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vasculite infantile delle arterie di media e piccola dimensione che colpisce soprattutto le arterie coronarie Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La sindrome di Kawasaki o sindrome linfonodale muco-cutanea è una vasculite infantile delle arterie di media e piccola dimensione che colpisce soprattutto le arterie coronarie. È una malattia autoimmune caratterizzata da febbre prolungata, esantema, congiuntivite, mucosite, linfoadenopatia cervicale e poliartrite di gravità variabile. Se non diagnosticata in tempo può portare all'infarto del miocardio. La sindrome prende il nome dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki.
Sindrome di Kawasaki | |
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Lingua a fragola in un bambino, tipico segno della sindrome di Kawasaki | |
Malattia rara | |
Cod. esenz. SSN | RG0040 |
Specialità | immunologia e pediatra |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
OMIM | 611775 |
MeSH | D009080 |
MedlinePlus | 000989 |
eMedicine | 965367 |
Sinonimi | |
Malattia di Kawasaki Sindrome muco-cutanea dei linfonodi Sindrome dei linfonodi | |
Eponimi | |
Tomisaku Kawasaki | |
La sindrome di Kawasaki è una patologia che colpisce prevalentemente i bambini d'età inferiore ai 5 anni con un picco al secondo anno. È diffusa in tutto il mondo con andamento endemico e riaccensioni ogni 2-3 anni e picco in inverno e in primavera. È la seconda vasculite più frequente nel bambino dopo la porpora di Schönlein-Henoch. In Italia la sindrome di Kawasaki colpisce 14 bambini ogni centomila e non è noto se sia sempre esistita o se abbia origini più recenti. La sindrome di Kawasaki si presenta con sintomi aspecifici e molto comuni nelle malattie pediatriche e proprio per questo motivo risulta subdola e difficile da diagnosticare. Il pediatra deve sapere eseguire una diagnosi precoce e soprattutto nel più breve tempo possibile.
Si suppone una eziologia tossinfettiva e immunomediata che coinvolga superantigeni streptococcici e stafilococcici con successiva attivazione linfocitaria. Spesso la sindrome di Kawasaki esordisce dopo patologie virali non gravi.
La clinica è caratterizzata da tre fasi principali di malattia:
Non essendo disponibili test di laboratorio specifici, la sindrome di Kawasaki viene diagnosticata in base ai criteri clinici e, se presenti, all'osservazione degli aneurismi coronarici mediante ecocardiografia o angiografia coronarica.
Generalmente la sindrome si risolve in maniera spontanea. Tuttavia, il 5-10% dei pazienti sviluppa complicanze gravi e l'1% è afflitto da complicanze letali. Le complicanze più importanti sono rappresentate dall'infiammazione cardiaca, principalmente dall'arterite coronarica. Le manifestazioni cardiache di solito incominciano intorno al decimo giorno quando la febbre, l'eruzione e gli altri sintomi acuti precoci cominciano a regredire. L'infiammazione delle arterie coronarie con dilatazione e formazione di aneurismi si verifica nel 5-20% dei casi e talvolta si associa a miocardite acuta con insufficienza cardiaca, aritmie e pericardite e, raramente, a tamponamento cardiaco, trombosi o infarto.
La malattia può durare da 2 a 12 settimane di norma; in rari casi ha durata maggiore.
Per fare diagnosi di sindrome di Kawasaki devono essere soddisfatti almeno 5 dei 6 criteri seguenti:
La VES (velocità di eritrosedimentazione) è un indice infiammatorio di scarsa specificità, ma serve comunque a capire se l'organismo è in buona salute oppure no, è il primo campanellino d'allarme. Le principali cause di VES alta sono malattie infettive, autoimmuni, reumatologiche e tutto ciò che aumenta lo stato di infiammazione dell'organismo.
La proteina C-reattiva o PCR (CRP dall'inglese C Reactive Protein) è una proteina di fase acuta, e viene sintetizzata dal nostro organismo durante uno stato infiammatorio. Solitamente le cause di PCR alta sono infezioni batteriche e fungine, malattie reumatologiche, immuno-ematologiche e neoplastiche (tumorali).
Gli enzimi transaminasi ALT e AST sono particolarmente concentrati nel fegato e nel muscolo cardiaco. In clinica medica sono importanti perché un incremento del loro valore nel siero può accompagnarsi a necrosi delle cellule striate del miocardio con conseguente infarto. Insieme con altri marcatori di rischio cardiovascolare come la proteina C-reattiva (PCR) vengono usati per calcolare il rischio del paziente di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Il fibrinogeno, o fattore I della coagulazione, è una glicoproteina plasmatica sintetizzata dal fegato con lo scopo di favorire l'emostasi (coagulazione del sangue). L'aumento nel sangue dei livelli di questa proteina è associato a un rialzo del rischio cardiovascolare. Più fibrinogeno in circolo significa infatti una maggiore tendenza del sangue a coagulare, e viceversa.
Segni prognostici negativi comprendono:
Il trattamento consiste in un unico ciclo di immunoglobuline per via endovenosa e aspirina.
Se avviato durante la fase acuta della malattia, il trattamento riduce la frequenza delle lesioni alle arterie coronariche a meno del 5%. Alcuni pazienti che non rispondono alla terapia standard possono essere trattati alternativamente con Infliximab.
Una ricerca scientifica condotta dal Dipartimento di Informatica Biomedica della Columbia University di New York ha individuato una correlazione statistica tra sindrome di Kawasaki e autismo, utilizzando tecniche di data mining applicate a un insieme eterogeneo di dati, tra cui cartelle cliniche elettroniche e articoli di PubMed e Wikipedia.[1][2]
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