Istituto nazionale per le malattie infettive

istituto di ricerca sulle malattie infettive di Roma Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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L'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani (INMI "Lazzaro Spallanzani" IRCCS) è un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, sito a Roma in via Portuense, 292.

Fatti in breve Stato, Località ...
Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani
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La facciata dell'Istituto
StatoItalia (bandiera) Italia
LocalitàRoma
IndirizzoVia Portuense, 292
Fondazione1936
Num. impiegati874 (30 giugno 2023)
Dir. generale(Commissario Straordinario) Cristina Matranga
Dir. sanitarioPietro Scanzano
Dir. scientificoEnrico Girardi
Dir. amministrativoBarbara Solinas
Sito webwww.inmi.it/
Mappa di localizzazione
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Storia

L'ospedale Lazzaro Spallanzani fu fondato nel 1936 e fu destinato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive, occupando con i suoi 15 padiglioni un'area di 134000  all'interno dell'ospedale San Camillo, fondato nel 1929.

Nel corso degli anni '30 fu aperta una sezione dedicata alla cura e alla riabilitazione per i malati di poliomielite, mentre negli anni '70 l'Istituto si concentrò sul contrasto all'epatite B, che rappresentò un punto di partenza verso una maggiore competenza nel campo dell'epatite virale acuta e cronica. A partire dal 1980 rappresenta uno dei maggiori centri per l'assistenza e la ricerca sulle infezioni causate dal virus HIV.[1]

Un'espansione del complesso si ebbe nel 1991 mentre nel 1996 il Ministero della salute ha riconosciuto lo Spallanzani come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS).

Nei primi anni 2000 il Ministero identificò l'ospedale come polo nazionale contro il bioterrorismo e specializzato nel trattamento di malattie infettive ad elevato impatto, ossia SARS, FEV e MERS.[2]

Con deliberazione della Giunta Regionale del Lazio nº 157/2007 è stato istituito il Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti (POIT), una struttura deputata ai trapianti di fegato, reni e pancreas partecipata sia dallo Spallanzani che dal San Camillo-Forlanini.[2]

L'Istituto possiede uno dei due laboratori con livello di biosicurezza 4 presenti in Italia (l'altro è presso l'ospedale Luigi Sacco di Milano).[3]

Il 25 novembre 2014 è stato ricoverato presso l'istituto Fabrizio Pulvirenti, un medico italiano di Emergency infettato dal virus Ebola mentre si trovava ad operare in Sierra Leone[4], poi dimesso il 2 gennaio 2015[5].

Ruolo nell'epidemia di 2019-nCoV

Lo stesso argomento in dettaglio: Pandemia di COVID-19 del 2019-2021.

Nell'ambito della pandemia di COVID-19 l'Istituto, a partire dal 30 gennaio 2020, ha ospitato i primi due infettati identificati in Italia: due turisti cinesi, originari della provincia di Hubei, di 66 e 67 anni.[6]

Il 2 febbraio, durante una conferenza stampa, il Ministro della salute Roberto Speranza ha annunciato che un gruppo di ricercatori dell'INMI ha isolato il coronavirus SARS-CoV-2.[7] Il team era composto da Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita, e Concetta Castilletti.[8]

Le sequenze parziali sono state tempestivamente pubblicate sul portale GenBank a disposizione della comunità scientifica internazionale[9][10].

A partire dal 6 febbraio 2020 il nosocomio ospita anche il primo italiano risultato positivo al coronavirus, si tratta di uno dei 56 italiani rimpatriati da Wuhan con un volo speciale.[11]

Collegamenti

Note

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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