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archeologo croato Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Mihovil Abramić (Pola, 12 maggio 1884 – Spalato, 8 maggio 1962) è stato un archeologo croato.
Nato nell'Istria asburgica, studiò archeologia e storia antica all'Università di Vienna, lavorò poi all'Österreichisches Archäologisches Institut, attuando scavi in varie località della costiera dalmata, come sull'isola di Veglia e a Signo (dal 1909 al 1913).[1] Diresse in seguito il Museo archeologico di Aquileia, seguendone la transizione dallo Stato austriaco a quello italiano. Nel 1920 passò a quello di Spalato, di cui tenne la direzione dal 1926 al 1950.[2]
Si occupò di archeologia classica ed epigrafia antica, dedicandosi in particolare allo studio della colonizzazione greca nell'Adriatico e della cultura illirica in età romana. Condusse varie campagne archeologiche in Grecia, Nordafrica, Italia e soprattutto in Dalmazia, da Ptuj in Slovenia (dove, nell'area dell'antica città romana di Poetovio, nel 1918 riportò alla luce il grande tempio di Mitra)[3] a Salona e nell'isola di Lissa in Croazia.
Collaboratore di diverse pubblicazioni storiche sia jugoslave che straniere, fondò e diresse la rivista Vjesnik za arheologiju i historiju dalmatinsku (Bollettino di archeologia e storia dalmate). Dopo la morte, nel 1962, la sua biblioteca personale di circa quattrocento volumi fu donata alla biblioteca del Museo archeologico di Zara.[4]
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