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San Severo, città d'arte e località-simbolo del barocco nella Puglia settentrionale, conta diciotto chiese storiche. Tre di queste sono monumenti nazionali.
Popolarmente nota col titolo di Croce Santa, era grancia della Cattedrale. Attestata nel XIII secolo col titolo di san Simone, sede nel XVI e XVII secolo dei rocchettini e più volte rimaneggiata, è stata elevata a chiesa parrocchiale il 1º maggio 1927. Nel 1939 fu sensibilmente ampliata, prolungando il presbiterio. L'esterno, settecentesco, si presenta modesto, eccezion fatta per il grazioso campanile con cupoletta rivestita di maioliche. All'interno, di sobrie linee barocche, spicca la statua lignea di san Rocco, opera di Gregorio Palmieri (1770), e la settecentesca cona d'altare, marmorea, della Madonna della Sanità, proveniente dalla chiesa di sant'Agostino. Nella moderna cripta, inoltre, si conserva una notevole Pietà lapidea del XV secolo, posta a coronamento del sepolcro del servo di Dio mons. Felice Canelli (1880-1977), la cui causa di beatificazione ha avuto inizio il 25 marzo 2009.
La chiesa della Madonna delle Grazie fu edificata prima del XVI secolo, era grancia di San Severino. Nel 1606 fu affidata ai padri cappuccini, che la tennero fino al 1866 e poi dal 1934. L'attuale struttura architettonica neobarocca, a croce latina con due navate laterali, risale ai lavori di ristrutturazione compiuti tra il 1852 e il 1881. Nel 1937 fu elevata a chiesa parrocchiale e, per l'occasione, fu dotata di una nuova facciata di gusto neoromanico. Negli anni settanta l'interno, già rimaneggiato nel 1942, fu pesantemente semplificato, distruggendosi gran parte delle decorazioni pittoriche e a stucco e riducendo il grande altare maggiore in marmi policromi (1872) alla sola mensa. Restaurata nel 1998, la chiesa conserva alcune opere interessanti, come il dipinto settecentesco della Crocifissione, la statua della Madonna delle Grazie (1838) e quella di san Leonardo, di Gregorio Palmieri (1780).
Popolarmente nota come chiesa del Rosario, fu edificata a spese della municipalità per ringraziare san Sebastiano, patrono secondario della città, che aveva liberato San Severo dalla peste nel XIV secolo. Divenne sede dei padri domenicani nel 1564. I padri vi istituirono la congregazione del Rosario e vi portarono il culto della Madonna della Libera. Distrutta dal terremoto del 1627, la chiesa fu presto riedificata. Soppresso il convento domenicano nel 1652, il tempio fu poi servito da una nuova Arciconfraternita del Rosario, che dopo il 1730 lo ampliò e lo arricchì di arredi, quadri e statue barocchi. Nel 1851 l'Arciconfraternita si trasferì nella chiesa della Trinità, portando con sé gran parte delle statue lignee di sua pertinenza, e nella chiesa presero stanza le suore di santa Filomena e dell'Addolorata, che vi rimasero fino al 1913. Il 7 ottobre 1946 fu elevata a parrocchia e, negli anni successivi, fu pesantemente ristrutturata, perdendo la più gran parte della ricca decorazione settecentesca. La facciata è stata completamente rifatta nel 1968, mentre al 1975 risale la porta bronzea, opera di Ernesto Lamagna. All'interno si conserva l'interessante altare maggiore settecentesco in marmi policromi (parzialmente smembrato), alcuni pregevoli dipinti di varia epoca e diverse statue lignee di notevole valore, tra cui l'entusiasmante Madonna della Libera di Giuseppe d'Onofrio (1816).
Era grancia di San Giovanni Battista.
Di origini tardomedievali e inizialmente dedicata alla Madonna della Neve, fu riedificata - a seguito del terremoto del 1627 - solo nel 1660. Ristrutturata nell'Ottocento e nel primo Novecento, conserva diverse sculture lignee di pregio, tra cui la statua del santo titolare, opera di Arcangelo Testa, racchiusa in una grande cona marmorea del 1921. Dello stesso anno è l'altare del Cuore di Gesù, opera di Severino Leone, eretto a memoria dei caduti di tutte le guerre.
È grancia della Cattedrale e sede dell'Arciconfraternita di Sant'Antonio Abate.
Radicalmente ristrutturata ai primi del Novecento, la chiesa conserva la semplice facciata secentesca collegata al grande monastero dei francescani, oggi sede del Museo civico, M.A.T (museo alto Tavoliere) All'interno del tempio si ammirano cinque preziosi altari con tarsie del primo Settecento e pregevoli dipinti barocchi di Sei e Settecento, tra cui una Deposizione firmata di Alessio d'Elia. L'attuale soffitto è stato dipinto nei primi anni del Novecento dall'artista sanseverese Ferruccio Gervasio. Alle spalle dell'altare maggiore è l'elegante porta con mostra in marmi policromi (sec. XVIII) che introduce alla sacrestia.
