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Villaggio della Bielorussia distrutto dai nazisti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Chatyn' (in bielorusso e in russo Хатынь?) era un villaggio della Bielorussia che fu distrutto dai nazisti il 22 marzo 1943 come rappresaglia per la morte di alcuni soldati tedeschi in uno scontro a fuoco con i partigiani.[1]
Chatyn' strage | |
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Stato | RSS Bielorussa |
Coordinate | 54°20′04″N 27°56′37″E |
Conseguenze | |
Morti | 149 |
Feriti | 2 |
Gli abitanti del villaggio furono accusati di collaborare con i partigiani e furono tutti bruciati vivi o fucilati:[2] le vittime furono 149.[3] L'operazione fu condotta dal Battaglione Schutzmannschaft 118, composto da collaborazionisti ucraini, e dalla 36. Waffen-Grenadier-Division der SS guidata da Oskar Dirlewanger.[4]
Il massacro ispirò il film sovietico del 1985 Va' e vedi diretto da Ėlem Klimov.
Il massacro non fu un incidente insolito in Bielorussia durante la seconda guerra mondiale. Furono infatti distrutti almeno 5 295 insediamenti bielorussi dai nazisti e spesso tutti i loro abitanti furono uccisi; in alcuni si contarono fino a 1 500 vittime, come punizione per la collaborazione con i partigiani: nella regione di Vitebsk, 243 villaggi furono bruciati due volte, 83 villaggi tre volte e 22 villaggi furono bruciati quattro o più volte; nella regione di Minsk, 92 villaggi furono bruciati due volte, 40 villaggi tre volte, nove villaggi quattro volte e sei villaggi cinque o più volte.[5] Complessivamente, oltre 2 000 000 di persone furono uccise durante i tre anni di occupazione nazista, quasi un quarto della popolazione della regione.[6][7]
Il 22 marzo 1943 un convoglio tedesco fu attaccato dai partigiani sovietici vicino al villaggio di Koziri, a 6 km da Chatyn', provocando la morte di quattro agenti di polizia del Battaglione Schutzmannschaft 118. Tra i morti c'era il capitano Hans Woellke, l'ufficiale in comando del battaglione.[8]
Le truppe della Brigata Dirlewanger, un'unità composta principalmente da criminali reclutati per compiti di guerra, entrarono nel villaggio, cacciarono gli abitanti dalle loro case e furono rinchiusi in un capanno poi ricoperto di paglia e dato alle fiamme.[9] Le persone intrappolate riuscirono a sfondare le porte, ma nel tentativo di scappare furono uccise dal fuoco delle mitragliatrici. Circa 149 persone, tra cui 75 bambini di età inferiore ai 16 anni, rimasero uccise per le ustioni, gli spari o l'inalazione del fumo. Il villaggio fu poi saccheggiato e raso al suolo.[10]
I sopravvissuti furono otto abitanti del villaggio, di cui sei presenti al massacro: cinque bambini e un adulto.
Altre due donne sopravvissero perché quel giorno erano lontane dal villaggio:
Nel 1946 l'ufficiale che ordinò il massacro, Bruno Pavel, fu processato al processo di Riga e giustiziato. Ivan Melnichenko, il capo dell'unità Dirlewanger che commise il massacro, fu colpito a morte da agenti dell'NKVD il 26 febbraio 1946 mentre resisteva all'arresto. Numerosi collaboratori che parteciparono al massacro furono processati negli anni '60 e '70, ed alcuni di loro furono giustiziati.[15]
Il comandante di uno dei plotoni del 118º Battaglione Schutzmannschaft, l'ex sottotenente sovietico Vasyl Meleshko, fu processato in una corte sovietica e giustiziato nel 1975.
Il capo di stato maggiore del 118º Battaglione Schutzmannschaft, l'ex tenente dell'Armata Rossa Hryhoriy Vasiura (che fu catturato durante l'invasione nazista dell'URSS nel 1941 e successivamente si offrì volontario per il servizio nella Schutzmannschaft e nelle SS), fu processato a Minsk nel 1986 e ritenuto colpevole di tutti i suoi crimini. Fu condannato a morte dal verdetto del tribunale militare del distretto militare bielorusso. Vasiura fu giustiziato nel 1987.
Il caso e il processo del principale carnefice di Chatyn' non hanno ricevuto molta pubblicità dai media; i leader delle repubbliche sovietiche erano preoccupati per l'inviolabilità dell'unità tra il popolo bielorusso e quello ucraino.
Chatyn' divenne un simbolo delle uccisioni di massa della popolazione civile durante i combattimenti tra partigiani, truppe tedesche e collaboratori. Nel 1969 fu nominato monumento nazionale ai caduti della RSS bielorussa.[16] Tra i simboli più riconosciuti del complesso commemorativo c'è un monumento con tre betulle e con una fiamma eterna, rappresenta un omaggio a un bielorusso su quattro morto in guerra.[6]
C'è anche una statua di Yuzif Kaminsky che trasporta il figlio morente e un muro con nicchie per rappresentare le vittime di tutti i campi di concentramento, con grandi nicchie che rappresentano quelle con più di 20 000 vittime. Le campane suonano ogni 30 secondi per commemorare il tasso di perdita di vite dei bielorussi durante la seconda guerra mondiale.
Parte del memoriale è un cimitero di villaggi con 185 tombe. Ogni tomba simboleggia un particolare villaggio in Bielorussia che è stato dato alle fiamme insieme alla sua popolazione.
Tra i leader stranieri che visitarono il Memoriale durante il loro mandato ci furono Richard Nixon, Fidel Castro, Rajiv Gandhi, Yasser Arafat e Jiang Zemin.[17]
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