed operativa di Ordine Nuovo[71]. Altri, senza rinnegare queste ricostruzioni, legano la strategia della tensione alle direttive atlantiche dei servizi segreti, che lasciavano agire, entro certi limiti, i gruppi neofascisti per evitare una crescita eccessiva di quelli comunisti (teoria degli opposti estremismi), ma i neofascisti avrebbero pianificato e agito secondo le loro ideologie eversive, scegliendo obiettivi e modi autonomamente, pur godendo di protezioni e talvolta essendo reclutati. L'ideologia dei gruppi eversivi avrebbe dettato la metodologia stragista o comunque la loro lotta armata, ed essa non fu ordinata dai mandanti occulti in maniera esplicita e diretta.[71] Il giudice Guido Salvini che indagò su piazza Fontana, l'attentato che inaugurò la strategia ha dichiarato che:
«Anche nei processi conclusesi con sentenze di assoluzione per i singoli imputati è stato comunque ricostruito il vero movente delle bombe: spingere l'allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l'insediamento di un governo autoritario. […] Erano state seriamente progettate in quegli anni, anche in concomitanza con la strage, delle ipotesi golpiste per frenare le conquiste sindacali e la crescita delle sinistre, viste come il “pericolo comunista”, ma la risposta popolare rese improponibili quei piani. L'on. Rumor fra l'altro non se la sentì di annunciare lo stato di emergenza. Il golpe venne rimandato di un anno, ma i referenti politico-militari favorevoli alla svolta autoritaria, preoccupati per le reazioni della società civile, scaricarono all'ultimo momento i nazifascisti. I quali continuarono per conto loro a compiere attentati[72].»
L'espressione «strategia della tensione» è in realtà inglese (strategy of tension): fu coniata dal settimanale britannico The Observer, che aveva intrapreso un'inchiesta giornalistica sui legami delle destre tra Grecia ed Italia nel 1969. Il primo articolo di tale inchiesta fu del giornalista Leslie Finer del 7 dicembre 1969, appena cinque giorni prima della strage di piazza Fontana.[73]
«Un gruppo di estrema destra e di ufficiali sta tramando in Italia un colpo di Stato militare con l'incoraggiamento e l'appoggio del governo Greco e del suo Primo Ministro George Papadopoulos. Elezioni anticipate, liquidazione del centrosinistra, ritorno al centrismo, riforma costituzionale in senso presidenziale, definitiva emarginazione delle sinistre»
«Ma non è Finer a coniare quell’espressione»[75]: essa compare nella seconda puntata di quell'inchiesta, condotta dall'Observer dopo una settimana con un articolo del 14 dicembre degli inviati in Italia Neal Ascherson, Michael Davie e Frances Cairncross[76]. Neal Ascherson, inviato a Roma dell’«Observer» e uno dei firmatari dell’articolo, in un’intervista del 2014 rilasciata alla giornalista e ricercatrice romana Simona Zecchi, chiarì che quel discorso e quell’espressione gli erano stati suggeriti da colleghi italiani con i quali era in contatto, Antonio Gambino e Claudio Risé, entrambi dell’«Espresso», nel corso di alcune conversazioni del 12 e 13 dicembre 1969, tra lo scoppio della bomba e la pubblicazione dell’articolo[77].
Un giudizio critico del termine «strategia della tensione» fu dato dal giornalista Indro Montanelli, il quale sostenne che si trattava di una locuzione avallata dagli ambienti di sinistra per fornire un alibi al terrorismo rosso[78] e per sostenere che la violenza veniva soltanto da destra[79], bollandola come un «teorema» che non ha mai trovato dimostrazione[80]. Il generale e studioso di questioni militari Ambrogio Viviani ha scritto che i cosiddetti depistaggi costituivano semplicemente informazioni incomplete dato che gli informatori non potevano accedere a tutto nelle organizzazioni in cui erano infiltrati e che le cosiddette protezioni degli stessi costituivano una prassi utilizzata da tutti i servizi segreti del mondo[81]. Lo storico Giovanni Sabatucci ha affermato che non è stato dimostrato il nesso tra le stragi terroristiche e i risultati elettorali, facendo tra l'altro notare che gli anni in cui si ebbero le maggiori stragi (1972-1976) si erano chiusi con un aumento vertiginoso di voti per il Pci (che passò dal 27% al 34,4%); e che la strage alla Stazione di Bologna dell'agosto 1980 si verificò quando l'avanzata comunista aveva già cessato di apparire come una minaccia.[82] Dunque la strategia della tensione fallì gli obiettivi che i suoi architetti si erano preposti: tutto il lavorio terroristico degli uomini del SID, dell'Ufficio Affari Riservati con Federico Umberto D'Amato, della CIA che finanziava il SID,[83] dell'Aginter Press per mezzo di Guido Giannettini, di Stefano delle Chiaie di Avanguardia Nazionale, di Franco Freda e Giovanni Ventura di Ordine Nuovo e di migliaia di fiancheggiatori fu proprio inutile. In Italia il potere costituzionale continuò a funzionare e la repubblica presidenziale o la dittatura militare, malgrado tutto, non riuscirono mai a essere realizzate.
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