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concetto sportivo di correttezza e rispetto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il fair play o fairplay («gioco corretto» in inglese) è un concetto riferito a un'etica comportamentale, applicabile a una pluralità di contesti,[1] nato in ambito sportivo nel Regno Unito dell'Ottocento.
Il termine assume particolare rilevanza in ambito sportivo[1], indicando un'attitudine tesa a comportamenti leali tra gli avversari, anche da parte di tifosi[2]. Ricade sotto tale definizione anche la prevenzione di atti quali violenza e discriminazione razziale.[2]
Al fine di promuovere su vasta scala il fair play, non di rado le federazioni sportive hanno fatto ricorso a slogan quali «Say no to racism» ("Di' no al razzismo") e «My game is fair play» ("Il mio gioco è corretto").[3][4]
La valutazione del fair play può cambiare in base ai casi per costituire un criterio meritocratico dal punto di vista agonistico, rifacendosi alla correttezza di atleti e squadre.[5] Un esempio, in senso calcistico, è relativo ai Mondiali 2018 in cui la Nazionale giapponese si è qualificata a scapito di quella senegalese in virtù del minor numero di cartellini gialli ricevuti.[6]
L'espressione è stata ripresa, sempre nel mondo calcistico e sportivo in generale, anche in campo economico, al fine di evitare spese e bilanci spropositati ed insostenibili da parte delle società sportive.[2][7]
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