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Origine africana dell'Homo sapiens
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L'origine africana di Homo sapiens è il modello paleoantropologico più ampiamente accettato[1] tra le ipotesi che cercano di descrivere e ricostruire l'origine e le prime migrazioni dell'uomo moderno.
È conosciuta anche come Ipotesi africana, Teoria della migrazione dall'Africa (in inglese Out of Africa - da cui le teorie Out of Africa I e Out of Africa II), Origine africana recente, Ipotesi di un'origine unica e recente (RSOH dall'inglese recent single-origin hypothesis), Teoria del rimpiazzo (dall'inglese Replacement Hypothesis).
L'origine africana dell'uomo moderno si basa fondamentalmente sui dati genetici e sui ritrovamenti archeologici. Tali dati convergono verso un'unica data e un'unica localizzazione, cioè l'Africa subsahariana circa 200 000 anni fa.
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Prove paleoantropologiche
Secondo la paleoantropologia, l'Homo sapiens più antico sarebbe l'Uomo di Kibish (o resti Omo I), i cui resti sono stati trovati a Kibish in Africa orientale (fiume Omo, Etiopia), risalente a circa 195 000 anni fa[2].
La distribuzione dei siti di ominidi nel vecchio continente e gli studi di antropologia fisica forniscono anche indizi geografici per l'origine africana dell'uomo moderno. Per esempio, uno studio craniometrico di un campione di seimila crani conclude che maggiore è la distanza dal continente africano, proporzionalmente minore sarà la variabilità fenotipica, cosa che corrobora l'ipotesi di una deriva genetica, in questo caso dall'Africa subsahariana[3].
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Prove archeologiche
La scoperta di resti che mostrano il comportamento umano moderno è considerata la prova consistente della presenza di Homo sapiens. È noto che in Europa il comportamento umano moderno corrisponde al Paleolitico superiore, all'incirca 30 000 anni fa; ma molto prima in Africa, esiste la prova materiale della presenza di esseri umani moderni.
Punte di freccia e strumenti in osso per la pesca trovati nel Congo (di circa 90 000 anni fa) sarebbero la più antica scoperta del comportamento umano moderno,[4] come anche le punte di pietra e le punte di freccia di osso trovate in alcuni siti archeologici, a Howiesons Poort e a Stillbay in Sudafrica (di circa 60 a 70 000 anni).[5]
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Prove geografiche
Il basso livello dei mari permetteva di percorrere l'odierno stretto di Djibouti a piedi e probabilmente da qui sono passate le ultime migrazioni dal corno d'Africa all'Arabia come anche le dimostrazioni di datazione dei reperti della zona che arrivano sino a 400 000 anni prima del presente, e successivamente circa 85 000 anni fa attraversando il "corridoio verde" dell'antico Sahara passarono in Arabia verso la penisola indica ed in seguito il resto dell'Asia, come le evidenze sembrano suggerire[6], con migrazioni di popolazioni che si spostavano seguendo corsi d'acqua, fiumi e laghi.
Prova linguistica
Tuttavia, nel 2011 l'antropologo Quentin Atkinson ha pubblicato uno studio[7], peraltro molto contestato,[8][9][10][11][12][13] che localizzerebbe in Africa occidentale un'ipotetica lingua primigenia. Analizzando 504 lingue viventi ha infatti rilevato che le lingue con più suoni sono quelle parlate in Africa e quelle che ne contengono meno si trovano in America Meridionale e nelle isole dell'Oceania; così, per esempio, mentre la lingua hawaiiana ha 13 suoni, la lingua khoisan !Xu ne raggiunge 141.
Gli oppositori, pur non negando la possibile origine africana della lingua, contestano sia il campione di lingue scelte (con campioni diversi si ottengono risultati diversi) sia la numerosità dei fonemi come marcatori dell'antichità della lingua. Atkinson ipotizza infatti un "effetto fondatore" analogo a quello della genetica, per cui i gruppi emigrati avrebbero portato con sé meno fonemi di quelli del gruppo originario; tuttavia non esistono prove che le lingue derivate utilizzino meno fonemi di quelle da cui derivano, come dimostra la presenza di lingue con alti numeri di fonemi sia in Nordamerica che in Sudamerica.
