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Lo Statuto dei consoli del Comune di Pistoia del 1117, (Constitutum, consulum, Communis Pistoriae) rappresenta la più antica raccolta scritta di leggi, regolamenti e consuetudini dell'età Comunale, a noi pervenuta.
Si tratta del frammento di una copia dell'originario statuto dei consoli, la primitiva magistratura civica di Pistoia, eseguita a circa sessant'anni di distanza dalla compilazione dell'originale, datato ormai con una certa sicurezza al 26 novembre 1117. È la più antica testimonianza normativa di un Comune italiano. Fra gli statuti del XII secolo di cui si conservano l'originale od una copia, si possono ricordare quelli di Genova del 1143 e di Pisa del 1162-64. Per molte altre città che sicuramente si erano date uno statuto intorno alla metà del XII secolo (Milano, Siena, Lucca) non è invece rimasta alcuna documentazione.
L'originale, con tutte le modifiche e aggiunte apportate nel tempo, è andato perduto e ne sopravvive solamente parte della copia eseguita dalla Chiesa pistoiese e da allora conservata, con altri statuti pistoiesi di poco successivi, nel codice C.90 dell'Archivio capitolare di Pistoia. La copia risulta eseguita nel 1175 per mano di “Guido notarius domni imperatoris Frederici”.
Lo statuto del 1117, si compone di due fogli, piegati in quattro carte, delle quali: le prime due (la 1 e la 2) scritte in recto e verso, per complessive quattro facciate e le ultime due (la 7 e la 8), bianche. Altri due fogli centrali del quaderno originario, (corrispondenti alle carte 3,4,5 e 6) sono andati perduti.
Nelle quattro carte superstiti sono riportati 24 capitoli di norme statutarie (Et statuimus...) riguardanti molte e disparate materie. La cattiva qualità della pergamena, di consistenza assai variabile e rozza, tagliata irregolarmente e l'intensa consultazione a cui i codici sono stati sottoposti nei secoli, ne hanno favorito un grave deperimento, sia del supporto che del testo.
Nella storia italiana, lo statuto pistoiese del 1117 costituisce il primo riscontro dell'assunzione formale da parte di una comunità cittadina dei principi di autogoverno, con un proprio testo normativo elaborato in piena libertà ed autonomia, anziché dettato o delegato da un diploma imperiale.
Nonostante la sua frammentarietà, il Constitutum consulum Communis Pistoriae riesce a mostrare un quadro assai ben definito dei rapporti politici e sociali di quel fondamentale momento storico di passaggio. Gli argomenti trattati dalle norme leggibili nel frammento (numerate progressivamente nell'edizione del Berlan, dal numero 1 al 24) sono infatti i seguenti:
Un quadro assai significativo della vita comunitaria dei cittadini di Pistoia, dove per la prima volta si incontrano nuovi concetti di libertà e partecipazione civica di una società ormai sempre più distaccata dagli schemi feudali e già protesa verso gli albori di un sia pur rudimentale assetto democratico.
Si delinea un ordinamento istituzionale già ben definito nei suoi organi essenziali: l'assemblea, il Consiglio, i consoli. Questi organi autonomi, espressione della città, provvedono a nominare tutte le autorità sia politiche che giurisdizionali, svincolandosi così dall'autorità del sovrano.
La base del nuovo sistema politico diviene “l'arengo” l'assemblea dei cittadini che provvede all'elezione dei consoli e dei consiglieri. Probabilmente nella piazza, non sappiamo con quali modalità di voto e di partecipazione, ma certamente con una partecipazione corale della città in una forma rudimentale di democrazia diretta.
Sul rispetto della religione, ma anche sulla prevalenza dell'autorità laica
Sulla libertà dei cittadini e sulla loro difesa da parte delle istituzioni
Lo statuto pistoiese, grazie al suo primato di antichità, ha conosciuto moltissime e precoci edizioni, a partire da quella del 1741 curata da Ludovico Antonio Muratori, fino all'ultima promossa nel 1995 dal Comune di Pistoia e dalla Società pistoiese di storia patria.
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