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La Populorum progressio (in italiano: Lo sviluppo dei popoli) è una famosa enciclica sociale scritta da papa Paolo VI e pubblicata il 26 marzo 1967.
Populorum progressio Lettera enciclica | |
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Pontefice | Papa Paolo VI |
Data | 26 marzo 1967 |
Anno di pontificato | IV |
Traduzione del titolo | Lo sviluppo dei popoli |
Argomenti trattati | Dottrina sociale e sottosviluppo |
Enciclica papale nº | V di VII |
Enciclica precedente | Christi Matri |
Enciclica successiva | Sacerdotalis caelibatus |
«Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell'ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della chiesa»
I primi contatti di Montini con i paesi allora considerati del terzo mondo (e successivamente del quarto) e i paesi in via di sviluppo risalgono ai primi anni sessanta quando, ancora arcivescovo di Milano, compie viaggi in America Latina (1960) e in Africa (1962). Diventato pontefice, nel 1964 si reca in Terra santa e in India, dove poté «vedere [...] e quasi toccar con mano le gravissime difficoltà che assalgono popoli di antica civiltà alle prese con il problema dello sviluppo» (§ 4).
Nella stessa enciclica, il pontefice spiegò che la questione sociale avesse negli ultimi anni acquistato una dimensione mondiale, così come insegnato dal suo predecessore Giovanni XXIII e ribadito nella Costituzione conciliare Gaudium et spes promulgata nel 1965. Da questi l'esigenza di affrontare in modo completo i problemi del sottosviluppo:
«Si tratta di un insegnamento di particolare gravità che esige un'applicazione urgente, I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d'angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello.»
L'enciclica è dedicata alla cooperazione tra i popoli e al problema dei paesi in via di sviluppo. In essa vi è la denuncia dell'aggravarsi dello squilibrio tra paesi ricchi e paesi poveri, la critica al neocolonialismo e il diritto di tutti i popoli al benessere. È inoltre presente una critica al capitalismo e al collettivismo marxista. L'enciclica propone infine la creazione di un fondo mondiale per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo.
Fondamentale è il concetto di vocazione come causa e senso dello sviluppo: esiste quindi un legame inscindibile tra lo sviluppo e la promozione dell'uomo e della famiglia umana:
«Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev'essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo. [...] Nel disegno di Dio, ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione.»
L'enciclica è una delle più famose e importanti della storia della Chiesa anche se contiene punti che sono stati oggetto di dibattiti (come il diritto dei popoli a ribellarsi anche con la forza contro un regime oppressore) e di feroci critiche negli ambienti più conservatori.
In alcuni ambienti tradizionalisti questo documento venne tacciato infatti di essere vicino ad una dottrina sociale troppo clemente verso la sinistra e il suo pensiero. All'indomani della sua pubblicazione, il periodico di destra il Borghese titolò in tono polemico: "Avanti Populorum!".
Rimase ad esempio famoso il passo in cui Montini afferma:
«[...] La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.»
La fama del passo in realtà fu dovuta anche alla citazione da parte di Giovanni Paolo I, nell'Udienza Generale del 27 settembre 1978 (l'ultima del suo breve pontificato), in cui il papa ripropose il concetto espresso da Montini nella Populorum progressio, prediligendo un lessico un po' più semplice, ma lasciando inalterato il significato:
«La proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile ed assoluto: nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni in suo vantaggio, oltre il bisogno, quando ci sono quelli che muoiono per non avere niente.»
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