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Battaglia di Budapest

scontro combattuto tra l'unione sovietica e il terzo reich a budapest Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Battaglia di Budapest
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La Battaglia di Budapest (nella letteratura tedesca Schlacht um Budapest, nella storiografia sovietica indicata come operazione Budapest - Будапештская операция, Budapeštskaja operacija[3]) fu un sanguinoso e prolungato scontro combattuto tra l'Armata Rossa (con il concorso di reparti dell'esercito rumeno) e la Wehrmacht tedesca, supportata dai suoi alleati ungheresi, durante la seconda guerra mondiale sul fronte orientale per il possesso della capitale magiara. Il violentissimo combattimento finale tra le forze tedesco-ungheresi rimaste accerchiate a Budapest dal 26 dicembre 1944 e le truppe d'assalto sovietiche (protrattosi per oltre un mese all'interno della cerchia cittadina) giunse al termine di una serie di offensive lanciate dall'Armata Rossa in Ungheria a partire dal 29 ottobre 1944, che provocarono aspri e ripetuti scontri con le riserve corazzate tedesche tenacemente decise, secondo le direttive di Adolf Hitler, ad impedire una vittoria sovietica.

Dati rapidi Battaglia di Budapest parte del Fronte orientale della seconda guerra mondiale, Data ...

Le operazioni si conclusero il 13 febbraio del 1945, dopo accaniti combattimenti nelle rovine della città e il fallimento di un tentativo finale di sortita, con la vittoria completa sovietica, la distruzione di gran parte dei reparti accerchiati, tra cui numerose formazioni Waffen-SS, e la resa delle residue forze tedesco-ungheresi a Budapest; in questa fase ormai gran parte del territorio ungherese era già in mano dell'Armata Rossa che presto avrebbe marciato su Vienna.

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L'avanzata dell'Armata Rossa in Ungheria

Riepilogo
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La situazione ungherese

Sin dalla metà degli anni Trenta, l'Ungheria, uscita pesantemente ridimensionata dopo la sconfitta e la disgregazione dell'Impero austro-ungarico nella prima guerra mondiale, si era dimostrata assai in sintonia con i regimi instauratisi in Italia e Germania; questa collaborazione agevolò il sostegno dei governi italiano e tedesco alle richieste ungheresi circa una soluzione a lei favorevole di alcune dispute territoriali lasciate aperte dal Trattato del Trianon[5]. Grazie al primo e al secondo arbitrato di Vienna, quindi, l'Ungheria ottenne significative concessioni sia sul confine cecoslovacco che su quello rumeno. Nel 1940, su pressione tedesca, l'Ungheria siglò il Patto Tripartito, entrando in guerra a fianco delle potenze dell'Asse[6]. A dispetto delle speranze iniziali di evitare il coinvolgimento diretto nelle operazioni militari, il governo ungherese fu presto costretto a fornire truppe e mezzi nelle campagne di Jugoslavia e di Russia[7].

La partecipazione di un numeroso contingente alla guerra sul Fronte orientale costò all'Ungheria gravi perdite umane e materiali; l'intera 2ª Armata venne distrutta durante l'offensiva Ostrogorzk-Rossoš nel gennaio 1943, provocando malcontento in Ungheria e gravi preoccupazioni per il governo filo-tedesco dell'ammiraglio Miklós Horthy, desideroso di evitare una catastrofe, timoroso del possibile arrivo dell'Armata Rossa e quindi alla ricerca di contatti con le potenze anglosassoni per sganciarsi dallo scomodo alleato tedesco[8].

Già prima che nel settembre del 1944 le forze sovietiche arrivassero a minacciare direttamente il confine ungherese, il governo di Budapest aveva avviato trattative segrete per una pace separata con gli Alleati. Avvisato di queste trattative, Hitler diede il via il 27 marzo del 1944 all'Operazione Margarethe, così da prevenire i danni di un'eventuale fuoriuscita dell'Ungheria dall'Asse: truppe della Wehrmacht occuparono importanti nodi strategici e industriali in territorio ungherese e l'Ammiraglio Horthy, reggente di Ungheria, fu posto agli arresti domiciliari dai tedeschi[9].

I primi attacchi sovietici

La grande offensiva sovietica di Iași-Kišinëv, iniziata il 20 agosto 1944, provocò l'immediato crollo delle forze tedesco-rumene del Gruppo d'armate Sud Ucraina al comando del generale Johannes Friessner e accelerò in pochi giorni la destituzione del Capo di Stato rumeno Ion Antonescu, sostituito da un nuovo governo che immediatamente dichiarò guerra alla Germania e passò a combattere a fianco dell'Armata Rossa. Il conseguente disastro completo delle forze tedesche permise al 2º Fronte ucraino del generale Rodion Malinovskij ed al 3º Fronte ucraino del generale Fëdor Tolbuchin (coordinati dal rappresentante dello Stavka, maresciallo Semën Timošenko) di avanzare rapidamente occupando Bucarest già il 2 settembre e raggiungendo i confini con la Bulgaria e con l'Ungheria[10].

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L'equipaggio di un T-34 riceve l'accoglienza della popolazione di una città rumena durante l'offensiva Iași-Chișinău

Mentre le forze del generale Tolbuchin marciavano direttamente in Bulgaria, anch'essa passata l'8 settembre dalla parte sovietica dopo aver dichiarato guerra alla Germania, il maresciallo Malinovskij occupò facilmente i passi dei Carpazi, riorganizzò le sue forze per avanzare nella Transilvania e nelle pianure ungheresi. Il comando del Gruppo d'armate tedesco del generale Friessner (che il 24 settembre sarebbe stato ridenominato Gruppo d'armate Sud), cercò nelle prime settimane di settembre di organizzare un nuovo schieramento difensivo, impiegando per contribuire alla difesa, anche alcune armate ungheresi affrettatamente costituite, con soldati dal morale basso e con armamenti poco efficienti[11].

Con l'aiuto di alcune formazioni corazzate tedesche di riserva dirottate in Transilvania dalla Slovacchia, il generale Friessner sferrò alcuni contrattacchi da Cluj verso sud per facilitare il ripiegamento delle forze tedesco-ungheresi del cosiddetto Armeegruppe Wöhler (8ª Armata tedesca del generale Otto Wöhler) che rischiava di rimanere isolato a nord dopo il crollo del fronte tedesco-rumeno, mentre il maresciallo Malinovskij marciò contemporaneamente verso Cluj e Turda e verso Timișoara e Arad dove l'avanzata sovietica, rafforzata dal contributo di importanti contingenti rumeni, fu facilitata dalla debolezza delle forze ungheresi presenti sul posto[12]. Mentre a Cluj i reparti tedeschi del cosiddetto Armeegruppe Fretter-Pico (6ª Armata tedesca del generale Maximilian Fretter-Pico e 2ª Armata ungherese) riuscirono a contenere le forze sovietiche, già il 24 settembre le armate del fianco sinistro del maresciallo Malinovskij (53ª Armata, 18º Corpo corazzato e 1ª Armata rumena) raggiunsero il confine ungherese a Makó dopo aver liberato Arad e Timișoara[13].

Dopo una breve fase di riorganizzazione e rafforzamento, a partire dal 6 ottobre il maresciallo Malinovskij sferrò la cosiddetta "Operazione Debrecen", una grande offensiva combinata che prevedeva di marciare contemporaneamente da Arad verso Budapest (con la 53ª, la 46ª Armata e il Gruppo di cavalleria meccanizzata - KMG, Konno-Mechanizirovannaja Gruppa - del generale Pliev), da Oradea verso Debrecen con la potente 6ª Armata corazzata delle guardie del generale Andrej Kravčenko, da Cluj sempre verso Debrecen (con la 27ª Armata ed il Gruppo di cavalleria meccanizzata del generale Gorškov) per isolare ed accerchiare le forze tedesco-ungheresi[14]. L'offensiva fu duramente contrastata dalle forze tedesco-ungheresi, in fase di rafforzamento con l'afflusso di numerose Panzer-Division tedesche e divisioni Waffen-SS con cui il Comando tedesco sperava addirittura di passare alla controffensiva: sulla sinistra i sovietici riuscirono a raggiungere il Tibisco, conquistando Mezőtúr e Szeged, mentre sulla destra venne finalmente conquistata Cluj[15].