Grancia di San Severino, è attualmente chiusa al culto.
La chiesa ha sobria facciata settecentesca e interno squisitamente barocco con pianta che simula una croce latina in una successione molto suggestiva di spazi fortemente ritmati, decorati con stucchi della scuola di Vaccaro. Sul portale, all'interno, è un ricco organo positivo del primo Settecento. Interessanti le statue lignee tardobarocche dell'Addolorata e sant'Anna, entrambe di Giuseppe d'Onofrio, e di san Michele Arcangelo (1846). Più tarda è la statua della titolare, collocata in una modesta cona neogotica di primo Novecento. Il commovente Cristo morto, invece, era originariamente un crocifisso, opera di Pietro Palmieri (1790), alterato nelle forme attuali alla fine dell'Ottocento. In cartapesta è la statua novecentesca di sant'Elena. Nell'abside è il bel coro ligneo (sec. XVIII), con ricco stallo priorale, e quel che resta del pregevole altare maggiore in marmi policromi (1732), acquistato e trasferito dalla chiesa della Pietà nel 1772.
È grancia della Cattedrale e sede della confraternita del SS. Sacramento, tra le più antiche della città.
Ricostruita e ampliata a più riprese, la chiesa carmelitana, originariamente dedicata alla santa Croce (Santa Croce al Mercato), si mostra attualmente tardobarocca. La sobria facciata settecentesca in pietra calcarea e intonaco, colle statue di san Michele e dell'Angelo Custode e un pittoresco fastigio floreale, è un discreto lavoro di maestranze locali. Ben più raffinata, invece, è l'agile cupola maiolicata, con slanciato tamburo a pianta ottagonale elegantemente decorato a stucco.
All'interno, con pianta a croce latina e unica navata, spicca l'imponente altare maggiore, progettato e realizzato da Michele Salemme tra il 1786 e il 1787 (sotto la direzione del Regio ingegnere Salvatore Lanzella), che nella superba cona marmorea custodisce l'importante statua lignea della Vergine titolare, capolavoro dei fratelli Michele e Gennaro Trillocco (1790) su modello di Giuseppe Sanmartino. Nel cappellone di santa Teresa d'Avila, a destra, è un prezioso altare settecentesco napoletano. A sinistra, invece, è collocato l'interessante ma rimaneggiato coro ligneo del Settecento. Decorano il tempio i suggestivi dipinti liberty di Mario Borgoni (angeli nella cupola, evangelisti nei pennacchi, santi carmelitani negli intradossi degli archi, l'apparizione della Madonna del Carmine a san Simone Stock nell'abside e sant'Antonio in estasi nel cappellone, questi ultimi ispirati a opere di Giambattista Tiepolo), il fastoso pulpito mobile di fine Ottocento, il grande organo a canne neobarocco (strumento di Pasquale d'Onofrio, 1839), tele secentesche e settecentesche, la notevole statuaria di varia epoca (assai pregevoli sono il San Francesco di Paola, legno policromo del 1768 e la coeva Santa Lucia) e quel che resta degli stucchi rococò di scuola lombarda, in gran parte distrutti nei primi anni del Novecento. Il calligrafico soffitto a cassettoni lignei, che ha sostituito il cassettonato settecentesco, è opera dello scultore sanseverese Antonio D'Amico (1968).
È grancia di San Severino e sede dell'Arciconfraternita del Carmine e del Terz'Ordine Carmelitano.
Detta anche dei Cappuccini e della Madonna degli Angeli. Annessa al convento dei padri cappuccini, fondato sul principio del Seicento, la piccola chiesa vanta un mirabile polittico tardo-rinascimentale di Ippolito Borghese. L'altare maggiore in marmi policromi, oggi ridotto alla sola mensa, fu consacrato nel 1780. Oltre al pregevole il ciborio barocco, in legno scolpito e intarsiato, meritano un cenno il commovente crocifisso barocco e le toccanti statue lignee di san Francesco d'Assisi e di san Felice da Cantalice.
È grancia di Santa Maria delle Grazie e sede del Terz'Ordine Francescano.
D'origine medievale, annessa allo scomparso monastero dei padri zoccolanti (i cui imponenti resti furono completamente demoliti entro la metà del Novecento), la chiesa sorge nel territorio parrocchiale di San Bernardino. L'esterno ha semplice facciata in pietre squadrate, con piccolo portale definito da notevoli capitelli romanici. L'interno, radicalmente ristrutturato nel Settecento e arricchito da un'elegante decorazione a stucco di marca napoletana, risulta fortemente compromesso dal lungo abbandono e da interventi discutibili, tra cui la sostituzione della copertura originaria con capriate metalliche a vista. Conserva la statua lignea settecentesca del santo titolare, opera di Gregorio Palmieri.
