Diritto all'autodeterminazione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il diritto all'autodeterminazione è il riconoscimento della capacità di scelta autonoma e indipendente dell'individuo.
Il movimento delle donne la coniò per significare il diritto di poter scegliere rispetto alle questioni della sessualità e della riproduzione. Rivendicare la totale autonomia della gestione del proprio corpo fu un punto di partenza, che portò a denunciare, e in parte risolvere, le mille forme di violenza, coercizione e discriminazione subite dal genere femminile, per le errate norme di diritto del tempo[1] e le dinamiche familiari soggette ad una struttura sociale di tipo patriarcale.
Originata da un'esigenza tutta individuale e sviluppatasi in una urgenza collettiva, questa prima formulazione rimase per anni ristretta al campo dei diritti civili e sociali delle donne, per poi arricchirsi di un ulteriore riferimento: il diritto all'autodeteminazione dei popoli.
L'espressione si traduce nel riconoscimento della capacità di scelta autonoma ed indipendente dei popoli poco rappresentati, altrimenti detti "minoranze".
Tale diritto tutela la gestione autonoma della loro esistenza, salvaguarda la loro sopravvivenza, messa in pericolo dalle dinamiche di arricchimento della civiltà consumistica, e consente il dialogo tra culture diverse.
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