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struttura architettonica usata nella città di Venezia in epoche passate per l'approvvigionamento dell'acqua potabile Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il pozzo veneziano è una struttura architettonica usata nella città di Venezia in epoche passate per l'approvvigionamento dell'acqua potabile.
Attualmente, gli oltre 600 pozzi veneziani superstiti costituiscono un complemento ornamentale, ma imprescindibile dell'urbanistica veneziana, alla cui unicità e peculiarità contribuiscono in modo fondamentale.
L'approvvigionamento idrico fu sempre problematica fondamentale a Venezia e nelle isole limitrofe. Date le particolari caratteristiche idro-geologiche della laguna, i cittadini avviarono già nell'Alto Medioevo la costruzione di cisterne sotterranee, comunemente definite pozzi. Per parte sua, il Governo dell'isola incoraggiò, promosse e coordinò la realizzazione d'impianti idrici.
Nel 1322 il Maggior Consiglio decretò la costruzione di cinquanta pozzi. Nel 1386 venne fondata la "Corporazione degli Acquaioli". Nel 1424 altri trenta pozzi vennero realizzati. Nel settecento si contavano 157 pozzi pubblici, ai quali bisognava aggiungere svariate migliaia di pozzi privati[1], tanto che nel 1858 l'Ufficio Tecnico Comunale di Venezia stimò la presenza nella sola città di quasi 7.000 pozzi (6.046 pozzi privati e 180 pubblici, oltre 556 già interrati). Durante operazioni di manutenzione sono stati portati alla luce i resti di un pozzo nella stessa Piazza San Marco ed è stata incisa nel selciato la traccia della sua dislocazione.
Nel XIX secolo, con la costruzione dell'acquedotto cittadino, l'impiego dei pozzi come fonte di approvvigionamento idrico venne progressivamente abbandonato fino a cessare del tutto. Per motivi di sicurezza, la sommità dei pozzi ormai non più utilizzati venne chiusa con coperture in metallo o in cemento.
Il pozzo veneziano si differenzia dal pozzo artesiano ordinario in quanto, per le particolari caratteristiche idro-geologiche della laguna di Venezia, l'acqua non veniva ricavata accedendo a una fonte sotterranea ma esclusivamente tramite raccolta e filtraggio dell'acqua piovana, sfruttando la natura argillosa e quindi sostanzialmente impermeabile del sottosuolo veneziano.
La costruzione di un pozzo era alquanto complessa[2][3]. Era necessario innanzitutto poter disporre di una superficie di raccolta sufficientemente ampia attorno al pozzo vero e proprio, verso la quale far convergere l'acqua piovana: per tale motivo i pozzi veneziani si trovano pressoché esclusivamente nei campi o nelle corti più ampie.
Una volta individuata, l'area, di pianta rettangolare o quadrata, veniva scavata per una profondità di cinque o sei metri, rivestita di uno spesso strato di argilla impermeabile (la crea) e riempita con strati di sabbia di fiume di diversa finezza, che svolgevano la funzione di filtro. In alcuni casi, per poter raggiungere la profondità necessaria, si ricorse alla sopraelevazione di parte o dell'intero campo: questo tipo di soluzione si può vedere molto chiaramente in Campo San Trovaso, in Campo Sant'Angelo e nella Piazzetta dei Leoncini, di fronte alla sede del Patriarcato.
L'acqua piovana veniva raccolta tramite due o quattro tombini in pietra d'Istria, detti "pilelle", disposti in modo simmetrico rispetto alla canna del pozzo. Per limitare le dispersioni, sotto i tombini veniva realizzata una struttura in mattoni a forma di campana, aperta sul fondo, per convogliare quanta più acqua piovana possibile direttamente verso le sabbie di filtraggio. Tutta l'area circostante i tombini veniva inoltre sopraelevata in pendenza per favorire la raccolta dell'acqua piovana.
La canna del pozzo, posta al centro dell'area di raccolta, poggiava su un disco di pietra d'Istria e veniva poi realizzata con mattoni speciali, detti pozzali, che consentivano all'acqua piovana filtrata di entrare nella canna. La parte sporgente, rialzata e accessibile tramite uno o due gradini sempre in pietra d'Istria, veniva terminata con la cosiddetta vera da pozzo, solitamente anch'essa in pietra d'Istria rifinita con decorazioni, che fungeva sia da parapetto che da sostegno per la carrucola con cui le donne veneziane attingevano l'acqua tramite secchi. Alcune di queste vere, specie nel caso dei pozzi più antichi, furono ricavate da grandi capitelli provenienti da costruzioni di epoca romana[4].
L'area del pozzo veniva infine ricoperta di uno strato di muratura su cui appoggiare i masegni della pavimentazione che veniva raccordata con il resto della pavimentazione del campo o della corte. In alcuni casi i limiti dell'area del pozzo sono evidenziati a livello della pavimentazione pedonale da lastre in pietra d'Istria che circondano tutta la struttura.
La costruzione di un pozzo era economicamente molto costosa per la complessità del procedimento, per la quantità dei materiali e per le difficoltà tecniche accessorie: uno scavo di cinque o sei metri porta a dover lavorare sotto al livello della laguna e quindi rendeva necessario il ricorso a speciali strutture di contenimento e di impermeabilizzazione. Vista l'estrema utilità pubblica, la donazione di un pozzo alla città da parte delle famiglie nobili o più abbienti era considerato un atto di grande benemerenza e quindi dava lustro ai donatori. La Repubblica incoraggiava molto questo genere di iniziative vista l'importanza notevole per la stessa sopravvivenza della popolazione. Per questo motivo le vere di moltissimi pozzi veneziani presentano iscrizioni o bassorilievi relativi alla famiglia che si era fatta carico della costruzione del pozzo.
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