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poeta russo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Osip Ėmil'evič Mandel'štam (in russo Осип Эмильевич Мандельштам?; Varsavia, 15 gennaio 1891 – Vladivostok, 27 dicembre 1938) è stato un poeta, letterato e saggista russo. Prosatore e saggista, esponente di spicco dell'acmeismo e vittima delle Grandi purghe staliniane è da molti considerato il maggiore poeta russo del Novecento.[1]
Mandel'štam nacque a Varsavia (all'epoca parte dell'Impero russo) da una benestante famiglia ebraica, che poco dopo la nascita del futuro poeta si trasferì a San Pietroburgo. Il padre era mercante di pellami, la madre era pianista e insegnante di musica. Nel 1900 Mandel'štam si iscrisse alla prestigiosa scuola Teniševskij, sul cui annuario, nel 1907, apparve la sua prima poesia. Compì diversi viaggi in Italia. Nel 1908 decise di entrare alla Sorbona di Parigi per studiare letteratura e filosofia, ma già l'anno seguente si trasferì all'Università di Heidelberg per poi passare, nel 1911, a quella di San Pietroburgo. Nel 1911 in Finlandia si convertì al Cristianesimo metodista per convinzione spirituale e per opportunità pratica poiché in questo modo avrebbe potuto iscriversi all'università il cui accesso era impedito agli ebrei. Questo tuttavia non impedì a Mandel'štam di continuare a sentirsi profondamente legato alla cultura ebraica.[2]
Nel 1911 aderì alla "Gilda dei poeti", fondata da Nikolaj Gumilëv e da Sergej Gorodeckij. Intorno a questo gruppo si sviluppò il movimento letterario dell'acmeismo, nato come reazione al simbolismo: Mandel'štam fu, nel 1913 tra gli autori del manifesto della corrente, pubblicato solo nel 1919. Nello stesso anno pubblicò la sua prima raccolta di poesie, La pietra. Riformato dal servizio militare, allo scoppio della guerra viaggiò per la Russia, soprattutto in Crimea; a Kiev nel 1919 incontrò Nadežda, giovane pittrice colta, che sarà la sua compagna della vita. Nel 1922 si trasferì a Mosca con la moglie, sposata l'anno precedente, mentre a Berlino pubblicava la sua seconda raccolta, Tristia. In seguito, e per diversi anni, trascurò la poesia per dedicarsi principalmente a saggistica, critica letteraria, memorie (Il rumore del tempo e Fedosia, entrambe del 1925), e brevi testi in prosa (Il francobollo egiziano, 1928). Per sostenersi, eseguì numerose traduzioni e collaborò con un giornale.
Accusato di plagio nel 1929 per un errore del suo editore, si difese con energia in una serie di scritti e per evitare ulteriori polemiche viaggiò in Georgia e in Armenia di cui scrisse nel 1930 in Viaggio in Armenia, opera duramente criticata dalla Pravda. Le tendenze anticonformiste e di critica al sistema staliniano di Mandel'štam, che pure nei primi anni aveva convintamente aderito al bolscevismo, deflagrarono nel novembre del 1933, quando compose e diffuse il celebre Epigramma di Stalin che era succeduto a Lenin a capo del paese e definito da Mandel'štam «il montanaro del Cremlino», le cui «tozze dita come vermi sono grasse» [3]. Si trattava di una feroce e sarcastica critica del regime comunista di Stalin, a cui il poeta attribuiva la colpa della grande carestia provocata in Ucraina dalla collettivizzazione forzata[4].
Sei mesi più tardi fu arrestato una prima volta dall'NKVD, ma schivò la condanna al campo di lavoro: un evento sorprendente, generalmente interpretato come segno di interessamento personale di Stalin al suo caso. Mandel'štam fu tuttavia inviato con la moglie al confino sugli Urali, a Čerdyn'. In seguito, dopo un tentativo di suicidio, la pena fu attenuata e si ridusse al divieto di ingresso nelle grandi città; Mandel'štam scelse di stabilirsi con la moglie a Voronež. Nel 1938 fu nuovamente arrestato; condannato ai lavori forzati, fu trasferito nell'estremità orientale della Siberia. Morì a fine dicembre nel gulag di Vtoraja rečka, un campo di transito presso Vladivostok, ufficialmente a causa di una non meglio specificata malattia. Il suo ricordo fu per lungo tempo conservato clandestinamente dalla moglie, che aveva imparato a memoria numerosi testi poetici del marito.
«Mia cara bambina,
non c’è praticamente nessuna speranza che questa lettera ti arrivi. Prego Dio che tu capisca quello che sto per dirti: piccola, io non posso né voglio vivere senza di te, tu sei tutta la mia gioia, sei la mia tutta mia, per me è chiaro come la luce del giorno. Mi sei diventata così vicina che parlo tutto il tempo con te, ti chiamo, mi lamento con te.»
Alla morte di Mandel'štam è ispirato un racconto di Varlam Tichonovič Šalamov, dal titolo "Cherry-brandy", pubblicato nella raccolta I racconti di Kolyma.[6]
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