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gens romana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La gens Fabia fu un'antichissima famiglia patrizia romana, inclusa fra le cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio.
Secondo l'illustre studioso Theodor Mommsen la loro remota origine si desume dal fatto che diedero il nome ad una delle antiche tribù rustiche di Roma, l'omonima Tribù Fabia, che comprendeva i territori di Alba Fucens e Ascoli, Rudie nella terra dei Messapi, Lucca, Brescia e Padova. La provenienza della gens è molto probabilmente autoctona, in quanto i Fabii non risulterebbero avere ascendenze sabine.
L'antichità dei Fabii è dimostrata anche dal fatto che uno dei collegi sacerdotali più antichi, quello dei Luperci (anteriore al V secolo a.C. e dedicato al culto dei Lupercalia), era costituito esclusivamente da membri delle gentes Fabia e Quinctia; infatti i Luperci erano distinti in due gruppi in base alla provenienza familiare: i Fabiani ed i Quinctiales.
La gens Fabia deve il nome alla faba, cioè le fave, legumi la cui coltivazione era assai diffusa sin dall'età regia. In proposito, Plinio il Vecchio ricorda che molte antiche famiglie romane derivarono il proprio nomen dai legumi che prediligevano, o alla cui coltivazione erano dediti maggiormente; ad esempio i Lentuli (da lentes, "lenticchie"), ramo dei Cornelii, i Pisoni, ramo dei Calpurnii, ed ancora i Ciceri.
La gens Fabia comprendeva diversi rami. Il più illustre fu quello dei Fabii Massimi, che presero il cognomen dall'Ara Massima di Ercole, presso la quale avevano la propria dimora (nell'area dell'attuale basilica di Santa Maria in Cosmedin). I Fabii Massimi si vantavano di discendere da un Fabius o Fabio figlio del dio Ercole, nato sotto il regno del mitico re Evandro. Si ricordano inoltre i Fabii Ambusti, i Fabii Pittori, i Fabii Vibulani.
I membri di questa illustre gens ricoprirono durante la repubblica tutte le magistrature, e in particolare il consolato per ben 66 volte rappresentando nel senato una forza molto conservatrice, tendente ad escludere i plebei dalle magistrature. Notevole fu la loro forza ed influenza anche sul piano militare; ne è prova il fatto che i Fabii assunsero la difesa del territorio di Roma contro la minaccia etrusca di Veio, ed in quella circostanza subirono una tremenda disfatta nella battaglia del Cremera (477 a.C.) nella quale furono quasi sterminati, restandone uccisi più di trecento.
Durante l'età repubblicana comunque la gens Fabia rifiorì, dando origine a personaggi di primissimo piano nella storia di Roma, tra i quali:
In epoca medievale e moderna alcune famiglie hanno preteso di discendere dalla gens Fabia attraverso l'uso di fonti fantasiose o poco fondate. Per esempio, lo storiografo bizantino Michele Attaliate (circa 1022-1080) faceva risalire alla gens Fabia la genealogia della famiglia Foca: una verosimile falsificazione fatta a posteriori per nobilitare le origini dell'imperatore Niceforo II[3]. Fino al XVII secolo è attestata in Roma[4] la presenza di una famiglia Fabia, nota come Fabi o Fabj, oggi esistente nei cognomi Fabi e Fabiano, che vantavano la propria discendenza da quella antica romana. Inoltre la famiglia dei principi Massimo, tuttora esistente a Roma, attribuiva la propria origine al ramo dei Fabii Massimi per tradizione orale familiare diffusa da Onofrio Panvinio (1529-1568) nel suo "De gente Maxima" del 1556[5], pochi decenni dopo che la famiglia Massimo, che aveva accumulato un ingente patrimonio con il commercio e con attività finanziarie, avesse cominciato a stringere alleanze matrimoniali con famiglie dell'aristocrazia romana[6].
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