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L'immagine-movimento. Cinema 1 (titolo originale francese Cinéma 1. L'Image-mouvement) è un libro del 1983 del filosofo francese Gilles Deleuze: combina la filosofia con la critica cinematografica. Pubblicato in origine da Les Éditions de Minuit, fu tradotto in italiano da Jean-Paul Manganaro ed edito dalla Ubulibri nel 1984. Nella prefazione all'edizione francese - presente anche in quella italiana - Deleuze affermava che «Questo studio non è una storia del cinema. È una tassonomia, un tentativo di classificazione delle immagini e dei segni», riconoscendo poi le influenze su questo libro del pragmatista americano Charles Sanders Peirce e del filosofo francese Henri Bergson. I saggi contenuti vanno dal periodo del cinema muto agli anni '70, includendo il lavoro di autori come D. W. Griffith, Abel Gance, Erich von Stroheim, Charlie Chaplin, Sergej Ėjzenštejn, Luis Buñuel, Howard Hawks, Robert Bresson, Jean-Luc Godard, Sidney Lumet, Robert Altman; fra gli italiani Roberto Rossellini, Michelangelo Antonioni, Pier Paolo Pasolini. Al primo volume ne seguì un secondo nel 1985, dal titolo Cinéma 2, L'Image-temps e pubblicato in lingua italiana nel maggio del 1989 con il titolo L'immagine-tempo. Cinema 2. In ambedue i libri la cinematografia viene teorizzata usando concetti quali tempo, movimento e vita.[1]
L'immagine-movimento. Cinema 1 | |
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Titolo originale | Cinéma 1. L'Image-mouvement |
Autore | Gilles Deleuze |
1ª ed. originale | 1983 |
1ª ed. italiana | 1984 |
Genere | saggio |
Sottogenere | Filosofia, Filmologia |
Lingua originale | francese |
Seguito da | L'immagine-tempo. Cinema 2 |
Deleuze, commentando la filosofia di Henri Bergson, si allontana dal concetto di cinema inteso come una successione di fotogrammi, argomentando che il cinema ci fornisce subito una immagine-movimento. Le figure non sono descritte nel movimento, ma piuttosto è la continuità del movimento a descrivere le figure. A tale riguardo, il cinematografo comprende una concezione moderna di movimento, "capace di pensare la produzione del nuovo" (p. 20), opponendosi all'antico concetto di movimento come successione di elementi separati così come esposto dal paradosso della freccia di Zenone. La capacità del pensiero di produzione del nuovo, può essere vista nel mimo-azione di Chaplin e nella "danza-azione" di Fred Astaire (p. 19).
Ciò che è dentro dall'inquadratura è un sistema relativamente chiuso che può essere trattato come una composizione a spirale. Definendo tale composizione che non può mai essere completamente chiusa, Deleuze arriva a parlare del "fuoricampo". Questa cosa appare evidente nei film di Michelangelo Antonioni. Deleuze definisce la ripresa (che dipende dalla posizione e dal movimento della macchina da presa) come l'immagine-movimento. I movimenti di macchina agiscono come un equivalente generale di tutti i mezzi di locomozione, per una passeggiata, aeroplani, automobili (p. 36). I migliori momenti del cinema sono forse quando la cinepresa segue il proprio movimento. Su questa linea, i movimenti di macchina fungono da coscienza meccanica, distaccandosi così dal punto di vista del pubblico o dell'eroe. Il montaggio raccorda le riprese e dona loro il movimento anche quando la macchina da presa è statica.
Concezioni differenti di durata e movimento possono essere viste in quattro tendenze di montaggio: La tendenza organica della scuola americana, la tendenza dialettica della scuola sovietica, quantitativa della scuola francese ed intensiva della scuola espressionista tedesca (p. 45). La scuola americana, espressa da D.W. Griffith, si basa su opposizioni binarie (ricco/povero, uomo/donna, ecc...), tentando di unificarle in un tutto (p. 45). La scuola Sovietica ed il particolare Sergej Ėjzenštejn vede il montaggio come sviluppo e rivoluzione: idee opposte che danno vita a qualcosa di nuovo. Il montaggio della Francia prebellica pone l'enfasi sul movimento. Il montaggio espressionista tedesco pone l'enfasi su colore e luce, sviluppandosi come montaggio di contrasti visivi.
La tassonomia cinematica di Deleuze, emerge dalla filosofia di Henri Bergson esposta in Materia e memoria. La tesi di Bergson è quella di un corpo umano avviluppato nel mondo della materia, in cui le percezioni causano affezioni e dove le affezioni causano le "azioni". Deleuze vede una corrispondenza fra la formulazione in tre parti di Bergson ed il medium cinematografico. Ci sono qui, tre tipi di immagine-movimento cinematografiche: immagine-percezione (che si focalizza su ciò che vedo), immagine-affezione (che si focalizza sulle espressioni del sentimento) e l'immagine azione (che si focalizza sulla durata di un'azione). Queste immagini sono associate rispettivamente al campo lungo, al primo piano ed al campo medio.
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