Secondo la tradizione, san Bernardino dimorò presso il convento, nel cui chiostro avrebbe piantato un albero di melograno. Il convento vantava una importante farmacia (o spezieria), con annessa infermeria mantenuta dal Monte di Pietà. Tra il 1455 e il 1468 nel cenobio furono redatte alcune regole dell'Ordine. Nel XVI secolo furono sepolti nella chiesa i corpi di due beati, padre Bernardino da Apricena e frate Antonio da Ripa.
La chiesa subì notevoli danni a causa del terremoto del 1627; dopo il terremoto il convento fu restaurato e ampliato, ma nel 1806 fu soppresso. In seguito l'edificio fu di nuovo affidato ai frati, che nel 1859 restaurarono la chiesa. Nel periodo del brigantaggio i frati ricoverarono a proprie spese le truppe governative e nel 1865 cedettero una parte del convento per farne un lazzaretto per i malati di colera. Soppresso definitivamente il convento, la struttura fu adibita a caserma e, durante la seconda guerra mondiale, servì come rifugio a molte famiglie di sfollati. Il comune fece abbattere il convento, ormai in pessimo stato, nel 1956, salvando solo la chiesa e la retrostante sacrestia. Nel 1962 il vescovo Valentino Vailati fece restaurare la chiesa e sopraelevare il pavimento, portandolo al livello della strada.
Legata al potente monastero celestino, che nel XVIII secolo diventa uno tra i più ricchi e prestigiosi cenobi italiani, deve la sua sontuosa veste attuale ai lavori d'ammodernamento del Settecento. La solenne facciata, prospettante sulla piazza maggiore della città, è arricchita da quattro statue in stucco e un ovale con la Vergine e il bambino. Il campanile a vela, in pietra, è medievale ma rimaneggiato nel Settecento (la sommità in laterizio, con copertura a riggiole, è barocca). L'interno è uno straordinario contenitore d'arte: conserva tele di Girolamo Cenatempo e Giuseppe Castellano, statue di Giacomo Colombo (Madonna del Rosario, 1716) e Gregorio Palmieri (Cristo legato alla colonna, 1790), il fastoso organo a canne di Gennaro Bradetta (1701), i quattro altari marmorei laterali realizzati da Crescenzo Trinchese tra il 1777 e il 1778, i preziosi stucchi barocchi e il ricco cenotafio in marmi policromi dell'abate Giuseppe Maria Turco. Sull'altare maggiore è la grande tela solimenesca col Trionfo della Trinità.
È grancia di San Severino e sede dell'Arciconfraternita del Rosario, qui trasferitasi nel 1851 dalla chiesa di san Sebastiano, nonché dei cavalieri del Santo Sepolcro.
Sorge in campagna, sulla via diretta a Foggia, unico resto del casale medievale di sant'Andrea. Abbandonata nel 1811, la chiesa fu completamente restaurata nel 1855 e divenne luogo di incontro della cittadinanza in occasione della festa della Madonna titolare, che si celebrava il 25 marzo e la domenica seguente quella in albis con processione e corse di cavalli. Dopo la metà del Novecento la festa campestre venne meno e la chiesa fu chiusa al culto, trasferendosi i simulacri che vi si veneravano (quelli della Madonna dell'Oliveto e di sant'Andrea) nella chiesa dell'Immacolata. L'edificio è oggi in stato di abbandono.
Accanto alle quindici chiese storiche tuttora attive sono aperte al culto sette chiese parrocchiali erette nel corso del Novecento: Sacro Cuore di Gesù, Cristo Re, Madonna della Divina Provvidenza, Immacolata, San Bernardino, Sacra Famiglia e San Giuseppe Artigiano.
Sono scomparse le chiese storiche di sant'Onofrio, santa Margherita, santa Sofia, san Donato, san Tommaso, santo Stefano, san Biagio, santa Lucia vecchia e la Cappella dello Spirito Santo. Sono scomparsi anche i conventi di santa Chiara e santa Caterina nonché i monasteri dei domenicani, degli agostiniani, dei carmelitani e degli zoccolanti.
I complessi monastici scampati alla distruzione, eccezion fatta per il secentesco convento dei padri cappuccini che tuttora lo abitano, sono sede di istituzioni pubbliche: il monastero dei celestini è sede del municipio, quello delle benedettine del tribunale e di una scuola elementare, quello dei conventuali del museo civico.
Le associazioni pubbliche di fedeli attualmente attive in San Severo sono nove:
Risultano estinte queste congregazioni laicali:
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