Chiesa di Sant'Alessandro della Croce
chiesa di Bergamo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
chiesa di Bergamo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La chiesa di Sant'Alessandro della Croce si trova in via Pignolo, strada che collega la parte bassa della città di Bergamo a quella alta, anticamente posizionata sull'incrocio di quattro vicinie medioevali; proprio a questo si deve il suo nome.
È la chiesa che conserva il corredo pittorico più importante della città, non solo nella basilica ma anche nelle due sacrestie a lato del presbiterio[1].
Il primo documento che nomina la eclesie S.ti Alexandri de Mugazone è datato 1183, si ritiene quindi che la chiesa fosse stata edificata dal vescovo Adalberto[2], forse nei terreni coltivati a vigna di sua proprietà. Venne poi riedificata e ampliata più volte.
Nella nota ecclesiarum, elenco stilato nel 1360 peer ordine di Barnabò Visconti, che aveva ordinato un censimento di tutte le chiese della diocesi per poterne notare le rendite ed esigerne il censo, viene chiamata "capela civitatis Bergomi" e con un solo beneficio. Nel 1490 vennero aggiunte due campate alla navata da Francesco Moroni, figlio di Pecino, proveniente da una famiglia di architetti che operò presso la ricche famiglie di Bergamo[3]. La chiesa venne consacrata la prima volta il 2 gennaio 1517 dopo una grande opera di ampliamento.
La ricostruzione della chiesa avvenne dal 1617 a opera dei fratelli luganesi Giovan Maria e Francesco Trecino, che risultano attivi dal 1676 al 1768. Erano anni in cui Bergamo godeva di un grande risveglio artistico, che abbellì chiese e abitazioni civili di opere d'arte. Grazie alla volontà delle vicinie di Sant'Alessandro della Croce, di San Giovanni dell'Ospedale e di Sant'Antonio, che uniti nel Collegio delle Veneranda Fabbrica, decisero la riedificazione così come conservata, anche se nel 1737, quanto venne consacrata per la seconda volta dal vescovo di Bergamo Antonio Redetti, non era stata ancora terminata.
La facciata venne ultimata solo nel 1923 seguendo il progetto dell'architetto Virginio Muzio del 1903, mentre il portale del 1922 su disegno di Giovanni Muzio.
La sacrestia è ricca di opere d'arte d'importanza rilevante, furono infatti recuperate da don Giovanni Battista Conti durante la Repubblica Cisalpina quando, venendo soppressi tanti conventi e chiuse numerose chiese, e molte opere furono messe in vendita. L'immagine del prelato è impressa in un ritratto posto centrale ai locali della sacrestia opera di Amadio Panzera[4].
La chiesa è a una sola navata con un transetto a braccia corte, tre altari per lato in tardo barocco, di cui quelli centrali sovrastati da una cupoletta.
Sulla controfacciata, nella parte superiore all'entrata, è collocata la tela La Trinità che incorona la Vergine opera di Giovan Battista Moroni[5] proveniente dalla chiesa della Santissima Trinità, ulteriori quadri del Moroni sono presenti nella sagrestia: Crocifissione con i Santi Sebastiano, Giovan Battista e un devoto, e il Battesimo di Gesù. Dal transetto sinistro, attraverso un corridoio è possibile accedere all'Oratorio di San Lupo un tempo cimitero della chiesa.
Il grande altare maggiore in forma neoclassica, realizzato su disegno dell'architetto Giacomo Tomilli e eseguito da tal Cocchi, ospita le statue che furono realizzate da Gaetano Matteo Monti, i santi Pietro e Paolo eseguiti da Giovanni Maria Benzoni e da Abbondio Sangiorgio i quattro evangelisti. L'altare non si presenta di grande altezza per permettere la visione della tela Martirio di sant'Alessandro di Antonio Cifrondi.[6]
L'altare comunitario, posto nella seconda metà del Novecento per ottemperare alle disposizioni del concilio Vaticano II è il grande sarcofago che era stata originariamente la prima tomba di sant'Alessandro[7], poi traslato nel Duomo. Successivamente l'arca fu luogo di sepoltura di santa Grata, anche lei poi traslata nella chiesa di Santa Grata in Columnellis.[8].
Le differenti congregazioni, che godevano del giuspatronato delle cappelle, si presero carico ognuna di un altare e dei relativi arredi. L'altare dell'Orazione è opera di Andrea Fantoni (1729), di Gian Giacomo Manni sono quelli del Suffragio, di sant'Antonio abate e il paliotto dell'altare di sant'Antonio da Padova e la tela Papa Gregorio Magno intercede per le anime del Purgatorio di Sebastiano Ricci sempre all'altare del suffragio.
Del Cifrondi la pala d'altare, e quella di san Carlo Borromeo di Gian Battista Parodi.
Un centinaio di quadri sono il patrimonio presente all'interno della chiesa e nelle sagrestie tra questi un Risorto di Lorenzo Lotto, tele di Gian Paolo Cavagna di Carlo Ceresa e del figlio Antonio[9], di Enea Salmeggia proveniente dall'ex monastero francescano di Santa Maria delle Grazie, e l'Assunzione della Vergine del 1621, Sant'Antonio abate scaccia il demonio del 1605 conservati nel transetto di sinistra, e il dipinto su tavola Santi francescani (100x205) di Francesco Bonetti; miniature di Iacopo da Balsemo. Il dipinto di Giambettino Cignaroli: Storia di Giuda Maccabeo, nonché il dipinto della Deposizione posto come pala dell'altare del transetto di destra.
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.