La chiesa di San Vittore alle Chiuse o "delle Chiuse"[1] è un edificio romanico che si trova a San Vittore Terme nel comune di Genga (provincia di Ancona), in posizione isolata alla confluenza del fiume Sentino nell'Esino e presso la gola e le grotte di Frasassi. È stata dichiarata monumento nazionale nel 1902.[2]
Abbazia di San Vittore alle Chiuse | |
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Stato | Italia |
Regione | Marche |
Località | Genga |
Coordinate | 43°24′08.32″N 12°58′14.09″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Diocesi | Fabriano-Matelica |
Stile architettonico | romanico |
Inizio costruzione | 1060 |
Completamento | 1080 |
Storia
Sorta come chiesa conventuale benedettina di un complesso monastico documentato fin dal 1007[3], la sua edificazione dovrebbe risalire al periodo 1060-1080.[4] e nonostante pesanti restauri novecenteschi mostra ancora l'articolazione volumetrica originale. All'inizio del XIII secolo il convento raggiunge il periodo di maggiore splendore, esercitando la giurisdizione su 42 chiese e su vasti beni e territori. Dopo una lunga decadenza, nel XV secolo l'abbazia fu soppressa; del complesso monastico rimangono solo pochi ambienti.
Architettura
La chiesa, costruita in pietra calcarea, presenta una pianta a croce greca iscritta in un perimetro quasi quadrato, con quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate coperte da volte a crociera a parte quella centrale sulla quale si imposta una cupola con tiburio ottagonale, poggiante sulle colonne, tramite arconi e pennacchi a tromba. Sono presenti cinque absidi semicircolari lungo il perimetro: una su ciascun fianco e tre sul lato absidale a oriente. La facciata è caratterizzata da una bassa torre cilindrica e da un alto torrione quadrangolare che probabilmente ha sostituito l'altra torre cilindrica in epoca successiva. Le due torri e la compatta volumetria contribuiscono a dare alla chiesa un aspetto di fortezza.
Alcune caratteristiche della chiesa come la pianta a croce greca iscritta in un quadrato, la disposizione delle absidi, la facciata con atrio chiuso tra due torri, quasi a costituire un westwerk e il trattamento decorativo esterno con archetti pensili, sono condivise da un gruppo ben definito di chiese marchigiane extraurbane, con volume esterno massiccio e quasi cubico.[5]. Si tratta in particolare della chiesa di San Claudio al Chienti (ritenuta la capostipite della serie), l'abbazia di Santa Maria delle Moie e la chiesa di Santa Croce di Sassoferrato.
Generalmente lo schema planimetrico a pianta centrale è stato riferito ad una influenza bizantina[6]. Di recente è stato invece sostenuta la sostanziale indipendenza della costruzione da modelli orientali e la sua derivazione invece da modelli occidentali di origine nordica, variamente rintracciabili in chiese tedesche, normanne, lombarde e pugliesi.[7]. Anche nel sobrio trattamento delle superfici murarie esterne, con archetti ciechi e lesene potrebbe essere riconosciuto un'influenza dell'architettura lombarda[8].
All'interno la struttura si presenta spoglia, fatta eccezione per una particolare incisione nei pressi della porta a sinistra dell'altare, che sembra raffigurare un otto o un simbolo dell'infinito in verticale del quale non si conosce scopo o significato.[9]
Note
Bibliografia
Altri progetti
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