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generale giapponese Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Korechika Anami (阿南 惟幾; Taketa, 21 febbraio 1887 – Tokyo, 15 agosto 1945) è stato un generale giapponese della seconda guerra mondiale.
Korechika Anami | |
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Ministro della guerra dell'Impero giapponese | |
Durata mandato | 7 aprile 1945 – 14 agosto 1945 |
Monarca | Shōwa |
Capo del governo | Kantarō Suzuki |
Predecessore | Hajime Sugiyama |
Successore | Naruhiko Higashikuni |
Dati generali | |
Professione | Militare |
Korechika Anami | |
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Korechika Anami come Ministro della guerra | |
Nascita | Taketa, 21 febbraio 1887 |
Morte | Tokyo, 15 agosto 1945 |
Cause della morte | Suicidio rituale (Seppuku) |
Dati militari | |
Paese servito | Impero giapponese |
Forza armata | Esercito imperiale giapponese |
Anni di servizio | 1906-1945 |
Grado | Generale d'armata |
Guerre | Seconda guerra sino-giapponese Seconda guerra mondiale |
Campagne | Guerra del Pacifico |
Comandante di | 109ª Divisione 11ª Armata Esercito della seconda area |
Altre cariche | Ministro della guerra dell'Impero giapponese |
"fonti nel corpo del testo" | |
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Nell'aprile del 1945 divenne Ministro della guerra del Giappone, ciò gli diede molto potere sia come membro del Gabinetto giapponese e sia nel Consiglio supremo per la direzione della guerra. Fu conosciuto come leader che detestava l'idea della resa, e spesso ordinava l'arresto di chi ne parlava. Oggi parlando di lui lo si ritiene "il vero esempio di un moderno samurai". Dopo molte sconfitte in battaglia e il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti gli altri leader incominciarono a considerare un nuovo approccio alla guerra; la resa fu una opzione. A ciò Anami vi si oppose e propose invece una battaglia su larga scala combattuta sulla terraferma giapponese con cui eludere la resa e permettere di rimediare qualche conquista.
Alla fine, le sue argomentazioni furono scardinate quando l'Imperatore Hirohito chiese e finì la guerra da solo. I sostenitori di Anami gli suggerirono di scegliere: o di votare contro la resa o dimettersi dal Gabinetto. Entrambe avrebbero fermato la firma della pace del Giappone. Invece egli ordinò ai suoi ufficiali di ricordare dopo, queste parole a suo cognato: "Come un soldato giapponese, io devo obbedire al mio Imperatore". Il 14 agosto 1945, egli firmò il documento di resa con il resto del Gabinetto, di lì si suicidò con il seppuku nella prima mattinata. Possiamo leggere nelle note del suo suicidio: "Io, con il mio suicidio, umilmente chiedo scusa all'imperatore per i miei gravi crimini". Gli storici sono divisi a quali crimini si riferisca. È possibile che si riferisca alla sua parte nel fallito attentato contro l'Imperatore Hirohito nelle ore che seguirono la decisione della resa del Giappone e la fine della seconda guerra mondiale.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 59001975 · ISNI (EN) 0000 0000 6697 7878 · LCCN (EN) nr99013857 · J9U (EN, HE) 987007257618905171 · NDL (EN, JA) 00621715 |
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