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genere di uccelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Pelecanus Linnaeus, 1758 è un genere di uccelli acquatici, unico genere vivente della famiglia Pelecanidae.[1]
Pelecanus | |
---|---|
Pellicano australiano (Pelecanus conspicillatus) | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Deuterostomia |
Phylum | Chordata |
Subphylum | Vertebrata |
Superclasse | Tetrapoda |
Classe | Aves |
Sottoclasse | Neornithes |
Ordine | Pelecaniformes |
Famiglia | Pelecanidae Rafinesque, 1815 |
Genere | Pelecanus Linnaeus, 1758 |
Specie | |
Il nome del genere viene dal latino tardo pelecanus, che a sua volta deriva dal greco πελεκάν (pelekán, "pellicano"). Si ritiene che la radice remota del termine sia il greco πέλεκυς (pélekys, "scure"), per la forma del becco[2].
Il genere comprende otto specie, tutte di grossa taglia, viventi sui grandi laghi o presso coste marine.
Loro caratteristica è il profondo sacco golare sotto il becco lungo e largo. Non hanno dimorfismo sessuale.
I pellicani hanno zampe corte e forti, piedi palmati che li fanno avanzare rapidi nell'acqua e ne facilitano il decollo, piuttosto goffo, dalla superficie liquida.
Come molti uccelli, dorme con un occhio aperto e solo metà del suo cervello riposa.[senza fonte]
Sono uccelli gregari, forti volatori, che si cibano di pesce catturato mentre nuotano in acque poco profonde o, nel caso di una specie, tuffandosi mentre sono in volo. A volte si cibano anche di piccoli uccelli.
Secondo il Congresso ornitologico internazionale (aprile 2012) il genere comprende otto specie:[1]:
Sono note anche alcune specie fossili, di cui riportiamo l'elenco secondo Avibase Avibase - The World Bird Database:
Altri autori aggiungono anche:
Il pellicano comune è un uccello che vive in Europa orientale, in Asia sud-occidentale e in Africa, a cui si attribuisce sin dal medioevo un importante significato allegorico.
Dagli antichi greci il pellicano veniva chiamato onocrotalo, perché il suo strano grido, krotos, era simile a quello di un asino (onos) - o perché assomiglia al suono di un sonaglio (sempre krotos) appeso al collo di un asino.[senza fonte]
Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca, ha indotto all'errata credenza che i genitori si lacerino il petto per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a divenire "emblema di carità" (Oswald Wirth).[senza fonte] Il pellicano è divenuto pertanto il simbolo dell'abnegazione con cui si amano i figli.
Antiche leggende raccontano che i suoi piccoli vengono al mondo talmente deboli da sembrare morti, o che la madre, tornando al nido, li trovi uccisi da un serpente o da una nitticora, suo rivale. Il Fisiologo nel suo inventario (II-IV secolo?) afferma che il pellicano ama moltissimo i suoi figli: «quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po' cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito però ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi morti dei piccoli, li risuscita».
«Parfois pasmés aussi comme sans vie, et si pairons les guarissent de leur sanc»
«Ridotti a volte come privi di vita, i loro genitori li guariscono con il loro sangue»
Per tutte queste ragioni, l'iconografia cristiana ha fatto del pellicano un'allegoria del supremo sacrificio di Gesù Cristo, salito sulla croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l'acqua, fonte di vita eterna per gli uomini. Ne parla l'inno Adoro te devote (che recita: Pie pellicane, Jesu Domine...). Negli ultimi tre secoli del medioevo, sovente è stato al centro dell'attenzione artistica: rappresentato in scultura o in pittura col nido dei suoi piccoli sulla sommità della croce e nell'atto di straziarsi il petto con i colpi del suo becco.
Il pellicano è una figura rappresentativa anche in altre culture, infatti i musulmani considerano lo stesso un uccello sacro poiché, come narra una loro leggenda, allorché i costruttori della Kaʿba dovettero interrompere i lavori per mancanza d'acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l'acqua occorrente a consentire il completamento dell'importante costruzione sacra.
In alchimia, il sangue scaturente dal petto del pellicano è, per l'Ars Symbolica,[cioè?] la forza spirituale che alimenta il lavoro dell'alchimista che, con grande amore e sacrificio, conduce la ricerca della perfezione. Questo emblema è presente nell'iconografia alchemica: da un lato raffigura un genere di storta, ossia un recipiente nel quale veniva riposta la materia liquida per la distillazione, il cui “beccuccio” è piegato in direzione della cupola convessa; dall'altro costituisce un'immagine della "pietra filosofale" dispersa nel piombo allo stato fluido, nel quale si fonde al fine di determinare la trasmutazione del vile metallo in oro. Il pellicano è quindi la metafora dell'aspirazione non egoistica all'ascesa verso la purificazione, della generosità assoluta, «in mancanza della quale, nell'iniziazione, tutto resterebbe irrimediabilmente vano» (Oswald Wirth).[senza fonte]
Il pellicano è il simbolo del 18º grado del Rito scozzese antico ed accettato.[4]
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