Per accelerare la marcia su Debrecen, il Gruppo Pliev e il Gruppo Gorškov vennero dirottati a nord per rafforzare la 6ª Armata corazzata delle guardie duramente contrastata ad Oradea; Debrecen infine cadde il 20 ottobre ed i carri armati sovietici raggiunsero anche Nyíregyháza il 22 ottobre, minacciando di isolare l'8ª Armata tedesca e due armate ungheresi nella Transilvania settentrionale. Ma il generale Friessner passò al contrattacco e le Panzer-Division inflissero una serie di scacchi alle forze mobili nemiche, riconquistando il 25 ottobre Nyíregyháza, e favorendo il ripiegamento tedesco sulla linea del Tibisco[16]. Mentre la situazione a nord migliorava per le forze tedesco-ungheresi, il maresciallo Malinovskij stava però già organizzando la sua offensiva principale a sud direttamente contro Budapest, per sfruttare i successi conseguiti dalle sue armate del fianco sinistro e conquistare rapidamente la capitale magiara[17].

Tentativo di defezione ungherese

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Soldati delle Waffen-SS a Budapest, durante l'occupazione tedesca della città nell'ottobre 1944.

Di fronte ai catastrofici sviluppi della situazione militare e all'avvicinarsi dell'Armata rossa, l'Ammiraglio Miklós Horthy, dopo aver tentato di prendere accordi con le potenze anglosassoni si era deciso infine ad entrare in trattative con l'Unione Sovietica, inviando a Mosca alla fine di settembre 1944, il maresciallo Farago (ex addetto militare in Russia)[18]. Già il 15 ottobre 1944 l'Ammiraglio annunciò con un comunicato radiofonico la firma dell'armistizio tra l'Unione Sovietica e l'Ungheria, ma, al corrente delle trattative, Hitler reagì brutalmente, coadiuvato dai rappresentanti del Reich in Ungheria, Rudolf Rahn, Edmund Veesenmayer e Otto Winkelmann, per fronteggiare la defezione del suo ultimo alleato: il colonnello Otto Skorzeny, alla testa di alcuni uomini del suo reparto scelto delle SS lo SS-Jagdverband, rapì Horthy (dopo aver segregato qualche giorno prima anche il figlio dell'ammiraglio come ostaggio) e lo trasportò in Germania[19].

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Il generale Johannes Friessner, comandante del Gruppo d'armate Sud fino al 23 dicembre 1944
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Il generale Otto Wöhler, comandante del Gruppo d'armate Sud dal 23 dicembre 1944

Due divisioni di cavalleria corazzata Waffen-SS occuparono Budapest (Operazione Panzerfaust), favorendo la costituzione di un nuovo governo filo-nazista. Horthy fu costretto alle dimissioni e a capo del nuovo governo fu insediato il leader di destra Ferenc Szálasi, capo del Partito delle Croci Frecciate, che instaurò un violento regime di terrore. Una parte dell'Esercito ungherese (la Honvéd) però defezionò a favore dei sovietici, come fecero il maresciallo Miklos (comandante della 1ª Armata), il generale Veress, e il generale Vörös, capo di Stato maggiore generale[20]. Szálasi riuscì comunque ad organizzare una parte dell'Esercito per combattere contro l'Armata Rossa, appoggiandosi ad elementi ultranazionalisti e fidando sul tradizionale odio contro i rumeni e i russi; vennero inoltre costituite milizie di Croci Frecciate e due nuove divisioni Waffen-SS di reclutamento locale[19].

In questo modo Hitler e l'Alto comando tedesco riuscirono ancora una volta a stabilizzare la situazione ed a mantenere nel campo tedesco l'alleato ungherese, salvaguardando almeno temporaneamente il prezioso approvvigionamento del petrolio proveniente dai pozzi situati nella zona del lago Balaton e continuando a proteggere il fianco meridionale delle proprie linee di difesa.

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L'assalto su Budapest

Riepilogo
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L'offensiva dell'Armata Rossa

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Equipaggi di carri sovietici discutono dettagli tattici durante l'offensiva su Budapest.

Il 29 ottobre 1944 l'Armata Rossa lanciò la sua prima offensiva in forze contro Budapest; in realtà il maresciallo Malinovskij, comandante del 2º Fronte ucraino, avrebbe voluto rinviare l'inizio dell'attacco di almeno cinque giorni per permettere l'afflusso delle riserve del 4º Corpo meccanizzato delle guardie (in arrivo dalla Jugoslavia dopo la vittoriosa marcia su Belgrado) e il raggruppamento e il rafforzamento logistico delle sue forze, ma Stalin in persona, durante un duro scambio di vedute telefonico, impose di iniziare immediatamente l'offensiva su Budapest, sottolineando la necessità di conquistare la capitale ungherese al più presto anche per motivi di alta politica internazionale e per rafforzare la posizione diplomatica dell'Unione Sovietica nei confronti dei suoi alleati anglosassoni[21].

Il piano dello Stavka prevedeva un attacco frontale diretto su Budapest con una massa principale, concentrata nel Grande Alföld ungherese tra il Tibisco e il Danubio, costituita dalla 46ª Armata (generale Slemin) rinforzata con il 2º Corpo meccanizzato delle guardie (generale Sviridov); più a nord, nell'area di Szolnok, avrebbe attaccato la 7ª Armata delle guardie (generale Sumilov) cercando di attraversare il Tibisco ed aprire il passo per la forza mobile di sfruttamento della 6ª Armata corazzata delle guardie (generale Kravčenko). Budapest sarebbe stata attaccata da est e da sud-est con il concorso finale del 4º Corpo meccanizzato delle guardie (generale Ždanov). Sul fianco destro di Malinovskij, la 40ª (generale Žmačenko), la 27ª (generale Trofimenko) e la 53ª Armata (generale Managarov), rinforzate dalle divisioni rumene e dai resti del Gruppo di cavalleria meccanizzata del generale Pliev, reduce dalle sconfitte nell'area di Debrecen, avrebbero attaccato da Nyíregyháza verso Miskolc, per attirare le riserve tedesche e facilitare la manovra principale[22].

L'offensiva ebbe quindi inizio il 29 ottobre 1944, come tassativamente imposto da Stalin, ed inizialmente si sviluppò con successo per le forze sovietiche. La 46ª Armata travolse le deboli forze ungheresi della 3ª Armata schierate in difesa, e le unità meccanizzate avanzarono verso nord-ovest occupando il 1º novembre l'importante centro di Kecskemét dopo aver respinto i tentativi di resistenza del 4º Panzerkorps (24. Panzer-Division, 4. SS "Polizei" e 1ª Divisione corazzata ungherese), mentre la 7ª Armata delle guardie attraversò il Tibisco. Il 4 novembre 1944 i due corpi meccanizzati di punta delle forze sovietiche della 46ª Armata (2º e 4º Corpo meccanizzato delle guardie, quest'ultimo appena arrivato dopo la liberazione di Belgrado) raggiunsero i sobborghi est di Budapest, a soli venti chilometri dal centro della città; mentre sulla loro destra fecero ulteriori progressi anche le unità mobili della 6ª Armata corazzata delle guardie e i fucilieri della 7ª Armata delle guardie che occuparono Szolnok e Cegléd[23].

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Panzer IV tedesco nella città di Debrecen.

Ma il generale Friessner, comandante del Gruppo d'armate Sud, aveva già rinforzato la testa di ponte di Budapest con il 3º Panzerkorps del generale Hermann Breith (due divisioni di cavalleria delle Waffen-SS e la 24. Panzer-Division), mentre erano in afflusso altre quattro Panzer-Division raggruppate nel 57º Panzerkorps del generale Friedrich Kirchner per attaccare sul fianco, lungo l'autostrada Szolnok-Cegléd-Budapest, le formazioni meccanizzate sovietiche, rafforzate dal 23º Corpo fucilieri delle guardie montato su autocarri[24]. Per alcuni giorni, nella regione pianeggiante a nord dell'autostrada e sotto una pioggia battente, si succedettero violenti scontri di carri tra la 1., 23. e 13. Panzer-Division (ridotte in verità a poche decine di mezzi corazzati) e il 2º e 4º Corpo meccanizzato delle guardie sovietici, mentre le divisioni di cavalleria delle Waffen-SS (SS "Florian Geyer" e SS "Maria Theresa") contrastavano nella testa di ponte di Budapest (cosiddetta "posizione Karola") i fucilieri della 46ª Armata[3].

I combattimenti costarono pesanti perdite alle due parti ma finirono per bloccare l'avanzata sovietica verso Budapest costringendo lo Stavka ad intervenire sollecitando il maresciallo Malinovskij ad ampliare il suo fronte di attacco verso nord, impegnando le sue armate del fianco destro per supportare i corpi meccanizzati duramente impegnati dai panzer. Dall'11 novembre quindi la battaglia si estese ancora a nord con l'offensiva della 53ª, 27ª e 40ª armata e del Gruppo di cavalleria meccanizzato "Pliev"[25]. La resistenza tedesco-ungherese fu tenace e le forze sovietiche avanzarono solo lentamente e a prezzo di dure perdite; il Gruppo di cavalleria meccanizzata di Pliev (2º e 4º Corpo di cavalleria delle guardie e 7º Corpo meccanizzato) riuscì infine a conquistare l'importante centro di Miskolc, ma alla fine del mese di novembre le armate del maresciallo Malinovskij, intralciate anche dal maltempo, vennero fermate sia di fronte alla testa di ponte di Budapest sia anche a nord-est della capitale ungherese sulle colline dei monti Mátra, ad Hatvan ed Eger[26].

