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termine di origine greca Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La glossolalia, dal greco γλώσσα (glossa), lingua e λαλέω (laléo), parlare, indica il "parlare in altre lingue"; più precisamente, per glossolalia s'intende: la pronuncia di ciò che può essere o una lingua esistente ma ignota a chi parla[2] (xenoglossia o xenolalia),[3] o le parole di un linguaggio mistico sconosciuto,[2] o semplici vocalizzi e sillabe senza senso;[2] a volte appare come parte di un rito religioso.[2]
Ad esempio nel Cristianesimo, il "parlare in varie lingue", o polilalia (termine che in seguito ha assunto il significato di eccessivo parlare), è considerato un dono di Dio per mezzo dello Spirito Santo: come descritto negli Atti degli Apostoli, nella Lettera ai Romani e nella Prima lettera ai Corinzi, è uno dei santi doni dello Spirito dati da Dio ai fedeli, con significative variazioni dal giorno di Pentecoste a oggi. La glossolalia è anche incorporata in altre fedi religiose come componente dell'adorazione.
I Dal punto di vista del contesto cristiano, glossolalia è un termine scorretto, proveniente dal linguaggio della scienza contemporanea (quindi un neologismo) per descrivere una esperienza religiosa di coscienza fenomenologica, nella quale lo stesso linguaggio umano viene rivelato come completamente scollegato dalla parola, e dove le profondità della comunicazione umana sono rivelate come spirituali in un modo che è profondo, trasformante e discordante dalla visione del mondo degli scettici e dei realisti (ovvero i "non credenti" in termini religiosi). Nel contesto di questa esperienza di gruppo, il ministero di Pietro era un messaggio di comprensione e fratellanza, che offriva agli ascoltatori una scelta tra speranza e salvezza o incredulità e disperazione.
Da un punto di vista psicologico, il primo studio scientifico della glossolalia venne compiuto dallo psicologo svizzero Théodore Flournoy (pubblicò nel 1900 il caso della signora Hélène Smith). Nel 1927, G.B. Cutten pubblicò il libro Speaking with Tongues: Historically and Psychologically Considered, che fu considerato uno standard della letteratura medica per molti anni. Come Emil Kraepelin, psichiatra tedesco, che aveva mostrato nel 1906 l'analogia del linguaggio prodotto durante i sogni e il linguaggio schizofrenico, egli collegò la glossolalia al linguaggio prodotto nella schizofrenia e nella psicosi isterica. Nel 1972, John Kildahl assunse una differente prospettiva psicologica nel suo libro The Psychology of Speaking in Tongues. Egli affermò che la glossolalia non era necessariamente un sintomo di malattia mentale e che i glossolalisti soffrivano di meno per lo stress. Egli osservò comunque che i glossolalisti tendevano ad avere maggior bisogno di figure autoritarie e sembravano avere più crisi nel corso della loro vita. Nicholas Spanos descrisse la glossolalia come un'abilità acquisita, per la quale non è necessaria alcuna trance (Glossolalia as Learned Behavior: An Experimental Demonstration, 1987).
Nel Nuovo Testamento, il libro degli Atti degli Apostoli racconta di come "lingue di fuoco" scesero sulle teste degli Apostoli, accompagnate dalla miracolosa capacità di parlare in lingue a loro sconosciute, ma riconoscibili da altre persone presenti come lingue native:
« ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio." » ( At 2, 4-11, su laparola.net.) |
Il racconto del miracolo di Pentecoste specifica quello che è avvenuto (cioè si trattava di xenoglossia e non, almeno nel complesso, di glossolalia); riferimenti più precisi si hanno nella Prima lettera ai Corinzi, dove l'Apostolo prende posizione verso la glossolalia come era praticata a Corinto. Pur non disapprovandola, e anzi annoverandola tra gli altri "doni dello Spirito" (1º Cor. 12, 1-30) egli ne prende prudentemente le distanze con una velata critica e un ammonimento:
« Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue. Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi. Sta scritto nella Legge:
Parlerò a questo popolo in altre lingue dice il Signore. Quindi le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti ma per i credenti. » ( 1Cor 14, 18-22, su laparola.net.) |
E conclude con una precisa disposizione:
« Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine; uno poi faccia da interprete. Se non vi è chi interpreta, ciascuno di essi taccia nell'assemblea e parli solo a se stesso e a Dio. » ( 1Cor 14, 27, su laparola.net.) |
Sembra che lo stesso fenomeno si manifestasse anche a Cesarea:
« Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio. » ( At 10, 44-46, su laparola.net.) |
e ad Efeso:
« Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Efeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano. Erano in tutto circa dodici uomini. » ( At 19, 1-7, su laparola.net.) |
In ogni caso si descrive in termini molto simili una comunicazione, stabilita tra coloro "che parlavano in lingue" e gli uditori, secondo modalità il cui supposto agente doveva essere lo Spirito Santo. È notevole, in tutti i casi in cui viene menzionato il "parlare in lingue", l'implicito rivolgersi a "non credenti" o "stranieri", secondo appunto quanto detto dall'Apostolo: «le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti».
