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Contratto preliminare è un particolare contratto con il quale le parti in causa si obbligano vicendevolmente alla stipula di un futuro contratto (il contratto definitivo).
Ancorché il preliminare possa avere a oggetto qualunque contratto (si noti, però, che parte della dottrina nega la configurabilità del preliminare di donazione e di contratto associativo), nella pratica esso è adoperato in via quasi esclusiva per vincolare le parti alla stipula di contratti a effetti reali, come la vendita, la permuta o la locazione.
Le parti nel caso di contratto preliminare di compravendita sono: il promittente (ad es. il venditore) e il promissario (ad es. l'acquirente).
Nel Codice Civile gli articoli che regolano il contratto preliminare sono:
Se una delle parti non vuole stipulare il contratto definitivo, l'altra parte, a seconda se vuole procedere o meno con l'affare in corso, può invocare il codice civile, e precisamente
Altre forme di garanzia che troviamo nel codice civile:
In giurisprudenza la fissazione del termine per la stipula del contratto definitivo non è considerata un requisito essenziale del preliminare, potendo le parti ricorrere alla disposizione dell'art. 1183 del Codice Civile o comunque potendone essere richiesta la fissazione al giudice.
Inoltre la mancanza del termine non determina l'invalidità del contratto preliminare. Le parti ricorrono al contratto preliminare quando, avendo determinato almeno i termini essenziali di un affare e avendolo trovato conveniente, intendono "fermarlo" e hanno interesse alla stipula del contratto definitivo. Questo avviene prevalentemente in due casi:
- le parti si sono già accordate sugli elementi essenziali e intendono senz'altro vincolarsi, perché gli elementi non ancora discussi sono solo clausole accessorie.
- almeno una delle parti, pur essendo già giunta a una valutazione definitiva, vuole compiere alcuni accertamenti sui presupposti di validità e di regolarità del contratto.
Con siffatto preliminare (da non confondere con il "compromesso" - locuzione utilizzata nella prassi impropriamente - che in realtà individua un contratto con il quale le parti realizzano già l'effetto, il trasferimento della proprietà, avendo già stabilito tutte le clausole contrattuali, e si impegnano a riprodurre il consenso già raggiunto in un'altra forma, di solito in un atto pubblico) le parti determinano, sin dal perfezionamento del negozio promissorio, la costituzione di alcuni effetti che competerebbero al definitivo; in particolare già dal preliminare sorgono le obbligazioni per il pagamento del prezzo - in tutto o in parte - e per la consegna della cosa.
In ordine al profilo funzionale della fattispecie appare congruo allo scopo pratico delle parti riconoscere al promissario acquirente un diritto personale di godimento sulla cosa anticipatamente consegnata. Rilevanti dubbi sussistono, tuttavia, in dottrina e in giurisprudenza sulla qualificazione della situazione di fatto determinata dalla consegna anticipata. Com'è noto, è possessore colui che esercita su una cosa un potere de facto eguale al contenuto di un diritto reale (corpus) unitamente alla sussistenza del cosiddetto animus possidendi; è invece solamente detentore colui che esercita un simile potere in assenza del menzionato animus.
L'animus possidendi consiste nell'intenzione di esercitare i poteri come un proprietario (uti dominus), pur riconoscendo che la cosa è di altri. Ciò implica che tale intento sembrerebbe non accompagnare il promissario acquirente, il quale, stipulando un contratto a effetti obbligatori inidoneo al trasferimento della proprietà, non manifesta siffatto animus. Ne consegue che il promissario acquirente immesso nel godimento dovrebbe essere considerato quale semplice detentore, cosicché a lui competa la sola azione di "spoglio", e non anche quella di "manutenzione" del bene.
Una simile conclusione, appare inoltre coerente con l'affermazione secondo cui la menzionata parte acquista medio tempore un diritto personale di godimento sulla cosa oggetto di preliminare. Tuttavia si potrebbe anche dedurre, in senso contrario, che il promissario acquirente, stipulando un contratto il cui esito finale e obbligatorio conduce all'acquisto della proprietà, non abbia in animo né manifesti l'intento di restituire la cosa ricevuta. In ragione della obbligatorietà del trasferimento già programmato dal preliminare potrebbe allora anche ritenersi che la menzionata parte sia assistita, in via anticipata, da siffatto animus.
Ne consegue che il promissario acquirente immesso nel godimento dovrebbe essere giudicato quale possessore, sì che a lui competerebbero sia l'azione di spoglio sia quella di manutenzione.
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