Anche a causa dell'eccessiva fretta di Stalin, l'Armata Rossa quindi non riuscì a conquistare rapidamente d'assalto Budapest e dovette riorganizzare completamente il suo dispositivo, coordinare l'attacco di Malinovskij con le manovre del 3º Fronte ucraino del maresciallo Tolbuchin e studiare una serie di complicate manovre aggiranti per isolare preventivamente la capitale ungherese difesa da un notevole raggruppamento di forze nemiche[27]. Inoltre Hitler, deciso a difendere a tutti i costi l'Ungheria, acconsentì, secondo le pressanti richieste del generale Friessner, ormai in difficoltà a causa delle perdite subite dalle sue valorose Panzer-Division, a rafforzare ancora il Gruppo d'armate Sud inviando altre tre divisioni corazzate (sguarnendo in questo modo pericolosamente gli altri settori del Fronte orientale) e tre nuovi battaglioni di carri pesanti[24].

Accerchiamento della città

Alla fine di novembre, mentre si esauriva la spinta delle forze del maresciallo Malinovskij a est e a nord-est di Budapest, il maresciallo Tolbuchin finalmente raggruppò le sue armate per sfruttare alcune teste di ponte sul Danubio a Apatin e Draž in direzione dei laghi Balaton e Velencze, minacciando in questo modo la capitale ungherese anche da sud[28]. Il 27 novembre le forze del 3º Fronte ucraino diedero il via all'attraversamento in massa del Danubio a Mohács; le unità della 4ª Armata delle guardie (generale Galanin), della 57ª Armata (generale Gagen), il 5º Corpo di cavalleria delle guardie (generale Gorškov) e il 18º Corpo corazzato avanzarono contemporaneamente verso Székesfehérvár e verso Nagykanizsa contro la debole resistenza delle formazioni tedesche del Gruppo d'armate F (feldmaresciallo Maximilian von Weichs), e già l'8 dicembre la 4ª Armata delle guardie raggiunse le linee tedesche tra i laghi Balaton e Velencze (cosiddetta "posizione Margarethe" in via di rafforzamento con l'afflusso della 3. e della 6. Panzer-Division), mentre sulla sinistra la 57ª Armata raggiunse e superò la Drava a Barcs[29].

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Soldati tedeschi durante la tenace battaglia difensiva sugli accessi per Budapest.

Fin dal 5 dicembre anche il maresciallo Malinovskij aveva ripreso i suoi tenaci sforzi per conquistare Budapest organizzando una nuova offensiva a tenaglia per aggirare la capitale ungherese contemporaneamente da nord-est (con la 7ª Armata delle guardie, la 6ª Armata corazzata delle guardie e il Gruppo di cavalleria meccanizzata di Pliev), da est (con la 53ª Armata) e da sud-ovest con la 46ª Armata che doveva puntare sull'isola Csepel sul Danubio[29]. Il terzo tentativo del maresciallo Malinovskij ebbe inizio con un massiccio sbarramento di artiglieria ed inizialmente ottenne notevoli successi, ma ancora una volta le difese tedesco-ungheresi, rafforzate da nuovi formazioni corazzate in arrivo, ostacolarono la manovra sovietica e impedirono momentaneamente l'accerchiamento della capitale.

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Soldati ungheresi in azione durante la battaglia a Budapest.

A nord-est, i fucilieri della 7ª Armata delle guardie (con il 4º Corpo meccanizzato delle guardie) e i carri armati del generale Kravčenko (5º Corpo corazzato delle guardie e 9º Corpo meccanizzato delle guardie) riuscirono dopo una settimana di logoranti scontri a raggiungere Vác sull'ansa del Danubio a nord di Budapest, mentre solo il 9 dicembre a sud della città la 46ª Armata (con il 2º Corpo meccanizzato delle guardie), riuscì a completare l'attraversamento del fiume e a conquistare Ercsi, collegandosi nell'area del lago Velencze con le forze del maresciallo Tolbuchin che erano già vicine a Szekesfehervar. Nei giorni seguenti i continui contrattacchi del 3º, del 57º Panzerkorps e delle divisioni Waffen-SS schierate nella testa di ponte di Budapest bloccarono l'ulteriore avanzata della 46ª Armata a sud-est della città e costrinsero quindi lo Stavka ad intervenire il 12 dicembre per riorganizzare nuovamente il dispositivo dell'Armata Rossa[30].

Il difficile compito di aggirare Budapest da sud-est, superando la "posizione Margarethe", che non era riuscito al maresciallo Malinovskij, venne ora assegnato all'intero 3º Fronte ucraino del maresciallo Tolbuchin, a cui venne trasferita la 46ª Armata, che avrebbe dovuto attaccare da Bicske sia verso ovest su Esztergom sia verso nord su Budapest, mentre il maresciallo Malinovskij, oltre ad accerchiare da nord-ovest la città con la 53ª Armata, la 7ª Armata delle guardie e la 6ª Armata corazzata delle guardie, avrebbe anche distaccato la 40ª, la 27ª Armata ed il Gruppo Pliev per marciare verso i monti Tatra, il fiume Nitra e quindi Bratislava[31].

In questa fase nel campo tedesco era intanto in corso un'aspra diatriba tra Hitler, il generale Heinz Guderian (capo di Stato maggiore dell'Esercito tedesco) e il generale Friessner sugli obiettivi della battaglia in Ungheria e soprattutto su possibili progetti di contrattacco con l'aiuto delle tre Panzer-Division fresche in arrivo; al contrario di Hitler e in parte anche dell'ottimista generale Guderian, desiderosi di montare una grande controffensiva a sud di Budapest tra i laghi Balaton e Velencze per sconfiggere le forze del maresciallo Tolbuchin, il generale Friessner, molto più realista e preoccupato dalle manovre sovietiche, pianificava un attacco a nord (anche per ragioni legale al clima e alla praticabilità del terreno acquitrinoso) contro la puntata di Malinovskij a settentrione della città[32].

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Obici sovietici 122 mm M1938.

La pericolosa avanzata in questo settore della 6ª Armata corazzata delle guardie, che il 14 dicembre raggiunse l'importante centro di Šahy dopo aver travolto la brigata Waffen-SS Dirlewanger, costrinse il generale Friessner ad impegnare subito la 8. Panzer-Division, che contrattaccò con un certo successo frenando le colonne sovietiche. Il generale ripropose quindi al Comando supremo di Hitler il suo piano di attacco a nord con tutte e tre le divisioni corazzate appena arrivate, ma infine il generale Guderian impose un mediocre compromesso ordinando di inviare la fanteria motorizzata della 3. e della 6. Panzer-Division a nord per sostenere la 8. Panzer-Division, lasciando però i reparti di carri armati a sud nella zona del Balaton in attesa della praticabilità del terreno paludoso[33].

Il 20 dicembre i marescialli Tolbuchin e Malinovskij sferrarono finalmente la loro offensiva finale per accerchiare la capitale ungherese in linea con le nuove direttive dello Stavka; a nord, nel settore del 2º Fronte ucraino la 6ª Armata corazzata delle guardie del generale Kravčenko (con la maggior parte dei suoi 220 carri armati raggruppati nel 5º Corpo corazzato delle guardie) riprese ad avanzare verso ovest, procedendo di oltre 30 km, e riuscì a raggiungere le rive del fiume Hron, mentre sulla sua sinistra anche la 7ª Armata delle guardie fece progressi nella valle dell'Ipeľ[34]. Ma i tedeschi non cedettero facilmente terreno: il 57º Panzerkorps del generale Kirchner passò invece al contrattacco sul fianco dei carri di Kravčenko puntando verso Šahy con la 8. Panzer-Division e con gli elementi in arrivo della 3. e 6. Panzer-Division[35]. Per tre giorni si accesero aspri scontri di carri, il 23 dicembre il generale Kravčenko, dopo aver bloccato l'attacco tedesco, girò a sud in direzione di Esztergom, minacciando sul fianco le divisioni corazzate tedesche e costringendole a sospendere i loro attacchi su Šahy. Il maresciallo Malinovskij rafforzò ancora queste forze assegnando alla 6ª Armata corazzata anche il 4º Corpo meccanizzato delle guardie per proteggere il suo fianco destro; infine il 26 dicembre i carri sovietici e la fanteria della 7ª Armata delle guardie, dopo aver respinto nuovi contrattacchi tedeschi, raggiunsero finalmente il Danubio a nord di Esztergom completando la manovra di aggiramento di Budapest da nord-ovest[36].

