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pittore italiano (1647-1726) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gregorio De Ferrari (Porto Maurizio, 14 aprile 1647 – Genova, 1726) è stato un pittore italiano di scuola barocca genovese. È anche considerato un precursore dello stile Rococò in Italia.
Nato a Porto Maurizio (oggi Imperia) si trasferì giovanissimo a Genova per studiare legge, ma finì invece per frequentare, tra il 1664 e il 1669, lo studio del pittore Domenico Fiasella, del quale fu assistente quando questi dipinse la pala d'altare raffigurante Santa Chiara che mette in fuga i Saraceni per la chiesa parrocchiale di San Giovanni Decollato di Montoggio (Genova). Effettuò un viaggio a Parma (tra il 1669 e il 1673), dove effettuò copie degli affreschi e dipinti del Correggio, che furono per lui di grande ispirazione[1]. Di queste, si conserva La Cupola del duomo di Parma, presso l'Accademia Ligustica.
Stabilitosi definitivamente a Genova collaborò con il pittore Domenico Piola, del quale aveva sposato la figlia Margherita, nel suo rinomato studio conosciuto come Casa Piola. Entrambi furono attivi nella decorazione della basilica della Santissima Annunziata del Vastato, ispirandosi a Pietro da Cortona, al Correggio, e al Grechetto.
Fra le prime commissioni in collaborazione col Piola, vi furono gli affreschi con La gloria di s. Andrea Avellino della basilica di san Siro, e la pietà in santa Maria di Castello, oltre la pala d'altare con Il martirio di s. Lorenzo, per la Chiesa della Consolazione.
A partire dal 1684 realizza importanti decorazioni ad affresco nelle sale di importanti palazzi patrizi: Le arti liberali e La gloria di un eroe, in Palazzo Gio Battista Centurione, La Galleria del Trionfo d'Amore, e altre opere in Palazzo Balbi Senarega, il salone nella villa Balbi allo Zerbino, oltre a tele di argomento sacro e profano per i collezionisti genovesi.
Negli anni seguenti lavorò a Torino per Vittorio Amedeo II affrescando alcune sale di palazzo reale e a Marsiglia per il maresciallo di Noailles, a cui probabilmente appartenne il Giunone ed Argo del Louvre.
Rientrato a Genova, nel 1688 realizza i celebri affreschi con le allegorie della Primavera e dell'Estate, in collaborazione con il quadraturista Antonio Haffner e lo stuccatore Muttone nelle volte di due salotti di Palazzo Rosso. Spetta al De Ferrari il coordinamento delle diverse tecniche e materiali, stucco e quadratura, per ottenere un risultato di assoluta continuità decorativa. La luminosità e la leggerezza di queste opere, e la levità con cui vengono trattate le allegorie, ne fanno un anticipatore della grazia settecentesca[2]. Documentato da fotografie è il suo capolavoro, la volta del salone del secondo piano nobile con il Mito di Fetonte, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, così come l'Assunta nella volta della chiesa dei SS. Giacomo e Filippo.
Fra i suoi capolavori successivi si ricordano la Morte di Santa Scolastica, conservato nella chiesa di Santo Stefano, l'Assunzione della Vergine, chiesa di S. Francesco il Grande a Madrid[3], e la Madonna Addolorata e le anime purganti, attualmente nell'oratorio di S. Leonardo a Porto Maurizio.
La sua ultima importante opera pubblica fu Il trionfo della Croce nella cupola della chiesa genovese di Santa Croce, realizzata in collaborazione con il figlio Lorenzo, che divenne uno dei maggiori autori genovesi del settecento.
L'importante ciclo di sette grandi tele a soggetto mitologico, con Ercole e Anteo, Ercole e l'Idra, Ercole e il toro di Creta, Ercole sul rogo funebre, Perseo e Andromeda, Pan e Siringa, Mercurio e Argo, un tempo ospitato nel salone di palazzo Cattaneo-Adorno, è stato acquistato nel giugno 2012 dal MiBACT per essere destinate alla Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola[4].
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