Della pubblica felicità è tra le principali opere dell'illuminista moderato e cattolico Ludovico Antonio Muratori, pubblicata nel 1749. L'opera costituisce un autentico manuale di riformismo moderato, esempio di conciliazione fra Illuminismo e cattolicesimo.
Della pubblica felicità | |
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Autore | Ludovico Antonio Muratori |
1ª ed. originale | 1749 |
Genere | saggio |
Lingua originale | italiano |
Contesto
L'opera si inscrive in un contesto europeo che appariva relativamente pacifico: nel 1748 l'Europa aveva raggiunto un equilibrio piuttosto stabile, era quindi possibile organizzare serie riforme, che rendessero la società meno ingiusta.
Contenuto dell'opera
Indice del libro
- Dedica al principe Dietrichstein
- A chi vorrà leggere
- I. Che s'intenda per pubblica felicità
- II. Che appunto il mestier de' buoni prìncipi ha da esser quello di procurar la pubblica felicità
- III. Esser ufizio anche de' ministri de' buoni prìncipi il proccurare la pubblica felicità
- IV. Dell'educazione della gioventù per addestrarla ai pubblici ministeri
- V. Del nobile scopo che dovrebbero prefiggersi prìncipi, ministri e letterati per proccurare il pubblico bene
- VI. Della religione
- VII. Dello studio delle lettere, o sia delle scienze
- VIII. Della cristiana filosofia de' costumi
- IX. Della giurisprudenza e della giustizia
- X. Delle leggi
- XI. Della medicina
- XII. Delle matematiche
- XIII. Della logica, fisica e metafisica
- XIV. Della storia, erudizione, eloquenza e poesia
- XV. Dell'agricoltura
- XVI. Dell'arti o necessarie o utili allo stato, e del commercio
- XVII. Dell'attenzion particolare che dovrebbe avere il prìncipe per dar calore all'accrescimento dell'arti e del commercio
- XVIII. Dell'annona, o sia gascia
- XIX. Del lusso
- XX. D'altri disordini degli stati, ad impedire e levare i quali dee vegliare il buon prìncipe
- XXI. Della lussuria, delle ubbriachezze e d'altri popolari disordini che il prìncipe dee togliere o frenare
- XXII. Dell'imposizion de' tributi
- XXIII. Dell'eccesso de' tributi ed aggravu e come s'abbia a rimediarvi
- XXIV. Delle monete
- XXV. De' pubblici archivi e notai, e del governo de' poveri
- XXVI. Dei pubblici onesti giuochi
- XXVII. Della caccia e pesca, e come s'abbia a permettere o proibire
- XXVIII. Della milizia
- XXIX. Delle fabbriche, della pulizia e della pubblica sanità delle terre e città
- XXX. Conclusione di questo trattato
Felicità individuale e felicità pubblica
Punto di riferimento sono i buoni prìncipi, ossia i sovrani illuminati, capaci di scegliere come oggetto della propria politica la felicità dei sudditi.
La distinzione fondamentale dell'autore si articola fra:
- la ricerca della felicità individuale (tipico impulso umano e che nasce dalla natura ma che può trasformarsi in vizio)
- e la felicità pubblica, che è sempre positiva. Muratori delineerà una strategia per il suo conseguimento.
Dalla distinzione nasce un antimachiavellismo, ossia un'opposizione all'autonomia della politica dalla morale e dalla religione. Per Muratori gli intellettuali hanno il dovere di aiutare i sovrani illuminati, aiutandoli a sostituire il bene privato con la pubblica felicità. La figura dell'intellettuale delineata dall'autore evoca, a suo modo, l'intellettuale organico di gramsciana memoria.
Politica sociale e giuridica
Muratori non cercava di innescare alcun sovvertimento delle politiche sociali del suo tempo: proponeva solo piccoli accorgimenti e modifiche, tali da rendere meno insopportabile la miseria delle masse urbane e contadine. Particolare attenzione dedicava al settore dell'amministrazione della giustizia; già con i Difetti della giurisprudenza, aveva proposto come soluzione razionale quella della codificazione delle leggi, come avevano scelto Vittorio Amedeo II di Savoia e Federico II di Prussia nei loro territori.
Politica economica e tributaria
Nel concetto di Muratori di pubblica felicità rimane implicita la saldatura tra il piano delle riforme e quello dell'etica. Contro l'apologia del lusso fine a se stesso o come forza motrice per l'economia degli Stati, si propone la compresenza di politica illuminata, economia regolata in funzione del benessere collettivo e religiosità.
Sostenne quindi
- la liberazione delle merci da impacci doganali eccessivi
- una politica fiscale distribuita più ampiamente sui sudditi nobili ed ecclesiastici e non gravante sui contadini
- l'abolizione dei vincoli alla commerciabilità della terra, come insegnava la legge toscana sul fedecommesso e la manomorta
- l'invito alla nobiltà di occuparsi (oltre che di politica, di difesa e di sviluppo della cultura) anche delle attività economiche, investendo anche nei commerci, senza limitare la gestione delle proprie ricchezze all'ambito del latifondo.
L'ideale di Muratori era una piccola e media proprietà, resa produttiva dal coltivatore diretto.
L'appalto dei tributi e l'aumento del debito pubblico potevano essere giustificabili in condizioni eccezionali, ma il principe doveva considerare come un suo dovere precipuo l'eliminazione di questo tipo di speculazione.
In un’epoca di tardo mercantilismo, mostrava che la ricchezza era legata non alla quantità di oro e argento, quanto allo sviluppo delle attività produttive, anticipando le idee del liberismo di Adam Smith.
Fortuna
Il trattato muratoriano Della pubblica felicità ebbe una grandissima fortuna: fu accolto presso la corte sabauda, fu letto da Maria Teresa d'Austria che sulla sua falsariga iniziò i suoi figli Giuseppe II e Pietro Leopoldo alla politica illuminata.
Bibliografia
- Ludovico Antonio Muratori, Della pubblica felicità, Donzelli Editore, Roma 1996.
- Dino Carpanetto, Giuseppe Ricuperati, L'Italia del Settecento, Laterza, Roma-Bari, 1986.
Collegamenti esterni
- Ludovico Antonio Muratori, Lodovico Antonio Muratori, Della pubblica felicita oggetto de' buoni principi: trattato, 1749.
- Lydia Pavan, Rischiarare l'intelletto con Ludovico Antonio Muratori, su repubblicaletteraria.it. URL consultato il 9 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 5 giugno 2016).
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