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Carro sovietico JS II in azione durante la campagna d'Ungheria del 1944-45

Dal 20 dicembre era in corso anche l'offensiva del maresciallo Tolbuchin a sud della città: il 3º Fronte ucraino impegnò le sue armate di fucilieri, sostenute dal 2º Corpo meccanizzato delle guardie e dal 7º Corpo meccanizzato[37]. Le operazioni furono intralciate dal terreno paludoso e dalla forte resistenza tedesca; a Székesfehérvár il 3º Panzerkorps del generale Breith (1. e 23. Panzer-Division) si difese con grande accanimento, mentre i reparti corazzati della 3. e della 6. Panzer-Division, privi del sostegno della fanteria motorizzata, non poterono trattenere, anche a causa del terreno melmoso, l'avanzata dei fucilieri sovietici che sfruttarono con abilità percorsi impraticabili per i mezzi corazzati[38]. Dopo tre giorni le forze di Tolbuchin sfondarono le linee tedesche, Szekesfehervar venne infine evacuata, mentre il 18º Corpo corazzato sovietico conquistò con un'abile manovra Bicske il 24 dicembre. Il 26 dicembre le truppe del maresciallo Tolbuchin raggiunsero e conquistarono anche Esztergom congiungendosi finalmente con le forze del maresciallo Malinovskij a nord e chiudendo definitivamente il cerchio intorno a Budapest e alle forze tedesco-ungheresi rimaste bloccate nella testa di ponte della capitale[36].

Fin dal 22 dicembre il generale Friessner aveva proposto al Führer, di fronte ai minacciosi sviluppi dell'offensiva sovietica, di contrattaccare le forze di Tolbuchin a sud impiegando le numerose truppe della guarnigione di Budapest ed evacuando contemporaneamente questa città, ma Hitler si rifiutò tassativamente di autorizzare l'evacuazione delle forze che rischiavano di rimanere intrappolate a Budapest[39]; avendo già dichiarato la città, fin dal 1º dicembre, una fortezza (Festung Budapest) da difendere a qualsiasi costo, ed avendone affidato la difesa al generale delle Waffen SS Karl Pfeffer-Wildenbruch (comandante del 9º Corpo d'armata alpino delle Waffen SS - 9º Gebirgkorps) con due divisioni di cavalleria SS e cospicui reparti della Wehrmacht e dell'Esercito ungherese, pretendeva al contrario che le forze tedesco-ungheresi organizzassero una difesa ad oltranza trasformando gli edifici, le strade, i parchi ed anche i monumenti storici in capisaldi inespugnabili, in attesa dell'arrivo dei soccorsi dall'esterno[40].

Già il 23 dicembre quindi Hitler destituì sia il generale Friessner (comandante del Gruppo d'armate Sud) che il generale Fretter-Pico (comandante della 6ª Armata) sostituendoli rispettivamente con i generali Otto Wöhler e Hermann Balck; il 25 dicembre il Führer decise di trasferire, nonostante i dubbi di Guderian, dal fronte della Vistola all'area di Budapest l'intero Panzerkorps-SS dell'abile generale Herbert Gille (costituito dalle Panzer-Division Waffen-SS "Totenkopf" e "Wiking" equipaggiate con oltre 260 carri armati) per sferrare una grande controffensiva[39]. Anche per ragioni propagandistiche, Hitler riteneva indispensabile resistere a Budapest nel momento in cui all'ovest le sue divisioni corazzate erano all'offensiva nelle Ardenne[41].

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L'assedio

Riepilogo
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Scontri urbani

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Volontari ungheresi delle Croci frecciate a Budapest.

Il 27 dicembre 1944 le unità del 2º Fronte ucraino avevano ormai cinto completamente d'assedio la città, impedendo ai tedesco-ungheresi qualsiasi via di fuga; nei progetti dello Stavka il compito di attaccare e conquistare d'assalto in breve tempo la capitale ungherese spettava al fronte di Malinovskij, mentre le forze del maresciallo Tolbuchin avrebbero organizzato un solido anello esterno di accerchiamento dal Danubio a est di Komárno al lago Balaton per bloccare eventuali tentativi tedeschi di soccorso. Ottimisticamente il maresciallo Malinovskij assegnò il compito di conquistare la città ad un cosiddetto "Gruppo Budapest" (Budapestskaja gruppa) costituito dal 30º corpo di fucilieri della 7ª Armata delle guardie, dal 7º Corpo rumeno e dal 18º Corpo fucilieri indipendente delle guardie, forze però del tutto insufficienti a sgominare rapidamente la numerosa e combattiva guarnigione asserragliata nella capitale. Dal 26 al 31 dicembre quindi ebbero inizio i primi attacchi del Budapestskaja gruppa che però vennero duramente contrastati e respinti dal nemico, i sovietici erano ancora ad oltre 10–15 km dal centro nell'area pianeggiante di Pest, mentre l'area collinare e impervia di Buda, in teoria assegnata a tre corpi della 46ª Armata (23º, 10º e 37º delle guardie), era di ancor più difficile conquista[42].

Il 29 dicembre), il maresciallo Malinovskij mandò due emissari (capitano Miklos Steinmetz e capitano Ostapenko) presso il comando delle truppe tedesche assediate allo scopo di trattare i termini di capitolazione della città. Il tentativo si concluse con un fallimento: la proposta di resa venne bruscamente respinta e Steinmetz e Ostapenko rimasero uccisi in scontri a fuoco con il nemico[43]. La guarnigione accerchiata manteneva un morale elevato ed era decisa ad organizzare una difesa ad oltranza della capitale. Nella morsa sovietica erano rimasti bloccati circa 50 000 soldati tedeschi e 100 000 soldati ungheresi e volontari delle Croci frecciate, insieme a circa 800 000 civili, mentre il nuovo capo del governo ungherese Ferenc Szálasi era riuscito ad abbandonare Budapest in tempo per non finire intrappolato, riuscendo così a mettersi in salvo in territorio ancora in mano al Terzo Reich.

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Soldati tedeschi Waffen-SS a Budapest

Le forze accerchiate, comandate dal poco esperto generale delle SS Pfeffer-Wildenbruch che, disponendo anche di uno stato maggiore non adeguato, non diede prova di grandi capacità[44], erano costituite da due divisioni di cavalleria delle Waffen-SS (8. "Florian Geyer" e 22. "Maria Theresa"), dalla 13. Panzer-Division, dalla Panzer-Division "Feldhernhalle", dalla 271ª Divisione fanteria, dai resti di un battaglione corazzato pesante di carri Panzer VI Tiger II, e dal 1º Corpo d'armata ungherese (10ª, 12ª e 20ª Divisione fanteria, resti della 1ª Divisione corazzata). Questo complesso di forze, equipaggiato con un centinaio di mezzi corazzati, era rafforzato da formazioni di polizia tedesca guidate dal generale delle SS Helmuth Dörner e da circa 70 battaglioni di Croci frecciate e gendarmeria ungherese. Si trattava di un complesso eterogeneo ma molto combattivo, specialmente i reparti Waffen-SS, guidati da ufficiali capaci come i generali Joachim Rumohr, August Zehender e Helmuth Dörner, e deciso a battersi strenuamente fidando anche in un aiuto dall'esterno[45]. Tra le truppe ungheresi nel corso della battaglia si verificarono fenomeni di cedimento e sbandamento nei reparti regolari, mentre i reparti fanatici delle Croci frecciate e della gioventù nazista combatterono accanitamente fino alla fine[46].

Le difese tedesco-ungheresi sfruttavano inoltre i vantaggi naturali offerti dal quartiere di Buda, dominato dalle aspre colline Gellérthegy dominanti sul corso del Danubio, dalla collina del Castello e dalla collina di Buda, tutte fortificate con casematte, e scavate da tunnel, rifugi e postazioni sotterranee. A est del Danubio, anche il quartiere di Pest completamente pianeggiante si prestava alla difesa utilizzando i complessi in cemento dei grandi quartieri industriali di Újpest, Pestújhely, Kőbánya, Kispest e Erzsébetváros e i monumentali edifici pubblici, resistenti al fuoco nemico e facilmente difendibili[47]. Le forze accerchiate fecero grandi sforzi per rafforzare le loro postazioni: gli edifici pubblici e i complessi abitativi vennero trasformati in fortezze con guarnigioni e scorte di armi, le stazioni ferroviarie e le strutture industriali vennero presidiati e fortificati, venne sviluppata una vasta rete di caverne e passaggi sotterranei per favorire gli spostamenti, mentre in superficie vennero raggruppati i pochi mezzi corazzati disponibili (presto a corto di carburante) per affrontare i reparti d'assalto nemici[48].

