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scrittore greco antico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lucio Flavio Filostrato (in greco: Φλάυιος Φιλόστρατος; Lemno, 170 circa – Atene, 247 circa) è stato uno scrittore greco antico.
Detto anche Filostrato d'Atene o Filostrato II, è il più famoso e, a quanto sappiamo, prolifico di quattro autori omonimi, anche se l'attribuzione ai vari "Filostrati" delle opere giunteci con questo nome è un problema in larga misura ancora aperto.
Nato nell'isola di Lemno[1] attorno al 170, da giovane si trasferì ad Atene, dove studiò retorica ed esercitò poi la professione di sofista. Successivamente si stabilì a Roma, dove acquistò fama come retore entrando nel circolo letterario e filosofico organizzato dall'imperatrice Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, divenendone l'esponente più illustre.
Nel 213 accompagnò in Gallia Caracalla, figlio di Settimio Severo e Giulia Domna, divenuto imperatore alla morte del padre.
Dopo la morte di Giulia Domna e di suo figlio Caracalla, avvenute entrambe nel 217, Flavio Filostrato tornò ad Atene, probabilmente ottenendone la cittadinanza, grazie alle benemerenze acquisite come oratore.[2]. In quegli anni fu anche elevato al rango senatorio[3].
Morì ad Atene durante il regno di Filippo l'Arabo (tra il 244 e il 249)[4].
Questa biografia di Apollonio di Tiana, un asceta neopitagorico fortemente influenzato da religioni indiane vissuto nel primo secolo, al quale erano stati attribuiti miracoli ed eretti altari, fu commissionata a Flavio Filostrato da Giulia Domna, che, a questo fine, gli consegnò le memorie compilate dal discepolo di Apollonio Damis.
Apollonio era all'epoca oggetto di valutazioni contrastanti: i cristiani lo consideravano un ciarlatano o un malvagio praticante di arti magiche, mentre molti pagani lo vedevano come una figura soprannaturale da contrapporre a Gesù. L'intento di Flavio Filostrato, coerentemente alle intenzioni di Giulia Domna (che morì prima di poter leggere l'opera finita), fu quello di rivalutare il saggio di Tiana difendendolo dalle accuse. La biografia, oltre agli scritti di Damis, usa opere e lettere dello stesso Apollonio e varie altre testimonianze.
I sofisti di cui Flavio Filostrato si occupa in quest'opera (cinquantanove oratori, filosofi o scrittori dei quali traccia un profilo raccogliendo notizie di varia natura) sono suddivisi in esponenti dell'antica sofistica (ἀρχαία σοφιστικὴ) e della seconda sofistica (δευτέρα σοφιστικὴ). In ambedue i casi l'autore, che identifica largamente la sofistica con la retorica, è interessato alle qualità oratorie dei personaggi considerati e non ai contenuti del loro pensiero.
Mentre le scarse notizie fornite sui sofisti antichi hanno per noi ben poco interesse, sulla seconda sofistica (espressione introdotta appunto da Flavio Filostrato, che è uno dei suoi esponenti) l'opera costituisce la principale fonte, e su diversi degli oratori considerati, è addirittura l'unica.
L'opera è dedicata agli eroi omerici e consiste in un dialogo tra un vignaiolo, che in tali eroi crede e si considera protetto da Protesilao, e un fenicio scettico. Nella prima parte del dialogo, nella quale si discute se gli eroi siano realmente esistiti, il vignaiolo, a riprova della loro esistenza e di quella dei giganti, cita la prova fornita dalle ossa di dimensioni sovrumane trovate in vari luoghi (si trattava in realtà di fossili di grandi vertebrati[5]). Nella seconda parte sono descritti i singoli eroi. La paternità dell'opera non è certa. Il lessico Suda attribuisce l'opera al nostro autore, ma gli studiosi sono divisi tra chi accetta questa attribuzione e chi pensa che il dialogo sia opera di Filostrato il vecchio.
Essendo l'unico antico trattato sull'agonistica e l'educazione fisica giunto fino a noi, su questi argomenti è ricco di informazioni non ricavabili da altre fonti. Flavio Filostrato descrive sia le gare olimpiche, la loro storia, sia le doti necessarie all'atleta e i sistemi utili per conservarle e accrescerle.
Si è conservata una raccolta di epistole, molte delle quali di genere erotico, attribuite a Flavio Filostrato, anche se considerate per lo più spurie. L'ultima (n. 73) delle lettere è indirizzata a Giulia Domna e contiene una breve storia della sofistica.
Il breve dialogo con questo titolo, che a lungo era stato attribuito a Luciano di Samosata, è attribuito a volte a Flavio Filostrato e più spesso a Filostrato di Lemno. L'imperatore Nerone vi è descritto come un crudele tiranno.
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