Enzio Malatesta
insegnante, giornalista e partigiano italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Enzio Malatesta (Apuania, 22 ottobre 1914 – Roma, 2 febbraio 1944) è stato un giornalista e partigiano italiano, giustiziato a Forte Bravetta; medaglia d'oro al valor militare.
Figlio del deputato socialista Alberto Malatesta, si laureò a Milano nel 1938, si dedicò all'insegnamento e, poi, al giornalismo[1].
Dopo aver diretto per breve tempo la rivista Cinema e Teatro, si trasferì a Roma e, nel 1940, fu assunto come capo redattore del quotidiano Il Giornale d'Italia. Dopo l'occupazione tedesca entrò nel movimento Bandiera Rossa, con l'incarico di organizzare bande partigiane nel Lazio[1]. Teneva anche contatti con il Fronte militare clandestino per aiutare i soldati inglesi fuggiti dai campi di concentramento[2].
Catturato dalle SS l'11 dicembre 1943, si assunse ogni responsabilità, scagionando i compagni[1], durante un fulmineo processo condotto in una stanza dell'albergo Flora, in Via Veneto[2]. Condannato a morte, fu fucilato a Forte Bravetta, il 2 febbraio 1944, insieme ad altri dieci partigiani di Bandiera Rossa (movimento antifascista guidato da Filiberto Sbardella[3], Raffaele De Luca, Antonino Poce, e altri), gridando: «Viva l'Italia».
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