Battaglia a Pest

La capitale ungherese era costantemente bombardata dall'artiglieria sovietica e colpita anche dagli attacchi aerei; i cannoni dell'Armata Rossa colpivano duramente dalla riva occidentale i quartieri di Buda, mentre, dopo la conquista della collina Matyas, poterono martellare anche i settori di Pest. il 1º gennaio 1945 le truppe d'avanguardia del maresciallo Malinovskij arrivarono ai quartieri periferici di Újpest, Pestújhely, Rakospalota e Kőbánya ed il comandante sovietico si preparava a sferrare l'assalto principale sulla riva orientale del Danubio. Il compito spettava al raggruppamento costituito dal 30º Corpo di fucilieri, al 18º Corpo di fucilieri delle guardie e dal 7º Corpo d'armata rumeno, che iniziarono i duri e aspri scontri, mentre nel settore di Buda i reparti della 46ª Armata, esausti dai combattimenti sulle via di accesso alla città, non poterono prendere parte agli attacchi come inizialmente pianificato[49].

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Soldato sovietico durante i combattimenti a Budapest.
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Il generale Karl Pfeffer-Wildenbruch, comandante delle truppe tedesche a Budapest.

Alla fine della prima settimana di gennaio il maresciallo Malinovskij sferrò il primo attacco massiccio per conquistare i quartieri periferici orientali e avanzare verso il Danubio; supportati da potenti concentramenti di artiglieria, i cosiddetti Sturmovje gruppij, i gruppi d'assalto della fanteria sovietica, iniziarono gli attacchi e nei primi giorni riuscirono a penetrare profondamente nei sobborghi orientali, anche se gli scontri aspri e prolungati allarmarono subito l'alto comando sovietico che il 10 gennaio criticò il maresciallo per la mancanza di un controllo centralizzato delle forze d'assalto assegnate. In questi quartieri periferici il comando tedesco, temendo incursioni dei carri sovietici che avrebbero potuto isolare i gruppi da combattimento della guarnigione assediata, cercò di evitare scontri ravvicinati ma nell'area urbana cittadina le truppe tedesco-ungheresi si organizzarono per una difesa ad oltranza[50].

L'11 gennaio, eseguendo le direttive dello Stavka, il maresciallo Malinovskij costituì il Budapeskaja gruppa voisk in cui furono raggruppate tutte le forze impegnate a Pest sotto il comando del maggior generale Ivan Michailovič Afonin, comandante del 18º Corpo di fucilieri delle guardie; dal 12 gennaio questo raggruppamento diede inizio all'attacco in forze da due direzioni per frazionare le difese a Pest e raggiungere le rive del Danubio. I comandi sovietici erano consapevoli che il livello degli scontri si sarebbe fatto sempre più intenso mentre la pressione dei gruppi d'assalto sovietici aumentava da nord e da est[50]. Nei sobborghi settentrionali cadde O-Buda, mentre erano ancora in corso scontri violentissimi sull'isola Csepel tra le forze sovietiche e reparti di SS ungheresi. Le truppe sovietiche sbarcarono nella punta nord-est dell'isola, mentre attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria colpirono i difensori che avevano fortificato le loro posizioni; i sovietici riuscirono a ad avanzare lentamente verso ovest respingendo progressivamente le SS che si battevano duramente, tentativi di prestare soccorso con imbarcazioni fallirono e la resistenza venne infine sopraffatta permettendo ai sovietici di occupare l'isola Csepel e le importanti strutture industriali che ancora producevano materiali e munizioni per le truppe assediate[51]. Le forze tedesco-ungheresi persero un'importante fonte di approvvigionamento, che aveva fino a quel momento continuato a rifornirle di Panzerfaust e di granate.

Nel frattempo gli scontri nel centro di Pest diventavano sempre più violenti; per ottenere la massima potenza d'urto i comandi sovietici concentrarono al massimo le loro forze, assegnando settori di 400-800 metri alle divisioni di fucilieri e di 150-300 metri ai reggimenti; per proteggere i fianchi dei Sturmovje gruppij vennero mantenuti disponibili reparti speciali di riserva costituiti da una compagnia di fanteria con armi automatiche, una compagnia di genieri ed una da ricognizione per sorvegliare i tetti e le cantine degli edifici e coprire le retrovie delle forze attaccanti. Inoltre, oltre all'artiglieria divisionale e di corpo d'armata impiegata per colpire a distanza i centri di resistenza nemici, numerosi cannoni furono assegnati ai fucilieri per il tiro diretto contro i capisaldi tedeschi nei piani bassi degli edifici, a volte entrarono in azione a sostegno dei gruppi d'assalto anche i cannoni pesanti da 132mm, 152mm e 203mm. Queste tecniche di impiego dell'artiglieria si rivelarono efficaci nella città moderna di Pest mentre grandi problemi insorsero nelle strade strette dei quartieri antichi di Buda[52].

Nella seconda settimana di gennaio, con un clima in continuo peggioramento con nebbia, nevischio e pioggia, i gruppi d'assalto sovietici continuarono ad avanzare lentamente nei quartieri di Pest; impossibilitati a progredire lungo le strade e i viali principali, bersagliati dai cannoni e dalle mitragliatrici tedesche, i soldati sovietici si aprirono la strada per raggiungere i loro obiettivi attraverso gli angoli meno esposti e soprattutto attraverso le aperture create nei muri degli edifici demoliti e frantumati a colpi di cannone; anche i genieri intervennero per liberare il percorso e impiegarono anche rudimentali "lanciatori" di proiettili ottenuti da materiale tedesco catturato. Gli scontri furono molto duri e costosi per entrambe le parti; gli edifici furono ridotti in rovina e le macerie si accumularono nelle strade. Nella fabbrica di ceramiche i soldati tedeschi organizzarono un'ostinata difesa circolare; l'edificio venne preso d'assalto dai fucilieri sovietici che fecero irruzione all'interno mentre i nemici che cercavano di sfuggire attraverso le finestre della costruzione furono abbattuti dal fuoco dei reparti rimasti all'esterno. Alla fine anche l'altro caposaldo tedesco alla fabbrica tessile venne sopraffatto dai gruppi d'assalto[53].

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Truppe sovietiche a Budapest.

Lungo le vie principali, in parchi e giardini aperti, piccoli gruppi di panzer e cannoni d'assalto tedeschi organizzarono un'ostinata difesa e contrastarono l'avanzata delle truppe sovietiche, ma le difficoltà di rifornimento tedesche erano insormontabili. A causa della perdita dell'aeroporto di Budapest, la Luftwaffe operava in modo precario atterrando con alianti nei viali più grandi e con aerei da trasporto nel parco del castello di Buda e soprattutto nel campo erboso dell'ippodromo cittadino; prima che il Danubio gelasse i tedeschi cercarono anche di far affluire rifornimenti utilizzando chiatte nascoste nella nebbia. Ben presto le munizioni e il carburante per i mezzi motorizzati divennero molto scarsi e anche l'artiglieria tedesca si trovò a corto di proiettili; i panzer si batterono fino all'ultimo e, esaurito il carburante, organizzarono pericolosi centri di fuoco fissi. La battaglia per l'ippodromo divenne violentissima; il comando tedesco raggruppò forti schieramenti di artiglieria per respingere l'attacco sovietico, ma la situazione dei difensori divenne più difficile; il 12 gennaio i fucilieri sovietici entrarono nell'ippodromo, superarono i resti distrutti dei carri e dei mezzi cingolati nemici e conquistarono la pista dei cavalli e gli spazi d'erba, bloccando la via di collegamento aerea tedesca per i rifornimenti della guarnigione di Pest[53].

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Il generale Ivan Managarov, comandante delle truppe sovietiche a Budapest, dopo il ferimento del generale Afonin.