Fenomeni di glossolalia sono attestati, anche se non vi è certezza al riguardo, in Asia Minore dopo il 155 (con Montano e le sue profetesse). In Francia, i "profeti camisardi", all'epoca delle dragonnades (inizi del XVIII secolo) hanno forse conosciuto momenti in cui parlavano in lingue[4].
In epoca più recente v'è stato chi ha affermato di avere assistito di persona alla preghiera, alla profezia o al canto in lingue, o di aver sperimentato personalmente il fenomeno. Quest'ultimo ha assunto particolare importanza nel determinare alcuni tratti del movimento pentecostale e del movimento carismatico: la convinzione che i doni degli apostoli continuino a persistere nel mondo moderno forma infatti un punto fondamentale della dottrina pentecostale e carismatica. Alla luce di brani della prima lettera ai Corinzi ( 14, 2.4-5.15[5]) e della lettera ai Romani ( 8, 26[6]), entrambi i movimenti ritengono che la glossolalia sia una forma di preghiera più libera e più ispirata perché generata da una particolare condizione di abbandono all'opera dello Spirito Santo.
Nel 1911 a Kristiania, in Norvegia, si tenne il primo Congresso dei «glossolali», ma è stato soprattutto a partire dalla metà degli anni sessanta che il fenomeno ha fatto presa presso altre denominazioni confessionali.
Alcuni cristiani sostengono che questa glossolalia religiosa comprenda, almeno in alcuni casi, una vera e propria lingua ispirata dallo Spirito Santo: espressioni in una lingua sconosciuta sia a chi la parla sia a chi l'ascolta. L'opinione che la glossolalia sia una manifestazione autentica dello Spirito Santo è tenuta in gran considerazione soprattutto nelle denominazioni Evangeliche e Fondamentaliste conservatrici, ma è presente anche nel Cattolicesimo.
In sintesi, i Cristiani carismatici hanno individuato tre diverse attività che caratterizzano la glossolalia.
«Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili.»
Anche altri gruppi religiosi non cristiani avrebbero praticato delle forme di glossolalia.
Il primo esempio storico è quello dell'Oracolo di Delfi, dove una sacerdotessa del dio Apollo (chiamata Pizia), parlava con suoni strani, ufficialmente perché lo spirito di Apollo parlava in lei; una possibile spiegazione è l'alto livello di gas naturali presenti nelle sorgenti dietro il tempio.
Alcuni testi magici gnostici del periodo romano recano scritte delle lettere senza senso come "t t t t t t t t n n n n n n n n n d d d d d d d..." [senza fonte] ecc. Si ritiene che queste possano essere delle traslitterazioni del tipo di suoni emessi durante la glossolalia.
Nel XIX secolo lo spiritismo si sviluppò in una religione a sé stante, grazie all'opera di Allan Kardec, e il fenomeno fu visto come una delle manifestazioni auto-evidenti degli spiriti. Gli spiritisti sostenevano che alcuni di questi casi erano in realtà casi di xenoglossia (quando si parla in una lingua che non si conosce). Comunque, l'importanza che gli viene attribuita, così come la loro frequenza, sono molto diminuite da allora. Gli spiritisti odierni considerano il fenomeno senza senso, in quanto non trasporta alcun messaggio intelligibile ai presenti.
La glossolalia è stata osservata anche nello sciamanesimo e nella religione Vudù di Haiti; può essere spesso prodotta dall'ingestione di droghe allucinogene o di enteogeni come i funghi psichedelici.
Gli scettici scartano questi casi come semplici episodi di trance, autoipnotismo o estasi. Infatti l'interpretazione dei testi glossolalici è affidata di volta in volta agli adepti del rito in questione che non basano la loro traduzione su regole condivise. Nessun caso di glossolalia ha rivelato a tutt'oggi verità non esprimibili in altre lingue. Da questo dipende lo scetticismo attuale, non solo da parte della scienza, ma anche da parte di tutte le altre religioni diverse da quella del parlante. In musica moderna contemporanea, alcune cantanti di gruppi della scena dark londinese degli anni '80, appartenenti alla casa discografica 4ad, hanno inciso canzoni in glossolalìa, soprattutto Elisabeth Frazer dei "Cocteau Twins" e Lisa Gerrard dei "Dead Can Dance".
In Teatro Antonin Artaud usava e praticava la glossolalia scritta e parlata per trovarne i presupposti performativi[8]. Nella scena teatrale italiana contemporanea la glossolalia è praticata sporadicamente, fatta eccezione per la Compagnia Teatro Cantiere che la usa nei propri allenamenti[9], mette in scena spettacoli interamente in glossolalia e organizza laboratori di canti e testi glossolalici[10].
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