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Microbiologia
Lo studio microbiologico del batterio gastrico umano Helicobacter pylori ha rivelato che la distribuzione dei ceppi (varietà) è in relazione ai modelli di migrazione degli esseri umani. Si è arrivati alla conclusione che l'origine dell'uomo moderno e di questi batteri è nell'Africa subsahariana, data la maggiore diversità ivi riscontrata.[14]
Evidenze genetiche e climatologiche
Riepilogo
Prospettiva
Le evidenze genetiche suggeriscono che gli esseri umani anatomicamente moderni (Homo sapiens) si siano evoluti 200 000 anni fa da una preesistente popolazione di esseri umani anatomicamente "arcaici", definiti Homo sapiens[15]. I dati climatologici (palinologia, glaciologia, idrogeologia) confermano l'esistenza di momenti climatici che potrebbero essere responsabili di un collo di bottiglia che abbia causato selezione naturale e deriva genetica della nuova specie. Le primigenie espressioni di umani moderni africani dell'epoca, geneticamente non avevano la morfologia e fenotipo africano odierno, ma avevano una pelle di tonalità variabile meticcia e caratteristiche morfologiche intermedie, che poi nel tempo si sono estremizzate nelle espressioni caratteristiche attuali[16].
Luigi Cavalli-Sforza, uno dei più famosi genetisti, usa metodiche di indagine basate sul DNA mitocondriale, segmenti ripetitivi di alcune sequenze del DNA genomico, che offrono dati aggiuntivi assai utili negli studi sul lontano passato e la tecnica dell'orologio molecolare, che permetterebbe di calcolare il tempo trascorso dalla separazione fra due specie o popolazioni, analizzando la differenza di mutazioni accumulate. L'autore, che segue l'opinione prevalente oggi, individua l'Africa come la patria originaria sia dei primi ominidi che dell'homo sapiens, cioè di individui morfologicamente già assai simili a noi.[17]
DNA mitocondriale
- Aplogruppo N (mtDNA)
Il macro-aplogruppo N (l'aplogruppo predominante dell'Homo sapiens in Eurasia occidentale e a cui sembra appartenere anche l'Uomo di Cro-magnon trovato vicino a Paglicci in Italia[18]) è l'aplogruppo ancestrale di quasi tutti gli aplogruppi europei e in Oceania e di molti aplogruppi asiatici e amerindi. Sembra abbia avuto origine 80 000/60 000 anni fa nell'Eurasia del sud insieme al suo parente M (predominante in Eurasia orientale) e poi sia introgresso in Africa del Nord e Corno d'Africa[19][20][21][22][23][24][25].
- Aplogruppo M (mtDNA)
Il macro-aplogruppo M (l'aplogruppo predominante dell'Homo sapiens in Eurasia orientale) è l'aplogruppo ancestrale della maggior parte degli aplogruppi dell'India, Bangladesh, Siberia, America, Asia (dell'Est, Sud, Centro e Sud-est) e Melanesia. Come per il suo contemporaneo e parente aplogruppo N, sembra abbia avuto origine nell'Eurasia del sud[26][27][28][29][30] e poi sia introgresso in Africa[21][22][24]. Consistente inoltre con l'origine e diffusione dell'aplogruppo F del cromosoma Y (l'"Adamo Euroasiatico") dal quale discende il 90/95% dell'attuale Homo sapiens.
DNA nucleare
Cromosoma Y
Il teorico aplogruppo CT del cromosoma Y (perché nessun uomo in tale aplogruppo è stato per ora trovato) è definito dalla mutazione M168 (che si suppone avvenne 70 000/68 000[31] anni fa) presente in tutti gli aplogruppi del cromosoma Y dell'uomo moderno tranne che negli aplogruppi A e B di esclusiva diffusione africana. Da CT discende l'aplogruppo DE (68 300/59 100[31] anni fa, per alcuni in Eurasia[22][32], e caratterizzato dalla più nota mutazione YAP) e l'aplogruppo CF (ipotetico perché nessun uomo in tale aplogruppo è stato trovato e risalente a 69 900/64 600[31] anni fa verosimilmente in Eurasia[32]). Dall'aplogruppo DE deriva quindi l'aplogruppo D (60 000/50 000 anni fa in Eurasia[31][33]) e l'aplogruppo E (58 900/44 600[31] anni fa forse in Eurasia e poi introgresso in Africa[22][32]). Dall'aplogruppo CF deriva invece C (circa 60 000[31] anni fa in Eurasia[31] ) ed F (55 700/38 700[31] anni fa in Eurasia) il cosiddetto "Adamo Euroasiatico" perché da esso discende il 90/95% della popolazione maschile dell'Eurasia.
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
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