Il 13 gennaio i gruppi d'assalto sovietici rastrellarono e conquistarono anche i parchi Varosliget e Nepliget e avanzarono verso la zona degli ospedali; nel frattempo aspri scontri erano in corso alla stazione ferroviaria Ferencz. I soldati sovietici attaccarono da due direzioni, dai parchi e dagli impianti ferroviari, ma i tedeschi organizzarono una difesa disperata organizzando postazioni di mitragliatrici nei vagoni ferroviari e impegnando piccoli gruppi di carri armati e cannoni d'assalto per tirare, contro i sovietici in avvicinamento, attraverso le linee ferroviarie. I combattimenti terminarono con la conquista della stazione da parte dell'Armata Rossa, e i sovietici si avvicinarono al ponte ferroviario sul Danubio, ma la battaglia era ancora in corso al Palazzo del Parlamento, al teatro dell'opera e all'università, dove i tedesco-ungheresi resistevano accanitamente[54]. Il kampfgruppe del colonnello SS Dörner difese il palazzo comunale, mentre nel Parlamento il tenente colonnello SS Gottstein resisteva ad oltranza, respingendo i ripetuti attacchi[55]. Altri reparti SS della "Florian Geyer", al comando del tenente colonnello Krauss, combattevano strenuamente difendendo la caserma Maria Theresa, e cercavano anche di contrattaccare localmente per rallentare l'avanzata sovietica[55].

Scontri violentissimi si svilupparono anche nelle fogne, utilizzate sia dai tedeschi che dai sovietici per spostare le loro truppe tra le vie cittadine. Il 15 e il 16 gennaio le truppe sovietiche fecero ulteriori prograssi; vennero occupati il gasometro, il teatro cittadino e la clinica ospedaliera centrale; caddero anche le caserme d'artiglieria, e gli edifici dei grandi magazzini e dell'istituto d'arte[56]. Il 17 gennaio la situazione dei difensori tedesco-ungheresi, le cui forze erano ormai frazionate in tre parti, divenne critica; i soldati ungheresi diedero segni di dissoluzione e molti si arresero, mentre i tedeschi continuarono a battersi validamente cercando di ripiegare verso il Danubio. Arrivati sulla sponda del fiume, i soldati tedeschi si trovarono la strada sbarrata da altri reparti sovietici che, attraverso le fogne e i sotterranei, avevano già raggiunto la riva e battevano con il fuoco delle mitragliatrici i punti di attraversamento. La situazione a Pest era catastrofica: le macerie coprivano le strade, violenti incendi di sviluppavano nei maggiori edifici, dal 16 gennaio era stato interrotto il sistema del razionamento per la popolazione civile e anche i soldati tedeschi erano ridotti a 75 grammi di pane al giorno[57]. Il 17 gennaio si conclusero anche i combattimenti al Rauthas e i sovietici conquistarono gli enormi edifici del palazzo comunale del Parlamento[58]. Il Budapeskaja gruppa voisk dopo il 18 gennaio poté completare quindi la conquista di Pest; secondo il comando sovietico le perdite tedesco-ungherese in questa prima fase della battaglia furono 35 000 morti e feriti e 62 000 prigionieri, mentre vennero catturati o distrutti circa 300 mezzi corazzati e 200 autoveicoli del nemico.

Le controffensive tedesche

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Konrad.
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Il generale Herbert Otto Gille, comandante del 4. Panzerkorps-SS.

Ancor prima dell'inizio dei combattimenti urbani dentro Budapest, il 1º gennaio 1945 la 6ª Armata del generale Hermann Balck aveva dato inizio alla prima controffensiva tedesca per raggiungere, secondo le precise direttive di Hitler, la capitale ungherese e sbloccare le forze tedesco-ungheresi accerchiate. L'attacco, condotto principalmente dalle due divisioni corazzate SS del 4. Panzerkorps-SS del generale Herbert Gille, venne sferrato, in fretta e mentre le truppe SS erano ancora in trasferimento dal fronte della Vistola, da Komárom in direzione sud-est verso Budapest, con un tempo proibitivo e su un terreno disagevole e reso ulteriormente difficoltoso dalla neve abbondante. Le due divisioni corazzate Waffen-SS, 3. SS-Panzerdivision "Totenkopf" (SS-Brigadeführer Hellmuth Becker) e 5. SS-Panzer-Division "Wiking" (SS-Oberführer Karl Ullrich), appoggiate sul fianco destro da reparti della 3. Panzer-Division, fecero inizialmente alcuni progressi, sorprendendo e mettendo in difficoltà le forze sovietiche della 4ª Armata delle guardie che non prevedevano un attacco tedesco in tempi così brevi; l'avanzata delle forze meccanizzate nei primi giorni proseguì anche se lentamente a causa del pessimo clima invernale e del rafforzamento delle difese sovietiche[43].

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Carri armati Panzer IV della Divisione SS "Totenkopf" il 5 gennaio 1945 durante l'operazione Konrad.

L'offensiva del 4. Panzerkorps-SS, aveva allarmato subito il maresciallo Tolbuchin, responsabile della difesa esterna del settore di Budapest, e lo Stavka che fece intervenire prima il 18º Corpo corazzato e quindi il 2º Corpo meccanizzato delle guardie, per bloccare l'avanzata dei panzer delle SS, mentre il 4 gennaio diede ordine al maresciallo Malinovskij di organizzare una controffensiva a nord del Danubio, per minacciare, puntando su Komárom, le retrovie delle forze tedesche attaccanti. Per alcuni giorni le due Panzer-Division delle Waffen-SS proseguirono la loro faticosa offensiva respingendo il 18º Corpo corazzato sovietico, occuparono Tata e si avvicinarono all'importante centro di Bicske, a soli 25 km da Budapest, nonostante il maltempo e le forti perdite subite contro gli sbarramenti anticarro sovietici[59].

Nel frattempo non aveva ottenuto risultati decisivi la manovra della 6ª Armata corazzata delle guardie iniziata il 6 gennaio: l'attacco contro le retrovie del 4. Panzerkorps-SS venne fortemente contrastato dalle divisioni corazzate del 57º Panzerkorps del generale Kirchner. Dopo aver conquistato una testa di ponte sul fiume Hron, i carri armati del generale Kravčenko cercarono di proseguire a sud-ovest verso Komárom, ma il 9º Corpo meccanizzato delle guardie venne contrattaccato dalla 20. Panzer-Division, mentre sul fianco sinistro il 5º Corpo corazzato delle guardie si scontrò duramente con la 8. Panzer-Division[60]. Nonostante il rinforzo del 4º Corpo meccanizzato delle guardie, la 6ª Armata corazzata sovietica venne alla fine fermata dalle forze del 57º Panzerkorps e perse una parte del territorio conquistato[61]. Sul fronte di Bicske invece l'operazione Konrad era ormai fallita; i tedeschi avevano esaurito fin dal 7 gennaio la loro capacità offensiva e, dopo un ultimo attacco l'8 gennaio del 4º Panzerkorps-SS respinto dalle difese sovietiche; le Waffen-SS dovettero arrestare la controffensiva; le divisioni del generale Gille avevano messo in difficoltà lo schieramento sovietico, ma avevano subito dure perdite (3 000 morti e feriti e 39 mezzi corazzati) senza riuscire a raggiungere la capitale ungherese[62].

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Mezzi corazzati e soldati sovietici in combattimento in Ungheria.

Mentre erano ancora in corso i combattimenti a nord-ovest di Budapest, a partire dal 7 gennaio era passato all'attacco più a sud, dalla regione di Mór, anche il 3. Panzerkorps del generale Hermann Breith che, ipotizzando un indebolimento delle difese sovietiche nel settore, intendeva avanzare su Budapest da sud-ovest. Le tre divisioni corazzate del 3º Panzerkorps (1., 3. e 23. Panzer-Division) marciarono quindi verso Zámoly, cercando di collegarsi con il raggruppamento del generale Gille, ma la resistenza sovietica fu molto dura e tra il 7 all'11 gennaio 1945 il 20º Corpo d'armata sovietico, rafforzato dall'intervento anche del 7º Corpo meccanizzato, respinse gli attacchi e riuscì infine a bloccare con pesanti perdite l'avanzata tedesca in questo settore[63]. Il generale Breith dovette sospendere l'operazione e passare nuovamente sulla difensiva, riperdendo anche una parte del terreno conquistato. Il 10 gennaio, mentre si esauriva il tentativo da Mór del 3. Panzerkorps, il 4. Panzerkorps-SS aveva iniziato, dopo un rapido trasferimento verso settentrione, un nuovo attacco a nord di Bicske per tentare di aggirare questo caposaldo sovietico e marciare su Budapest da nord, attraverso i Monti Pilis. Dopo qualche successo iniziale e l'avvicinamento delle forze tedesche all'aeroporto di Budapest, anche questa operazione "Konrad II" dovette essere abbandonata di fronte alle difficoltà del terreno quasi impraticabile ed al rafforzamento delle difese nemiche.

