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Della pubblica felicità è tra le principali opere dell'illuminista moderato e cattolico Ludovico Antonio Muratori, pubblicata nel 1749. L'opera costituisce un autentico manuale di riformismo moderato, esempio di conciliazione fra Illuminismo e cattolicesimo.
Della pubblica felicità | |
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Autore | Ludovico Antonio Muratori |
1ª ed. originale | 1749 |
Genere | saggio |
Lingua originale | italiano |
L'opera si inscrive in un contesto europeo che appariva relativamente pacifico: nel 1748 l'Europa aveva raggiunto un equilibrio piuttosto stabile, era quindi possibile organizzare serie riforme, che rendessero la società meno ingiusta.
Punto di riferimento sono i buoni prìncipi, ossia i sovrani illuminati, capaci di scegliere come oggetto della propria politica la felicità dei sudditi.
La distinzione fondamentale dell'autore si articola fra:
Dalla distinzione nasce un antimachiavellismo, ossia un'opposizione all'autonomia della politica dalla morale e dalla religione. Per Muratori gli intellettuali hanno il dovere di aiutare i sovrani illuminati, aiutandoli a sostituire il bene privato con la pubblica felicità. La figura dell'intellettuale delineata dall'autore evoca, a suo modo, l'intellettuale organico di gramsciana memoria.
Muratori non cercava di innescare alcun sovvertimento delle politiche sociali del suo tempo: proponeva solo piccoli accorgimenti e modifiche, tali da rendere meno insopportabile la miseria delle masse urbane e contadine. Particolare attenzione dedicava al settore dell'amministrazione della giustizia; già con i Difetti della giurisprudenza, aveva proposto come soluzione razionale quella della codificazione delle leggi, come avevano scelto Vittorio Amedeo II di Savoia e Federico II di Prussia nei loro territori.
Nel concetto di Muratori di pubblica felicità rimane implicita la saldatura tra il piano delle riforme e quello dell'etica. Contro l'apologia del lusso fine a se stesso o come forza motrice per l'economia degli Stati, si propone la compresenza di politica illuminata, economia regolata in funzione del benessere collettivo e religiosità.
Sostenne quindi
L'ideale di Muratori era una piccola e media proprietà, resa produttiva dal coltivatore diretto.
L'appalto dei tributi e l'aumento del debito pubblico potevano essere giustificabili in condizioni eccezionali, ma il principe doveva considerare come un suo dovere precipuo l'eliminazione di questo tipo di speculazione.
In un’epoca di tardo mercantilismo, mostrava che la ricchezza era legata non alla quantità di oro e argento, quanto allo sviluppo delle attività produttive, anticipando le idee del liberismo di Adam Smith.
Il trattato muratoriano Della pubblica felicità ebbe una grandissima fortuna: fu accolto presso la corte sabauda, fu letto da Maria Teresa d'Austria che sulla sua falsariga iniziò i suoi figli Giuseppe II e Pietro Leopoldo alla politica illuminata.
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