Per filo da sutura si intende un filamento utilizzato in chirurgia per la sutura dei tessuti.
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I fili chirurgici possono essere distinti in base alla:
natura: animale, vegetale o sintetica
tecnica con cui vengono fabbricati: monofilamento o multifilamento; intrecciati o ritorti; rivestiti o non rivestiti.
capacità di rimanere integri nel tempo (fili non assorbibili) o di consumarsi nell'arco di qualche settimana o di qualche mese (fili assorbibili).
Ai fili di sutura si richiedono determinate qualità:
Robustezza e resistenza alla trazione. Dipende dal calibro e dal materiale.
Regolarità del calibro e scorrevolezza. È massima nei monofilamenti. Può essere ottenuta anche nei fili intrecciati rivestendoli di una guaina.
Maneggevolezza e scarsa memoria (ricordo delle angolazioni dovute alla piegatura del filo nella confezione). Il lino o la seta hanno queste qualità che mancano invece nei fili di acciaio.
Tenuta del nodo. Particolarmente richiesta in chirurgia è una caratteristica legata alla flessibilità ed elasticità del filamento.
Inerzia rispetto ai tessuti. Anche questa qualità che esprime la incapacità di determinare reazioni infiammatorie da corpo estraneo nei tessuti biologici con cui il filo viene a contatto è di grande importanza. Massima nell'acciaio e in alcuni materiali sintetici di ultima generazione manca in altri, usati nel passato, come il lino e la seta, che per essere molto irritanti sono stati abbandonati.
Scarsa capillarità, intesa come impermeabilità alla penetrazione dei liquidi biologici o dei microrganismi. I monofilamenti mancano di capillarità che, viceversa, è alta nei polifilamenti non rivestiti da guaina.
Di origine animale
Catgut semplice: viene ottenuto intrecciando sottili strisce di sottomucosa di intestinoovino o bovino, o di sierosa bovina o ovina. Le strisce vengono tagliate e ritorte con macchine automatiche, poi vengono immerse in soluzioni alcaline e acqua ossigenata. Ottenuti i fili, si esegue un lavaggio, l'essiccamento e la calibrazione. Infine, si esegue la sgrossatura e sterilizzazione. Discretamente tollerato, viene conservato in alcool a 90° e riassorbito dal corpo per disgregazione (che comincia dopo circa otto giorni e dura fino al ventesimo giorno). Garantisce un'ottima maneggevolezza mentre la tenuta del nodo è appena sufficiente. È stato molto impiegato nella chirurgia gastro-intestinale fino alla fine del XX secolo.
Catgut cromico: il catgut trattato con sali di cromo (da cui il nome) diventa più resistente alla trazione, meno irritante, più duraturo (il riassorbimento del filo comincia dopo una quindicina di giorni e termina dopo circa 40 giorni). Anche questo tipo di filo non viene più impiegato.
Collageno: ottenuto dai tendini flessori bovini, ha le stesse proprietà del catgut. Per rendere il calibro uniforme può essere rivestito di una guaina di silicone.
Sintetici
Poliestere: questo materiale permette la realizzazione di monofilamenti o multifilamenti intrecciati. Questi ultimi possono essere ricoperti o meno da una guaina. I fili hanno un'ottima tollerabilità biologica e il processo di riassorbimento per idrolisi comincia dopo 10 - 15 giorni, per completarsi in 90 (Dexon) o 180 (Pds) giorni. Sono molto resistenti e garantiscono un'ottima tenuta del nodo. Tra i diversi tipi di filo in commercio ricordiamo alcuni di quelli più usati:
Polidiossanone (PDSII): è un monofilamento riassorbito per idrolisi ed ottimamente tollerato.
Acido poliglicolico (Dexon, non rivestito, o Dexon II, rivestito con policaprolattone-co-glicolide). Ha le stesse caratteristiche del precedente.
Poliglactyn 910 (Vicryl): l'acido poliglicolico viene fatto liquefare e passare attraverso una filiera per formare filamenti che verranno poi intrecciati, formando un multifilamento. Viene molto usato nella chirurgia addominale. È rivestito di polyglactin 370 per renderlo più scorrevole e migliorare la tenuta del nodo. Il riassorbimento non avviene, come per gli altri fili, per via enzimatica, ma per idrolisi. Questa fase comincia dopo la prima settimana e termina dopo 60-90 giorni. Esiste una versione ricoperta con antisettico per ridurre la capacità di ospitare batteri (Vicryl Plus).
Poliglecaprone 25 (Monocryl): è un monofilamento usato in particolare nelle suture intradermiche. Presenta una ridotta capillarità e adesione batterica.
Maxonon (maxolone): è un monofilamento dotato di resistenza tessile e scorrevolezza, riassorbibile in 160 giorni circa.
Di origine animale
Seta: polifilamento intrecciato o ritorto, è molto irritante per i tessuti. Per migliorarne la scorrevolezza e rendere uniforme il calibro è trattato con cera o silicone, che però rendono poco sicura la tenuta del nodo. È robusto, maneggevole e poco elastico, ed è stato uno dei fili più usati in passato.