Fin dal 9 gennaio Hitler e i suoi generali avevano progettato, dopo i fallimenti dei primi due tentativi, di modificare completamente i piani per la controffensiva in difezione di Budapest[64]; il 4. Panzerkorps-SS avrebbe dovuto abbandonare il settore nord-occidentale e dopo un trasferimento segreto e rapido, concentrarsi a sud-ovest per attaccare a sud della capitale in direzione del Danubio. Il 12 gennaio il generale Gille iniziò la manovra di sganciamento e il rapido spostamento per ferrovia della "Totenkopf" e della "Wiking" nel settore meridionale per sferrare un nuovo attacco a sorpresa. Il trasferimento venne completato con pieno successo e il 18 gennaio le due divisioni SS erano in posizione per per attaccare da Székesfehérvár verso est in direzione del Danubio allo scopo di frantumare in due parti il 3º Fronte ucraino del maresciallo Tolbuchin, prima di risalire a nord verso Budapest[65]. Il comando della 4ª Armata delle guardie sovietica individuò subito il movimento di sganciamento dalle prime linee del 4. Panzerkorps-SS, ma lo interpretò ottimisticamente come una manovra di ritirata e come la fine dei tentativi tedeschi di soccorrere Budapest[63].

Per l'operazione Konrad III il comando tedesco rafforzò il 4. panzerkorps-SS con la 1. e la 3. Panzer-Division, mentre più a nord vennero schierati il 3º Panzerkorps con la 23. Panzer-Division e un battaglione di carri pesanti Panzer VI Tiger I, ed il 1º Corpo di cavalleria con la 6. Panzer-Division e due divisioni di fanteria. L'attacco del 4. Panzerkorps-SS del generale Gille riuscì questa volta a cogliere di sorpresa le difese sovietiche e raggiunse notevoli successi iniziali: il 135º Corpo di fucilieri sovietico della 4ª Armata delle guardie dovette cedere posizioni e i carri armati tedeschi avanzarono il primo giorno per 30 km, in direzione di Dunapentele[63]. Nonostante l'intervento successivo, su ordine del maresciallo Tolbuchin, in aiuto della 4ª Armata delle guardie prima del 7º Corpo meccanizzato e poi del 133º Corpo di fucilieri e del 18º Corpo corazzato, le Panzer-Division SS respinsero i contrattacchi, attraversarono d'assalto il canale Sarviz e raggiunsero nella serata del 19 gennaio 1945 Dunapentele[66]. I questo modo i tedeschi avevano raggiunto il Danubio e il 3º Fronte ucraino del maresciallo Tolbuchin si trovava diviso in due parti, con le forze a sud dello sfondamento tedesco (57ª Armata sovietica, 1ª Armata bulgara e 12º Corpo jugoslavo), isolate dal grosso del fronte a nord. Anche a Székesfehérvár la situazione per i sovietici, attaccati dalla 1. Panzer-Division, era difficile. Nella serata del 20 gennaio il maresciallo Tolbuchin, dopo aver consultato anche Stalin, prese la coraggiosa decisione di rimanere sulle posizioni senza ripiegare a est del Danubio, ed organizzare uno schieramento a sud per impedire una risalita delle divisioni nemiche verso Budapest[66].

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Cannoni d'assalto e granatieri tedeschi in azione nelle proibitive condizioni invernali del fronte orientale.

Il 4. Panzerkorps-SS, dopo aver raggiunto il Danubio, effettuò infatti il cambio di direzione verso nord ed il 22 gennaio passò all'attacco tra il Lago di Velence ed il fiume, marciando in direzione di Budapest diviso in due raggruppamenti. La situazione della 4ª Armata delle guardie era molto difficile: le unità schierate dal maresciallo Tolbuchin per bloccare il nemico, dovettero ripiegare e i panzer giunsero la notte del 24 gennaio a soli 25 km dalla periferia meridionale di Budapest, nella regione di Ercsi e Martonvásár[66]. In questa fase si presentò la possibilità, almeno per una parte della guarnigione tedesco-ungherese, di sfuggire all'accerchiamento con una sortita in direzione delle colonne di soccorso dopo aver abbandonato Budapest, ma Hitler, ritenendo essenziale mantenere il possesso della capitale ungherese, proibì la ritirata[67]. Dopo i successi iniziali tedeschi, la situazione operativa in pochi giorni cambiò in favore dei sovietici; dal 24 gennaio la resistenza sovietica si rafforzò considerevolmente, ulteriori attacchi tedeschi vennero respinti, e le colonne corazzate, logorate dalle perdite e dalla estenuante avanzata in pieno inverno, non riuscirono a proseguire oltre[68]. Decisivo fu inoltre l'intervento, a sostegno del 1º Corpo meccanizzato delle guardie, del 30º Corpo di fucilieri e soprattutto del 23º Corpo corazzato, fatto scendere appositamente a sud del Danubio per iniziativa autonoma del maresciallo Malinovskij per rinforzare il 3º Fronte ucraino del maresciallo Tolbuchin[69]. Il corpo corazzato sovietico consolidò lo sbarramento sovietico e prese parte al contrattacco che dal 26 gennaio, costrinse le Waffen-SS a passare sulla difensiva; il 27 gennaio, l'attacco sovietico si sviluppò con successo tra Dunapentele e il canale Sarviz.

Anche quest'ultimo tentativo tedesco di accorrere in soccorso dei difensori di Budapest si concluse quindi con un fallimento e negli ultimi giorni del mese anche i generali Wöhler, Balck e Guderian abbandonarono tutte le speranze, mentre lo stesso Hitler diede ordine di sospendere la controffensiva pur continuando ad imporre la resistenza ad oltranza delle residue forze assediate ed a ipotizzare nuove offensive[70]. Sul campo intanto le quattro Panzer-Divisionen del 4º Panzerkorps-SS, molto indebolite, vennero lentamente respinte dalle crescenti forze sovietiche e costrette ad abbandonare gran parte delle posizioni conquistate[71].

La battaglia per Buda

Nella terza settimana di gennaio divenne evidente che l'operazione Konrad era fallita e che la guarnigione tedesco-ungherese accerchiata a Buda non avrebbe ricevuto alcun soccorso dall'esterno; i difensori tuttavia erano ancora decisi a resistere e difendere accanitamente gli edifici della città vecchia sulla riva occidentale del Danubio. I sovietici dopo il rastrellamento di Pest, avevano successivamente occupato anche l'isola Margit, situata in mezzo al Danubio a nord-ovest di Buda; dopo questa operazione preliminare l'alto comando sovietico e il maresciallo Malinovskij decisero di effettuare un grande attacco finale per concludere l'interminabile assedio della capitale ungherese. Nonostante il fallimento dei contrattacchi tedeschi, la situazione delle truppe sovietiche impegnate a Budapest non era facile; le perdite erano continue e il 22 gennaio 1945 venne seriamente ferito anche il generale Afonin, comandante superiore delle truppe d'assalto nella città che venne sostituito dal generale Ivan Managarov, comandante della 53ª Armata. Durante la battaglia inoltre divennero evidenti notevoli carenze organizzative e tattiche da parte dei comandi sovietici: l'eccessiva dispersione delle truppe, l'insufficiente coordinamento tra i reparti, la scarsa cooperazione tra artiglieria e fanteria, la mancanza di adeguata pianificazione delle operazioni ed anche l'infelice dislocazione dei comandi tattici nelle case ancora occupate dagli abitanti civili[72].

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Soldati sovietici in combattimento nella città di Budapest.

Inoltre a causa della situazione critica venutasi a creare per le controffensive tedesche, il maresciallo Malinovskij, a cui erano stati promessi inizialmente due nuovi corpi d'armata di fucilieri, distaccati dal fronte del maresciallo Tolbuchin, non ricevette alcun rinforzo per il "gruppo operativo Budapest" che avrebbe dovuto assaltare ora l'area di Buda, piena di strade strette e sotterranei. Nonostante le difficoltà, il maresciallo Malinovskij cercò di migliorare l'organizzazione e le tattiche delle sue truppe il 3 febbraio diramò nuovi ordini ordini operativi per affrettare la fine della battaglia con un nuovo assalto decisivo con l'obiettivo di superare la resistenza della guarnigione tedesca entro il 7 febbraio. L'attacco sovietico delle truppe guidate dal generale Managarov ebbe inizio il 5 febbraio 1945 e venne supportato da un potente e costante fuoco dell'artiglieria su tutti i capisaldi tedeschi[73].

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truppe sovietiche in azione nella città.

