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poeta e drammaturgo tedesco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il conte August Karl Maximilian Georg Graf von Platen-Hallermünde (Ansbach, 24 ottobre 1796 – Siracusa, 5 dicembre 1835) è stato un poeta e drammaturgo tedesco.
Ufficiale per tradizione familiare, riconobbe presto la propria vocazione letteraria, cui si dedicò con fervore quasi religioso. Nel 1824 fu a Venezia e nel 1826, affascinato dall'ideale classico, lasciò la Germania per l'Italia meridionale. Qui, tra l'altro, e precisamente nella città di Napoli, ebbe modo di conoscere Giacomo Leopardi di cui scrisse (Diario, 5 settembre 1834): «… conoscendolo più da vicino, scompare quanto vi è di più disaggradevole nel suo esteriore, e la finezza della sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon l'animo in suo favore. Io lo visitai spesso».
August von Platen-Hallermünde, di cui Goethe aveva intuito la grandezza, riversò l'inquietudine tutta nordica del suo animo in opere poetiche raffinate e sapienti, costrette in forme classiche (odi, sonetti, ecc.) e in versi sontuosi di struggente bellezza. Nelle commedie esplicò una meno felice vena satirica, polemicamente diretta contro la cultura germanica contemporanea. Von Platen morì il 5 dicembre 1835 probabilmente di febbre all'interno di una locanda al numero 5 di via Amalfitania nell'Isola di Ortigia a Siracusa.
Dopo la sua morte venne eretta una tomba e alcune lapidi commemorative sotto la spinta di Mario Landolina (figlio di Saverio) che aveva sostenuto il poeta durante la visita a Siracusa. Per onorare il poeta nel 1852 venne l'arciduca Massimiliano I del Messico. L'anno successivo fu la volta di Massimiliano II di Baviera. Nel 1869 un comitato di patrioti tedeschi promosse una sottoscrizione per una tomba degna della figura, l'attuale tomba presso la villa Landolina. Nel 1896 Guglielmo II di Germania lasciò una lapide in via Amalfitania, luogo dove morì.[1]
Thomas Mann si basò in parte su Platen per la creazione del suo personaggio di Gustav von Aschenbach del racconto La morte a Venezia. Il nome stesso del personaggio contiene vaghe allusioni a Platen: August riprende l'anagramma di Gustav, mentre Ansbach, il luogo di nascita di von Platen, richiama Aschenbach; il parallelo, tuttavia, è reso esplicito soprattutto dal fatto che anche il personaggio di Mann, come Platen, muore di colera in Italia, dove si è attardato per soddisfare i suoi desideri omosessuali.
Il parallelo diventa comunque esplicito nel saggio che Mann dedicò a Platen, nel 1930: in esso Mann attribuiva all'omosessualità di Platen la causa ultima della sua morte, proprio come avviene al personaggio del suo racconto:
«L'incompleta comprensione di se stesso, il non ammettere che il suo amore non era per nulla più sublime, ma un amore come tutti gli altri, se pure - almeno al tempo suo - con più scarse possibilità di felice esaudimento, questo equivoco insomma lo spinse all'ingiustizia, all'insanabile amarezza, all'esacerbato rancore per il dispregio e la durezza in (sic) cui la sua ardente dedizione si scontrava quasi ad ogni momento ed esso ha parte evidentissima nel suo risentimento contro la Germania e contro tutto ciò che è tedesco, e finì per spingerlo all'esilio ed alla morte solitaria.»
La lettura della vicenda ultima di Platen da parte di Mann in questo saggio, che ha avuto una fortuna critica notevole e ha condizionato la lettura di Platen da parte di noi contemporanei, è però forzata e deformata. Al punto che in essa si riconosce molto più una risposta alla lotta dello stesso Thomas Mann contro la propria omosessualità piuttosto che una valutazione serena e spassionata del modo in cui Platen visse la propria, cioè in modo assolutamente più solare e meno autodistruttivo di quanto non abbia fatto Mann, e con lui il personaggio del suo celeberrimo romanzo.
Platen teneva i diari alternativamente in tedesco e in francese. Ne esistono pertanto due edizioni che traducono entrambe la parte che nell'originale è scritto nell'altra lingua:
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