Di origine vegetale
Lino: le fibre si ottengono dallo stelo per macerazione della pianta eliminando i frammenti legnosi e procedendo alla pettinatura e filatura. Robusto, maneggevole e scarsamente elastico, garantisce un'ottima tenuta del nodo ma è il filo maggiormente irritante in quanto la cellulosa non è ben tollerata. Per questo motivo è stato abbandonato.
Cotone: è molto irritante, poco resistente, ma con una buona tenuta del nodo. Non viene più impiegato.
Sintetici
Poliammidi (Nylon): usato come monofilamento, o a fili intrecciati e ricoperto da una guaina, è robusto, scorrevole e ben tollerato. La sua rigidità e la memoria che conserva indeboliscono la capacità di tenuta del nodo, e lo rendono poco maneggevole.
Poliestere (Novafil): monofilamento piuttosto elastico, offre una buona tollerabilità biologica.
Polipropilene (Prolene): monofilamento elastico senza effetto memoria, garantisce una buona tenuta del nodo ed una scarsa capillarità; è ben tollerato perché inerte. Lo si usa per fissare le reti (in polipropilene) impiegate nella chirurgia erniaria.
Di origine minerale
Acciaio: impiegato come monofilamento o ritorto, è il filo meno irritante per i tessuti. La poca duttilità, la memoria e la scarsa tenuta dei nodi ne limitano però l'uso.
I fili, della lunghezza di circa 50 cm (dai 30 ai 90 cm), sono disponibili in confezioni sterili sigillate.
Il loro calibro è variabile e per il passato veniva indicato con il sistema in uso nella farmacopea americana (USP) che prevedeva una numerazione convenzionale:
per i fili assorbibili naturali: da 4, calibro massimo, a 7/0 (sette/zero), calibro più piccolo.
per i fili non assorbibili e per quelli sintetici: da 6, calibro massimo, a 12/0 (dodici/zero), calibro minimo.
Oggi viene adoperato il sistema europeo che identifica i fili, indipendentemente dalla loro natura e caratteristica, con un'unica numerazione corrispondente al loro calibro espresso in decimi di millimetro.
per i fili di ogni tipo: da 0.1 (calibro minimo) a 8, (calibro massimo).
Per esemplificare:
un filo 0.1 corrisponde ad un diametro di 0.010-0.029 mm (nella farmacopea americana equivaleva a un filo 11/0 non assorbibile o sintetico).
un filo 1.5 corrisponde ad un diametro 0.15-0.19 mm (nella farmacopea americana corrispondeva a un filo 5/0 assorbibile naturale, o 4/0 assorbibile sintetico o non riassorbibile).
un filo 8 corrisponde ad un diametro 0.80-0.89 mm (nella farmacopea americana corrispondeva a un 4 assorbibile naturale).
Ogni intervento chirurgico può prevedere tecniche, spesso anche diverse tra loro, che richiedono fili con caratteristiche specifiche. Poiché non esiste un filo ideale che possa rispondere a tutte le esigenze il chirurgo sceglie di volta in volta tra i molti materiali a disposizione. Nelle anastomosi intestinali, ad esempio, vengono usati fili assorbibili per gli strati interni e non assorbibili o a lento assorbimento per quelli esterni.
Più in generale sui criteri di scelta, qualche volta dettati da indirizzi di scuola o personali, valgono:
l'inerzia biologica del materiale. Per questo motivo sono utilizzati meno frequentemente i fili di seta (ancora idonei per le mucose orali) o abbandonati quelli di lino che, pur essendo molto duttili, hanno una superficie microruvida che facilita la formazione di un film batterico. Il nylon e l'acciaio, ideali sotto questo aspetto, hanno scarso utilizzo perché poco maneggevoli. Le leghe metalliche vengono invece molto impiegate in chirurgie specifiche come quella ortopedica (fili e viti) o laparoscopica (clips) o per la sutura di tessuti particolari come la cute (agrafes).
la maneggevolezza e la tenuta del nodo. Il catgut molto apprezzato sotto questo aspetto, è stato adoperato per il passato come il lino e la seta per essere poi soppiantato dai fili sintetici.
la scorrevolezza e l'assenza di capillarità. I fili di origine naturale sono di calibro irregolare, poco scorrevoli e quando intrecciati o ritorti presentano porosità in cui filtrano i liquidi biologici imbibendoli e rendendoli terreno ideale per la proliferazione dei germi patogeni. Ulteriore motivo per essere abbandonati a favore dei fili sintetici.
Senza dubbio i fili sintetici, monofilamenti o polifilamenti rivestiti, sono quelli che meglio rispondono alle esigenze della maggior parte delle chirurgie specialistiche. Costituisce un inconveniente di questi fili la memoria e la scarsa tenuta del nodo di fissaggio tanto da richiederne, in alcuni casi, anche cinque.