I combattimenti più duri continuarono per quattro giorni soprattutto sulla collina Sas-hegy, nella stazione ferroviaria meridionale e nell'area del cimitero Németvölgy; la collina Sas-hegy venne alla fine conquistata dai sovietici dopo combattimenti violentissimi ma i tedeschi continuarono a resistere accanitamente sulle alture Gellért-hegy e sulla collina del Castello di Buda, dove il terreno scosceso e le strade strette resero quasi impossibile l'intervento dell'artiglieria pesante sovietica[4]. In altre aree di resistenza invece i sovietici impiegarono in massa l'artiglieria per schiacciare i nidi di resistenza, impiegando i cannoni pesanti a distanza ravvicinata per distruggere barricate e ostacoli del nemico. Le truppe tedesche si batterono strenuamente per ogni strada e ogni edificio, cercando anche di contrattaccare per riguadagnare le posizioni perdute, ma la loro situazione diveniva sempre più difficile; la stazione ferroviaria meridionale cadde in mano sovietica il 7 febbraio e le unità SS della "Florian Geyer" che vi erano asserragliate vennero in gran parte distrutte[74]. Entro l'11 febbraio le truppe sovietiche poterono finalmente rivendicare la conquista delle alture Gellért-hegy e della collina del Castello di Buda; oltre un centinaio di grandi edifici furono occupati e vennero catturati 25.000 prigionieri; la resistenza delle residue forze tedesco-ungheresi si stava ormai esaurendo: una parte dei soldati ungheresi iniziò a cedere le armi rinunciando a continuare una lotta che appariva senza speranza, mentre i sovietici moltiplicarono i loro attacchi e i bombardamenti per aprire la strada nelle ultime alture di Buda e per rastrellare anche le caverne sotterranee dove avevano trovato riparo una parte dei difensori[4].

Di fronte all'irreversibile peggioramento della situazione e dopo i ripetuti fallimenti dei tentativi di soccorso delle unità meccanizzate tedesche, il generale Pfeffer-Wildenbruch aveva deciso fin dal 9 febbraio, nonostante gli ordini tassativi di Hitler, di organizzare uan sortita finale con le sue forze residue per abbandonare le ultime posizioni a Budapest e fuggire verso ovest, cercando di rientrare in collegamento con il fronte tedesco. L'11 febbraio il generale comunicò via radio al comando del Gruppo d'armate Sud la sua decisione di "tentare di rompere l'assedio durante la notte"; l'alternativa sarebbe stata "capitolare o farci massacrare senza speranza"[75].

Dalla fuga alla resa

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Soldati sovietici impegnati nei rastrellamenti finali al termine della battaglia di Budapest.

Nel pomeriggio dell'11 febbraio 1945, dopo un ultimo consiglio di guerra, le residue truppe tedesche iniziarono quindi ad abbandonare le posizioni difensive a Buda, dopo aver abbandonato tutto l'equipaggiamento pesante; furono organizzate tre colonne d'assalto per cercare di sfondare l'anello di accerchiamento e uscire in salvo dalla città. I resti della 13. Panzer-Division e della SS "Florian Geyer" avrebbero costituito la prima colonna e guidato il tentativo di sfondamento, seguiti da un secondo gruppo con i reparti superstiti della Panzergrenadier "Feldherrnhalle" e della SS "Maria Theresa", insieme alle ultime truppe ungheresi; il terzo gruppo avrebbe compreso soprattutto i feriti leggeri e i reparti non combattenti. Nel complesso il generale Pfeffer-Wildenbruch disponeva ancora per questa disperata sortita di circa 20.000 soldati tedeschi e 23.000 soldati ungheresi a cui si unirono alcune migliaia di civili ungheresi desiderosi di lasciare la capitale ormai in rovina[76].

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Il maresciallo Rodion Malinovskij, a destra nella foto, arriva a Budapest conquistata dall'Armata Rossa.

Il tentativo di sortita si concluse in pochi giorni con un rovinoso fallimento; le truppe tedesco-ungheresi riuscirono inizialmente ad aprire un varco nelle linee della 180ª Divisione fucilieri sovietica e marciarono a nord di Buda, attraverso il quartiere Lipótmező prima di deviare verso ovest, ma vennero rapidamente colpiti dall'artiglieria e dall'aviazione sovietiche che bersagliarono le colonne in marcia. I sovietici accerchiarono le truppe tedesco-ungheresi nell'area di Perbál e annientarono quasi completamente il nemico dopo due giorni di drammatici combattimenti finali[4]. Al termine del tentativo di sortita, solo 785 soldati tedeschi riuscirono a sfuggire e raggiungere le linee del Gruppo d'armate Sud, mentre le perdite tra le truppe tedesco-ungheresi furono elevatissime: furono uccisi praticamente tutti i quadri di comando delle due divisioni Waffen-SS, tra cui i comandanti della "Florian Geyer" e della "Maria Theresa", generali Rumohr e Zehender. Il generale Pfeffer-Wildenbruch, che aveva comandanto per 49 giorni la difesa della capitale ungherese, venne catturato, ferito, dai soldati sovietici a ovest di Buda[76].

Mentre erano ancora in corso i combattimenti per distruggere le truppe tedesco-ungheresi in fuga a nord della città, fin dalle ore 10.00 del 13 febbraio 1945 era definitivamente cessata ogni resistenza nell'area urbana di Budapest e l'Armata Rossa poté dichiarare ufficialmente di aver completato con pieno successo le difficili operazioni per la conquista della capitale ungherese. I sovietici affermarono di aver catturato nell'ultima fase della battaglia 30.000 soldati nemici, mentre rivendicarono per l'intero periodo della battaglia, dal 27 ottobre 1944 al 13 febbraio 1945, l'uccisione di 50.000 soldati e la cattura di 138.000 prigionieri[4].

La città di Budapest subì notevoli danni materiali a causa dell'accanita battaglia dentro l'area abitata, e anche alcuni edifici storici furono pesantemente danneggiati. La popolazione civile, rimasta dentro la capitale, venne coinvolta nei violenti combattimenti e dovette sopportare grandi sofferenze; si verificarono saccheggi e violenze sia provocate dalle truppe sovietiche al termine della battaglia, sia da alcuni reparti sbandati ungheresi, completamente disgregati e privi di controllo da parte degli alti comandi[77].

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Bilancio

Riepilogo
Prospettiva
Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Frühlingserwachen e Offensiva di Vienna.
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Soldati sovietici al centro di Budapest dopo la fine dei combattimenti.

La battaglia di Budapest è stata una delle più importanti battaglie a distanza ravvicinata in aree urbane della seconda guerra mondiale e una delle più grandi operazioni militari svoltesi nel settore meridionale del fronte orientale. È stata considerata dagli storici la più violenta, accanita e cruenta serie di combattimenti verificatasi durante la guerra sul fronte orientale dopo la battaglia di Stalingrado[78]. Alcune fonti scrivono di una "seconda Stalingrado"[79]; altri arrivano fino a considerarla ancor più aspra e brutale della battaglia nella città sul Volga del 1942 e parlano di scontri di grande intensità, di estrema combattività delle truppe delle due parti e di totale devastazione della capitale ungherese[80].

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Il memoriale a Budapest dedicato al ricordo dei soldati sovietici caduti nella battaglia.

Nonostante l'aspra resistenza delle truppe tedesche, l'Armata Rossa riuscì alla fine a completare la sua missione e occupare la capitale ungherese; a causa del continuo rafforzamento dello schieramento della Wehrmacht, i sovietici dovettero rallentare l'avanzata in Ungheria, ma rivendicarono al termine dei combattimenti la completa distruzione di otto divisioni tedesche e la sconfitta di altre 40 formazioni nemiche[81]. Inoltre il trasferimento di numerose divisioni tedesche nel settore ungherese, tra cui almeno sedici divisioni meccanizzate schierate a sud dei Carpazi, indebolì in modo decisivo le forze della Wehrmacht sul molto più importante settore centrale, favorendo il cedimento della linea della Vistola e l'avanzata sovietica fino all'Oder, in direzione di Berlino.

Adolf Hitler, tuttavia, nonostante i ripetuti fallimenti dei contrattacchi delle Panzer-Division in Ungheria, la caduta finale di Budapest e la situazione sempre più critica sul fronte dell'Oder, alle porte di Berlino, continuò a ritenere di straordinaria importanza la difesa del residuo territorio ungherese. Egli quindi a gennaio 1945 decise, suscitando la contrarietà del generale Heinz Guderian e di altri alti ufficiali tedeschi, di inviare in Ungheria l'intera 6. Panzerarmee-SS che sarebbe stata ritirata dal fronte dell'Ardenne e trasferita per sferrare un'ultima offensiva con l'obiettivo irrealistico di distruggere la armate sovietiche in Ungheria e riconquistare Budapest. Nelle prime due settimane di marzo 1945 la controffensiva tedesca del Balaton sarebbe terminata con un grave fallimento, a cui sarebbe seguita rapidamente l'offensiva finale dell'Armata Rossa nel settore meridionale del Fronte orientale che avrebbe portato i soldati sovietici in Austria e a Vienna[82].

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